Leucoencefalopatia multifocale progressiva: immunosoppressori nel trapianto
Nei soggetti trapiantati occorre risonoscere per tempo i segni della malattia neurologica che sarebbe secondaria all’utilizzo della terapia immunosoppressiva
La leucoencefalopatia multifocale progressiva è unamalattia demielinizzante causata dal virus John Cunningham (JCV). Si stima che questo virus si trovi in fase latente nel distretto urinario dell’80% circa della popolazione mondiale. La fase attiva dell’infezione si manifesta in situazioni di compromissione del sistema immunitario e inizia con sintomi neurologici molto variabili e piuttosto aspecifici (debolezza, astenia, disturbi della visione), aspetto che rende difficile una diagnosi precoce (basata essenzialmente sui risultati della risonanza magnetica cerebrale e di indagini virologiche sul liquido cefalo-rachidiano).
La mortalità a un anno supera il 90% nei soggetti colpiti, mentre nei sopravvissuti rimangono alterazioni funzionali permanenti. Circa l’80% dei casi si osserva in pazienti affetti da AIDS, seguiti dai pazienti con tumori ematologici (13%) e quindi da pazienti sottoposti a trapianto (5%). Proprio in questi ultimi soggetti il ruolo causale delle terapie farmacologiche è particolarmente dibattuto.(1)
Nel mese di luglio 2011 si è svolto a Londra il Transatlantic Workshop EMAFDA: drug-related progressive multifocal leukoencephalopathy nel quale è stato delineato lo stato dell’arte sul ruolo delle terapie farmacologiche nello sviluppo della leucoencefalopatia multifocale progressiva,(2) compreso un capitolo dedicato ai pazienti sottoposti a trapianto d’organo trattati con immunosoppressori.(3)
Una revisione della letteratura disponibile, realizzata nel mese di giugno 2011, permetteva l’identificazione di 59 casi di leucoencefalopatia multifocale progressiva in pazienti che avevano ricevuto trapianti, di cui 24 pazienti sottoposti a trapianto di midollo e 35 sottoposti a trapianto d’organo solido (20 di rene, 8 di fegato, 4 di cuore, 2 di polmone e 1 di intestino).
Nei 24 soggetti sottoposti a trapianto di midollo l’insorgenzamediana di leucoencefalopatiamultifocale progressiva si è registrata dopo 8,5 mesi (range 1-60 mesi) con un tempomediano dalla diagnosi al decesso (avvenuto in 15 soggetti) di 2 mesi (range 1-7 mesi). La leucoencefalopatiamultifocale progressiva si sviluppa sia in soggetti sottoposti a trapianto allogenico (n=13) sia autologo (n=11), e sia per terapie mieloablative (n=16) sia non mieloablative (n=4).
Dal momento che virtualmente tutti i farmaci dotati di attività immunosoppressiva possono causare una leucoencefalopatiamultifocale progressiva, nei soggetti sottoposti a trapianto di midollo l’individuazione di un farmaco al quale attribuire una responsabilità causale specifica è piuttosto difficile: tutti i pazienti hanno infatti tumori ematologici (tra i più frequenti: linfoma non- Hodgkin, linfoma di Hodgkin, linfoma mantellare, leucemia mieloide sia acuta sia cronica) per i quali sono stati esposti a regimi di chemioterapia antiblastica (27 diversi farmaci individuati, tra i più frequenti: vincristina, desametasone, ciclofosfamide, citarabina, etoposide, doxorubicina). A questi trattamenti si andranno ad aggiungere i farmaci usati nei regimi di condizionamento per il trapianto (tra i più frequenti: ciclofosfamide, etoposide, carmustina e melfalan) e di mantenimento post trapianto (tra i più frequenti: ciclosporina, metotrexato, tacrolimus e rituximab).
Nei soggetti sottoposti a trapianto di organo solido il tempo di insorgenza dal trapianto è più lungo: si va dai 10,5 mesi nel trapianto di fegato, ai 29 del rene ai 42 del cuore. Il tempo mediano dalla diagnosi al decesso è comunque inferiore a tre mesi (27 decessi su 35 casi). Tra i farmaci più frequentemente coinvolti ci sono corticosteroidi, azatioprina, micofenolato mofetile, ciclosporina e ciclofosfamide. La terapia nei casi descritti può essere distinta sostanzialmente in due grossi gruppi: antivirale (cidofovir e citarabina, ma anche mirtazapina, risperidone e ziprasidone, usati off label) e di immuno- ricostituzione. Benché non ci siano prove di un beneficio specifico per l’una o per l’altra strategia, l’immuno- ricostituzione (realizzata attraverso la sospensione del trattamento immunosoppressore o la riduzione del dosaggio o con l’uso di interleuchina-2, ma anche con metodi più innovativi che prevedono per esempio l’infusione di linfociti “costruiti” per essere selettivamente attivi contro il virus) applicata in un contesto di diagnosi precoce è damolti riconosciuta come l’approccio più desiderabile. Il problema di questa strategia è che può comportare lo sviluppo della malattia del trapianto verso l’ospite o il rigetto.
In conclusione, i clinici devono controllare attentamente l’insorgenza di eventuali sintomi neurologici nei pazienti trapiantati, in modo da identificare il più precocemente possibile l’eventuale insorgenza di una leucoencefalopatia multifocale progressiva. L’approccio terapeutico scelto può rivelarsi comunque fallimentare. Per questo è urgente lo sviluppo di terapie antivirali efficaci e di strategie di prevenzione valide.
- Ann Neurol 2011;70:305-22. CDI #nff#
- http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/Other/2011/04/WC500... (ultimo accesso, 15/11/2011)
- http://vod.ema.europa.eu/110725/downloads/index.php?file=110725s07.mp4 (ultimo accesso15/11/2011)
Marco Tuccori
Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana
Centro di farmacovigilanza della Regione Toscana