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Sicurezza della teriflunomide a lungo termine nei pazienti con sclerosi multipla

Uno ampio studio di sicurezza post-autorizzazione (PASS) ha rilevato che la teriflunomide, una terapia immunomodulante autorizzata per la sclerosi multipla recidivante, è sicura per l’uso a lungo termine.
Lo studio, che ha visto coinvolti 81.620 pazienti, provenienti da Danimarca, Francia e Belgio, 22.324 (27%) dei quali trattati con teriflunomide, ha indagato i rischi dell’uso a lungo termine confrontando l’incidenza di eventi avversi di speciale interesse (AESI) nei pazienti esposti al farmaco rispetto a quelli sottoposti ad altre terapie modificanti la malattia.
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Sospensione della terapia con benzodiazepine: quali rischi?

Nei pazienti in trattamento a lungo termine con benzodiazepine, la sospensione della terapia sembra associarsi a un aumento del rischio di mortalità e altri effetti avversi tra i quali sovradosaggio non fatale, tentativo di suicidio, ideazione suicidaria e visite al pronto soccorso rispetto alla prosecuzione del trattamento.
A suggerirlo è uno studio condotto su 353.576 pazienti in terapia con benzodiazepine a lungo termine, tra il 2013 e il 2017, che ha valutato le conseguenze della loro interruzione.
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Antiepilettici rischiosi nei pazienti con scompenso cardiaco?

Nei pazienti anziani affetti da epilessia e scompenso cardiaco, la scelta del farmaco antiepilettico non è indifferente: la somministrazione del valproato si associa infatti a un aumento del rischio di morte rispetto al trattamento con altri farmaci come la lamotrigina e il levetiracetam.
È quanto emerge da uno studio di coorte danese, condotto utilizzando i dati dei registri nazionali relativi a 1.345 soggetti ultrasessantacinquenni con scompenso cardiaco ed epilessia, con una prima prescrizione di farmaci antiepilettici durante il periodo di studio, tra il 1996 e il 2018.
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Sulfaniluree come terapia aggiuntiva alla metformina

Nei pazienti con diabete di tipo 2 la somministrazione di una sulfanilurea come terapia aggiuntiva alla metformina si associa a un aumento del rischio di morte per tutte le cause e di episodi ipoglicemici maggiori rispetto all’aggiunta di altri ipoglicemizzanti orali più recenti.
Lo suggerisce uno studio retrospettivo di coorte che ha analizzato 32.576 adulti con diabete di tipo 2 in terapia con metformina a cui è stata prescritta per mancato controllo della malattia di base una sulfanilurea oppure un altro agente ipoglicemizzante orale (acarbosio, inibitori della dipeptidil-pep
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Inibitori di pompa protonica e mortalità

L’assunzione prolungata di inibitori di pompa protonica sarebbe associata a un eccesso, pur piccolo, di mortalità conseguente a patologie cardiovascolari, insufficienza renale cronica e tumori di esofago e stomaco.

La notizia viene da uno studio longitudinale di coorte statunitense, che fa seguito alle segnalazioni presenti in letteratura sugli eventi avversi collegati agli inibitori di pompa protonica.

I ricercatori hanno analizzato 214.467 anziani trattati ex novo con un farmaco antiulcera: 157.625 con un inibitore di pompa protonica e 56.842 con un anti H2.

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Somministrazione intravitreale senza rischi cardiovascolari

Uno studio di coorte coordinato dalla Mayo Clinic di Rochester ha rilevato che la terapia intravitreale con farmaci inibitori del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (anti-VEGF, ranibizumab e bevacizumab) non aumenta il rischio di ictus, infarto del miocardio o morte nei pazienti con maculopatia essudativa senile rispetto ai gruppi di controllo con e senza degenerazione maculare.

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Antipsicotici e rischio di morte

Una revisione sistematica suggerisce che l’assunzione di antipsicotici di seconda generazione non aumenti significativamente il rischio di morte, se non in alcuni sottogruppi di pazienti. Le conclusioni si basano sui risultati di 352 studi randomizzati e controllati con placebo (84.988 pazienti coinvolti) pubblicati fino a gennaio 2017. La maggior parte degli studi (85%) aveva un follow up mediano di 13 settimane.

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La sicurezza cardiologica degli analoghi del GLP-1

Gli analoghi del GLP-1 (glucagon-like peptide-1) a differenza di altri antidiabetici non avrebbero un effetto negativo sul cuore, tendendo anzi a proteggerlo. Lo suggerisce una revisione sistematica, coordinata dai diabetologi dell’Università di Oxford, cui ha partecipato per l’Italia il Centro studi dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) di Firenze, peraltro finanziata – è doveroso segnalarlo per i conflitti d’interesse – da un’azienda produttrice.

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Eccesso di mortalità esposizione-dipendente con gli inibitori di pompa?

Uno studio di coorte statunitense segnala un eccesso di mortalità globale associato all’impiego di inibitori della pompa protonica. Per giungere a segnalare questo evento avverso, senza peraltro essere in grado di fornirne una spiegazione dato il disegno dello studio, sono stati utilizzati i dati amministrativi dello US Department of Veterans Affairs, il dicastero che si occupa degli ex-combattenti delle forze armate, e sono stati seguiti più di 6 milioni di soggetti per un periodo mediano di quasi 6 anni a partire dal 2013.

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