Prevenzione? Si grazie, ma senza effetti collaterali
I pazienti anziani sembrano dare maggiore importanza agli eventi avversi piuttosto che ai benefici di un trattamento farmacologico, rispetto ai medici che lo prescrivono.
Nelle linee guida quasi sempre nella valutazione di un trattamento farmacologico ha un peso maggiore l’efficacia rispetto ai potenziali effetti dannosi e ciò è ampiamente condiviso da parte della classe medica Tuttavia questo giudizio non è in sintonia con quanto pensano i pazienti.
Spesso gli eventi avversi ai farmaci sono infatti considerati inaccettabili da parte dei pazienti, soprattutto per quelli anziani. Lo sostiene un’indagine che è stata condotta per valutare la disponibilità dei soggetti anziani a prendere farmaci per la prevenzione cardiovascolare primaria, che per altro, come noto, è indicata solo in alcuni casi.
Sono stati intervistati 356 soggetti anziani residenti in comunità (età media 76 anni) ai quali è stata chiesto se accettavano o meno di assumere farmaci a scopo preventivo. La domanda posta era semplice: sarebbe disposto ad assumere farmaci per ridurre il rischio di avere un infarto a 5 anni, sapendo che il beneficio atteso di questa terapia è di evitare 6 casi di infarto ogni cento soggetti trattati con questo farmaco (efficacia questa vicina a quella degli attuali farmaci disponibili per la prevenzione cardiovascolare primaria)?
Circa l’88% degli intervistati sarebbe disponibile ad assumere farmaci per la prevenzione cardiovascolare primaria, e di questi l’82% rimane di questa convinzione anche quando il beneficio si dovesse ridurre a soli 3 soggetti in meno con infarto ogni cento trattati. Tra i soggetti che invece erano di partenza restii a prendere farmaci per ridurre il rischio cardiovascolare, solo il 17% cambiava la propria opinione se aumentava l’efficacia da 6 a 10 soggetti salvati da un infarto su cento trattati.
Se però si valutavano anche i possibili effetti avversi, dal 48 al 69% dei soggetti intervistati rispondeva che non avrebbe preso un farmaco per ridurre il rischio di infarto se questo poteva causare effetti avversi lievi o moderati come stanchezza, nausea e confusione mentale. E tra i convinti solo il 3% persisteva nel dire che avrebbe preso il farmaco per la prevenzione anche se questo poteva causare effetti avversi gravi tali da influenzare le normali attività della vita quotidiana.
Appare chiaro da questa indagine che la disponibilità di intraprendere o meno una prevenzione farmacologica negli anziani è guidata più dall’assenza di effetti avversi che dall’efficacia dei farmaci. Un certo numero di studi ha mostrato che i medici, quando prescrivono un farmaco a un soggetto anziano, raramente informano il paziente sui possibili effetti avversi e spesso non ritengono attribuibili al farmaco sintomi aspecifici, quali stanchezza e vertigini, riportati dai pazienti stessi.
Il paziente, specie se anziano, andrebbe informato non solo sull’efficacia ma anche e soprattutto sulla tollerabilità, in modo che la scelta del trattamento sia condivisa, ancor più quando si tratta di un approccio preventivo per ridurre un rischio.
- Qual Health Care 2001;10:i39-i43. CDI NS
- Arch Intern Med 2011;171:923-8. CDI #fff#
Liberata Sportiello
Centro di farmacovigilanza della Regione Campania