Rischio di pancreatite acuta concomitante all’assunzione di tetracicline

Dopo una serie di segnalazioni, alcune anche piuttosto datate ma in genere riferite come casi sporadici, sull’associazione tra impiego di tetracicline e rischio di pancreatite acuta, uno studio caso-controllo su scala nazionale sembra confermare questo effetto avverso. I ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma e del King's College di Londra si sono concentrati sulle persone di 40-84 anni trattate con questa classe di antibiotici nel triennio 2006-2008, identificando dallo Swedish Patient Register 6.161 casi di pancreatite acuta senza precedenti. A questi sono stati appaiati per caratteristiche anagrafiche e demografiche e secondo un rapporto 1:10, 61.637 soggetti di controllo selezionati con criterio randomizzato dal Register of the Total Population. L’impiego di tetracicline è stato definito come “in atto” (ultimo mese), “recente” (da 2 a 6 mesi prima), “pregresso” (da 6 mesi a un anno prima), “remoto” (da un anno a 3 anni e mezzo prima). L’uso di tetracicline “in atto” o passato (riunendo in questa definizione i 3 sottogruppi con storia di precedente assunzione) era più frequente nel gruppo con pancreatite acuta (1,3% e 12,9%, rispettivamente) che in quello di controllo (0,6% e 9,8%, rispettivamente). Tenendo conto dell’influenza di altri farmaci assunti, solo nel sottogruppo che faceva uso corrente di tetracicline si è osservato un aumento significativo del rischio dipancreatite (odds ratio 1,6, limiti di confidenza al 95% da 1,2 a 2,1). L’associazione si manteneva  eliminando nell’analisi statistica i fattori di confondimento dovuti alle modalità di selezione del gruppo di controllo (odds ratio 2,3, limiti di confidenza al 95% da 1,8 a 3), le comorbilità e le caratteristiche socio-economiche dei soggetti  (odds ratio 2, limiti di confidenza al 95% da 1,5 a 2,5).

Dal momento che l’uso di tetracicline, peraltro piuttosto frequente nella pratica clinica, può comportare un aumento  del rischio di pancreatite acuta, è importante che i medici siano a conoscenza di questo potenziale effetto avverso