La somministrazione di ormone della crescita ricombinante per il trattamento di bambini o adolescenti con deficit dell’ormone della crescita, piccoli per età gestazionale o con bassa statura idiopatica determina un aumento del rischio di eventi cardiovascolari in età adulta, soprattutto nelle donne.
Lo suggerisce uno studio di coorte su base nazionale svolto in Svezia, che ha raccolto i dati di 53.444 pazienti trattati tra gli 0 e i 18 anni con ormone della crescita ricombinante e seguiti per un follow-up mediano di 15 anni.
L’assunzione prolungata di inibitori di pompa protonica sarebbe associata a un eccesso, pur piccolo, di mortalità conseguente a patologie cardiovascolari, insufficienza renale cronica e tumori di esofago e stomaco.
La notizia viene da uno studio longitudinale di coorte statunitense, che fa seguito alle segnalazioni presenti in letteratura sugli eventi avversi collegati agli inibitori di pompa protonica.
I ricercatori hanno analizzato 214.467 anziani trattati ex novo con un farmaco antiulcera: 157.625 con un inibitore di pompa protonica e 56.842 con un anti H2.
Il fatto che l’uso di sulfoniluree comporti un aumento del rischio vascolare, finora ipotizzato sulla base di dati non sufficientemente solidi, viene confermato da una revisione statunitense che ha incluso i 33 studi clinici e osservazionali pubblicati fino a dicembre 2011. Tali studi hanno coinvolto complessivamente 1.325.446 pazienti seguiti per 0,46-10,4 anni e hanno confrontato una sulfonilurea a un altro farmaco ipoglicemizzante orale.
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