Contraccettivi e rischio tromboembolico: pesano molte variabili
Una metanalisi frutto della collaborazione dei ricercatori della Università di Chieti e dell’Università La Sapienza di Roma conferma che l’uso dei contraccettivi orali aumento il rischio di tromboembolia venosa, e che la forza di questa associazione varia secondo la generazione dei contraccettivi orali (minore per quelli di seconda generazione, maggiore per quelli di terza generazione).
La selezione degli studi di coorte (n=16) o caso-controllo (n=39) che avevano valutato questo evento avverso è stata estesa fino al maggio 2010. L’ultima metanalisi sull’argomento era stata effettuata nel 1995, quando alcuni dei prodotti più recenti non erano in commercio o non erano disponibili informazioni adeguate. Dall’analisi di 9 studi di coorte (12.000.000 anni-persona) e 23 studi caso-controllo (45.000 donne) è emerso un aumento significativo del rischio con l’impiego di contraccettivi orali (odds ratio 3,41, limiti di confidenza al 95% da 2,98 a 3,92). Le stime erano significativamente inferiori negli studi che avevano considerato come esito qualsiasi evento tromboembolico (odds ratio 3,09, limiti di confidenza al 95% da 2,67 a 3,58) rispetto a quelli che avevano considerato le forme idiopatiche di tromboembolia (odds ratio 4,94, limiti di confidenza al 95% da 4,23 a 5,78). In particolare, tra le portatrici della mutazione G20210A del gene del fattore II della protrombina e del fattore V di Leiden le utilizzatrici di contraccettivi orali mostravano un rischio di tromboembolia significativamente aumentato rispetto alle non utilizzatrici( rispettivamente odds ratio 1,63, limiti di confidenza al 95% da 1,01 a 2,65 e
odds ratio 1,80, limiti di confidenza al 95% da 1,20 a 2,71). Dal confronto tra contraccettivi contenenti drospirenone e tutti gli altri non emergeva una differenza significativa (odds ratio 1,13, limiti di confidenza al 95% da 0,94a 1,35), fatta eccezione nel confronto col solo levonorgestrel, meno protrombogeno (odds ratio 1,65, limiti di confidenza al 95% da 1,29 a 2,10).
Il rischio tromboembolico dipendeva anche dalla durata del trattamento, essendo maggiore nei primi 12 mesi (assunzione da ≤1 anno rispetto a >1 anno, odd ratio 5,28, limiti di confidenza al 95% da 4,27 a 6,55 rispetto a odds ratio 3,52, limiti di confidenza al 95% da 2,83 a 4,37) e dalla dose di estrogeni, essendo maggiore con le dosi più alte (<50 mg rispetto a ≥50 mg, odds ratio 3,59, limiti di confidenza al 95% da 3,01 a 4,27 rispetto a odds ratio 5,21, limiti di confidenza al 95% da 3,63 a 7,47).
Il fatto di essere fumatrici conferiva una quota di rischio in aggiunta a quella attribuibile alla contraccezione (fumatrici rispetto a non fumatrici, odd sratio 5,4, limiti di confidenza al 95% da 3,21 a 7,93 rispetto a odds ratio 2,00, limiti di confidenza al 95% da 0,74 a 5,37).
La metanalisi conferma che l’assunzione di contraccettivi aumenta fino a 5 volte il rischio di fenomeni tromboembolici, in misura variabile secondo le caratteristiche del farmaco e della paziente. Fornisce quindi indicazioni utili per una prescrizione che minimizzi la probabilità a livello individuale.
Manzoli L, De Vito C, et al. Oral contraceptives and venous thromboembolism: a systematic review and meta-analysis. Drug Safety 2012;35:191-205.
e-mail ricercatore: lmanzoli@post.harvard.edu