L’utilizzo di inibitori di pompa protonica prima dei 18 anni d’età aumenta il rischio di fratture.
Lo segnala uno studio di coorte svedese condotto dal 2006 al 2016, che ha analizzato i dati di 115.933 bambini.
In base ai risultati, l’assunzione di inibitori di pompa aumenterebbe di poco, ma significativamente, il rischio di fratture: durante una media di 2,2 anni di follow-up si sono verificate 5.354 fratture nei bambini esposti e 4.568 in quelli non esposti (hazard ratio 1,11, limiti di confidenza al 95% da 1,06 a 1,15).
Nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare trattati con un anticoagulante per ridurre il rischio trombotico il warfarin sembra associarsi a un aumento del rischio di fratture rispetto agli anticoagulanti orali diretti.
L’uso prolungato di steroidi per via inalatoria nei pazienti con BPCO aumenta il rischio di fratture solo quando coesistono alcune condizioni, relative alla durata del trattamento e alla dose di farmaco impiegata.
Lo sostiene uno studio caso-controllo canadese che ha utilizzato i report del database sanitario del Quebec identificando tutti i pazienti con BPCO dal 1990 al 2005 e seguendoli per individuare quelli con la comparsa di una frattura dell’anca o degli arti superiori. Ogni caso di frattura era confrontato con 20 casi di controllo.
Secondo una revisione sistematica condotta dai ricercatori dell’Università di Gerusalemme, l’impiego degli ipnoducenti alternativi alle benzodiazepine meglio noti come farmaci-Z (zolpidem, zopiclone, eszopiclone e zaleplon) si associa a un aumento del rischio di fratture.
La selezione della letteratura ha permesso di identificare 14 studi osservazionali che avevano indagato la relazione tra questo gruppo di farmaci e il rischio di fratture, cadute e traumi accidentali.
Per quanto di breve durata, un trattamento con steroidi sistemici non è scevro da rischi. Lo stabilisce uno studio retrospettivo di coorte condotto dai gastroenterologi dell’Università del Michigan su un ampio campione di assistiti dalle assicurazioni private rappresentativo della realtà statunitense: 1.548.945 adulti di 18-64 anni, 327.452 (21,1%) dei quali trattati con questa classe di farmaci per via orale per meno di un mese.
Un’indagine condotta utilizzando gli archivi sanitari elettronici della provincia dell’Ontario evidenzia un aumento del rischio di cadute e fratture con l’impiego di antipsicotici atipici. I 97.777 soggetti (età media 81 anni, 64,6% femmine, 23,9% ricoverati in residenze sanitarie assistenziali, 10,7% con storia di precedente caduta) che avevano ricevuto una prescrizione di quetiapina, risperidone od olanzapina per bocca nel periodo giugno 2001-dicembre 2011 sono stati appaiati con altrettanti soggetti di controllo e seguiti per 90 giorni.
Uno studio statunitense condotto su un ampio campione rappresentativo della popolazione generale anziana ha quantificato il rischio di cadute e delle loro dirette conseguenze (fratture e trauma cranici) in corso di trattamento con farmaci antipertensivi.
L’analisi ha compreso 4.961 ultrasettantenni (età media 80,2 anni) ipertesi con comorbilità che vivevano in comunità e partecipanti alla Medicare Current Beneficiary Survey.
Uno studio di coorte che ha coinvolto la popolazione danese (circa 5,3 milioni di abitanti) ha analizzato la relazione tra clopidogrel e fratture ossee. Il razionale di un possibile effetto negativo risiede nel fatto che l’inibizione del recettore piastrinico dell'ADP denominato P2Y12 da parte del farmaco interferisce sul metabolismo del tessuto osseo con meccanismi in parte ancora da chiarire.
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