La distribuzione di massa di azitromicina (impiegata tra l’altro in maniera inappropriata in molti pazienti con COVID-19) aumenta il rischio di antibioticoresistenza.
Lo segnalano i risultati dello studio MORDOR, che ha analizzato le conseguenze della distribuzione di azitromicina ogni 6 mesi per 4 anni a bambini tra 1 e 59 mesi d’età in 30 villaggi dell’Africa Sub Sahariana.
I bambini sono stati randomizzati ad azitromicina o a placebo e alla partenza, a 36 e a 48 mesi sono stati realizzati tamponi rettali.
La somministrazione di azitromicina non aumenta il rischio di eventi cardiaci rispetto all’amoxicillina, tranne quando l’azitromicina è assunta in contemporanea ad altri farmaci che prolungano il QT.
Lo indica uno studio retrospettivo di coorte statunitense che ha analizzato i dati di 2.141.285 episodi di utilizzo di azitromicina, confrontandoli con episodi appaiati di uso di amoxicillina.
Non sono state rilevate differenze tra i due farmaci nell’incidenza di eventi cardiaci a 5, 10 e 30 giorni dall’inizio della terapia (odds ratio 1,08, 1,05 e 0,98 rispettivamente).
Sono tre gli studi clinici randomizzati che sono stati autorizzati per il trattamento della malattia COVID-19.
La scheda AIFA relativa all’utilizzo di azitromicina per la terapia dei pazienti affetti da COVID-19 è stata aggiornata con una revisione critica delle ultime evidenze di letteratura e riporta in modo chiaro le prove di efficacia e sicurezza disponibili al momento.
L’utilizzo di idrossiclorochina nei pazienti con COVID-19 può provocare un aumento del rischio di prolungamento dell’intervallo QTc, rischio che aumenta se il paziente è contemporaneamente trattato con azitromicina.
È la conclusione di due studi retrospettivi (uno francese e uno statunitense) che hanno analizzato la sicurezza del trattamento con idrossiclorochina e azitromicina nei pazienti ospedalizzati con COVID-19.
Azitromicina: perché alcune fonti indicano il farmaco utile nella cura per Covid-19? Per quali pazienti è raccomandabile?
A queste e ad altre domande risponde una scheda elaborata dalla Commissione Tecnico Scientifica di AIFA sull’antibiotico della famiglia dei macrolidi.
La scheda contiene le prove di efficacia e sicurezza disponibili al momento.
Il documento è disponibile nella sezione "Farmaci utilizzabili per il trattamento della malattia COVID19".
L’assunzione di macrolidi in gravidanza aumenta il rischio di malformazioni fetali.
Il dato proviene da uno studio di coorte che ha confrontato i dati di 8.632 bambini nati da donne a cui era stato prescritto durante la gravidanza un macrolide (eritromicina, claritromicina o azitromicina) con quelli di 95.973 bambini le cui madri avevano assunto una penicillina.
Il follow-up mediano è stato di 5,8 anni.
Quello che si sa a oggi sulla sicurezza dei macrolidi deriva soprattutto da studi osservazionali, il cui difetto è di non distinguere se quanto osservato sia legato alla malattia o al farmaco usato. Per questo è stata condotta dalla Cochrane una revisione che ha considerato solo i trial controllati e randomizzati di confronto tra un macrolide (azitromicina, claritromicina, eritromicina o roxitromicina, somministrati per qualsiasi via) e il placebo. Sono stati selezionati 183 studi e 252.886 pazienti.
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