Calcioantagonisti e cancro della mammella
Delle molte classi di antipertensivi, solo i calcioantagonisti sembrano associarsi in caso di uso prolungato a un aumento del rischio di cancro della mammella nelle donne in post menopausa.
Il frequente uso di farmaci per regolare la pressione e l’alta incidenza del tumore della mammella hanno spinto, anche sulla base di sporadiche e poco attendibili segnalazioni, alcuni ricercatori statunitensi a condurre uno studio retrospettivo di popolazione caso-controllo per vedere se ci fosse o meno una relazione tra antipertensivi e questa forma di tumore.1
Sono state studiate nell’area di Seattle donne tra i 55 e i 74 anni di età con un cancro della mammella duttale invasivo (880 casi), con un cancro della mammella lobulare invasivo (1.027 casi) e 856 donne di controllo senza tumore. E’ stato indagato l’uso e la relativa durata dei farmaci antipertensivi delle varie classi nel passato.
E’ emerso che l’uso corrente per dieci anni o più anni di un calcioantagonista si associava a un incremento del rischio sia di carcinoma duttale (odds ratio 2,4, limiti di confidenza al 95% da 1,2 a 4,9, p=0,04) sia di carcinoma lobulare (odds ratio 2,6, limiti di confidenza al 95% da 1,3 a 5,3, p=0,01). Non c’erano comunque diversità rispetto al tipo di calcioantagonista impiegato, per cui si tratterebbe di un effetto di classe.
Le altre molecole antipertensive studiate (diuretici, betabloccanti, inibitori dell’angiotensina II) non si associavano invece a un analogo aumento del rischio.
Non è ancora chiaro quale possa essere il nesso biologico tra calcioantagonisti e tumore della mammella, viene per ora avanzata un’ipotesi, che richiede però conferme, secondo la quale questi farmaci inibirebbero l’apoptosi attraverso l’aumento dei livelli di calcio intracellulare.
In un editoriale di commento2 si invita da una parte a non prendere questi dati come un’associazione causale e quindi per il momento a non modificare il proprio atteggiamento clinico rispetto all’uso dei calcioantagonisti nelle pratica, dall’altro però induce a cautela e alla necessità di ulteriori studi perché, visto l’alto impiego di questi farmaci e la diffusione della patologia, anche un piccolo aumento del rischio sarebbe rilevante e nel caso prevenibile.
- JAMA Intern Med 2013;DOI:10.1001/jamainternmed.2013.9071. CDI #fff#
- JAMA Intern Med 2013;DOI:10.1001/jamainternmed.2013.9069. CDI #fff#