La segnalazione che l’impiego di statine sia associata a episodi di perdita della memoria non trova riscontro in uno studio retrospettivo condotto presso l’Università della Pennsylvania che, per fare chiarezza, ha utilizzato le cartelle cliniche in cure primarie raccolte in oltre 25 anni dal registro elettronico britannico Health Improvement Network. Sono stati messi a confronto 482.543 soggetti in trattamento con questa classe di farmaci, 482.543 soggetti di controllo e 26.484 in trattamento con altri ipolipemizzanti.
Uno studio di coorte statunitense su 886.996 gravidanze a termine mostra che l’impiego di statine in gravidanza non comporta un rischio significativo di malformazioni congenite. L’ampio campione di donne proveniva dai registri dell’assicurazione sanitaria Medicaid e copriva gli anni 2000-2008 durante il quale un’esigua minoranza di gravide in termini relativi (0,13%) ma consistente in numero assoluto (n=1.152) aveva usato le statine nel primo semestre.
Nella pratica clinica con l’impiego di statine si registra una frequenza di miopatia del 10-25%, ma una revisione sistematica statunitense, basata sui risultati di 42 studi clinici controllati con placebo pubblicati dal 1990 al 2012, che hanno arruolato decine di migliaia di pazienti, mostra un quadro differente. La frequenza di miopatia si attesta infatti intorno al 12,5-13% secondo i criteri diagnostici usati nei gruppi di trattamento, ma non è significativamente diversa da quella osservata nei gruppi di controllo (età media di entrambi: 60 anni).
Nei pazienti anziani il trattamento con statine può associarsi a un piccolo ma significativo aumento del rischio di herpes zoster.
Le statine sono sempre più usate nella terza età e hanno proprietà immunomodulanti che potrebbero favorire la riattivazione di infezioni latenti come quella da virus varicella-zoster. Hanno indagato questa possibile associazione alcuni clinici canadesi che hanno valutato in uno studio retrospettivo di popolazione i residenti ultrasessantaseienni residenti in Ontario dal primo aprile 1997 al 31 marzo 2010.
Una revisione statunitense a cui hanno lavorato i ricercatori della Stanford University School of Medicine e dei Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta ha verificato le segnalazioni ricorrenti sull’associazione tra l’uso di alcune delle più comuni classi di medicinali e l’insorgenza di diverse forme di cancro. Tra questi erano compresi ipoglicemizzanti orali, insulina, statine, antipertensivi, diuretici, antagonisti dei recettori dell'angiotensina II, TNF, bifosfonati.
Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di San Antonio, in Texas, individua un'associazione tra l’impiego di statine e l’insorgenza di cataratta. Nell’archivio di un programma assicurativo militare statunitense erano disponibili, relativamente al periodo ottobre 2003-marzo 2010, i dati di 46.249, pazienti (età 30-85 anni, 54% maschi), dei quali 13.626 avevano assunto una statina per almeno 90 giorni e 32.623 non l’avevano mai assunta.
Un ampio studio retrospettivo statunitense conferma la possibilità di eventi avversi a carico del tessuto muscolare nei pazienti in terapia con statine, specie se praticano attività fisica. L’indagine ha utilizzato i dati di 46.249 iscritti al programma assicurativo per il personale dell’esercito Tricare Prime/Plus (età 30-85 anni) che si sono sottoposti ad accertamenti clinici tra ottobre 2003 e marzo 2010.
Il Dipartimento di statistica medica dell’Università di Oxford ha validato, su un ampio campione di pazienti, QStatin®, uno dei software progettati dall’Università stessa che utilizzano il database QRESEARCH (12 milioni di record sanitari anonimi pervenuti da 557 ambulatori di medicina generale distribuiti su tutto il territorio britannico) per calcolare una serie di rischi clinici.
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