Lo stato confusionale di Camilla
Camilla è una donna diabetica e ipertesa di 76 anni con fibrillazione atriale permanente in trattamento cronico con tiroxina, ramipril, furosemide, glimepiride, bisoprololo, warfarin e pantoprazolo. Negli ultimi 2 anni la donna, a causa di una recidiva locoregionale di un cordoma sacrale, è stata sottoposta a un trattamento con due diversi inibitori della tirosin chinasi (dietro prescrizione da parte di un Istituto oncologico IRCCS): imatinib nel 2010 per alcuni mesi (sospeso a causa di un episodio di scompenso cardiaco) e lapatinib da gennaio ad aprile 2012. L’anamnesi di Camilla riporta un’epatopatia cronica cirrotica (descritta su lettera di dimissione chirurgica del 2003 per intervento di ulcera peptica perforata, con citata segnalazione ispettiva al tavolo operatorio).
Ad aprile 2012 Camilla sviluppa senza motivo apparente uno stato confusionale e a maggio viene ricoverata in Ospedale. Mentre la TC della testa non riporta alterazioni focali significative, l’EEG rileva una sofferenza encefalica diffusa compatibile con un’encefalopatia metabolica in assenza di cambiamenti recenti della terapia farmacologica cronica abituale, infezioni o altro evento clinico significativo come possibile causa favorente lo stato neurologico alterato.
Durante il periodo di ospedalizzazione la donna viene sottoposta a diversi esami diagnostici che rilevano: iperammoniemia (113 micromol/l, con valori normali da 29 a 60), marcatori sierologici HBV-HCV assenti, normalità di proteinemia totale, albuminemia, Na, K, Ca, ALT, AST, fosfatasi alcalina, gammaGT, piastrine, TSH, creatininemia e dei marcatori oncologici CEA, alfafetoproteina e CA 19-9. L’ecografia addominale infine rileva una iperecogenicità epatica, come da “pregressa epatopatia cronica” senza lesioni focali, né versamento libero, né altre alterazioni addominali. Con terapia a base di lattulosio orale 80 ml al giorno Camilla migliora progressivamente e a fine maggio viene dimessa con normalizzazione dell’ammoniemia e del tracciato EEG.
La concomitanza dell’epatopatia
Gli inibitori della tirosin chinasi sono una numerosa classe di farmaci efficaci nella terapia orale di svariate patologie neoplastiche, ematologiche e solide, usati con sempre maggior frequenza per la loro azione antiproliferativa. Questi farmaci, pur vantando una notevole efficacia, spesso si associano a eventi avversi che possono ridurre la compliance alla terapia.
I maggiori eventi avversi attribuibili a questa classe di farmaci sono riconducibili a tossicità gastrointestinale, cardiovascolare, ematologica e cutanea. Altri eventi avversi associati al trattamento con gli inibitori della tirosin chinasi comprendono ipotiroidismo, epatotossicità, affaticamento e osteonecrosi della mandibola.1
In riferimento al caso di Camilla, la “confusione” è presente tra gli effetti indesiderati dell’imatinib, mentre per il lapatinib non è riportata e per entrambi non è descritta l’iperammoniemia come reazione avversa.2,3,4
Imatinib e lapatinib, i due farmaci assunti dalla paziente, vengono eliminati per via epatica, soprattutto attraverso il sistema CYP3A4 e sono controindicati nell’insufficienza epatica per il rischio di grave epatotossicità.2,4 E’ verosimile che nel caso di Camilla, in un “terreno” di epatopatia cronica, peraltro non evidente biochimicamente né clinicamente al momento del ricovero, senza altri eventi clinici correlati a complicanze di epatopatia cronica precedenti lo stato confusionale, l’uso di lapatinib abbia favorito, nel corso di alcuni mesi, il precipitare di un’encefalopatia metabolica di origine epatica con marcata iperammoniemia.
Il difetto di rimozione di ammonio potrebbe essere avvenuto per blocco enzimatico a vari livelli del ciclo epatico dell’urea (soprattutto carbamilfosfatosintetasi, ornitiltranscarbamilasi e arginasi) che rappresenta la principale via di eliminazione dell’ammonio prodotto dai tessuti e dal tratto gastrointestinale a opera dei batteri e/o per blocco enzimatico a livello epatico, cerebrale e renale del ciclo dell’acido glutammico e glutamina (glutamina sintetasi e glutammato deidrogenasi).
Tutti gli inibitori della tirosin chinasi non dovrebbero essere usati nei pazienti con insufficienza epatica manifesta o latente a causa della potenziale e grave epatotossicità. Inoltre, è noto come alcuni farmaci possano dare potenziali interazioni con gli inibitori della tirosin chinasi, sia a causa di induzione o inibizionemetabolica sia a causa di altrimeccanismi non ben noti. In particolare il warfarin, con cui Camilla è in terapia cronica, potrebbe aver aumentato la biodisponibilità degli inibitori della tirosin chinasi.1
Alla luce di quanto esposto occorre sottolineare ancora una volta l’importanza di un’attenta anamnesi anche farmacologica e l’attenzione alla comorbilità nella guida alla prescrizione razionale di sostanze efficaci ma gravate da importanti effetti avversi.
- Focus farmacovigilanza 2011;63:3-4. CDI NS
- British National Formulary 62, September 2011.
- Goodman & Gilman’s The Pharmacological Basis of Therapeutics, 12th Edition, 2011.
- Thomson Reuters Micromedex 1.0 e 2.0.
Daniele Busetto
UOC Medicina Interna, Azienda ULSS 6 Vicenza, Ospedale S. Bortolo