Meno errori con le prescrizioni al computer?
L’ausilio tecnologico evita sicuramente molti errori (specie nell’interpretazione delle ricette) ma non riduce il numero di errori che possono portare a eventi avversi da farmaco.
Non è sempre detto che la prescrizione computerizzata dei farmaci in ambulatorio1 riduca il numero di errori ed eventi avversi. Negli ultimi tempi lo sviluppo tecnologico e le esigenze di gestione hanno portato sempre più spesso (e a volte obbligatoriamente, per esempio nella medicina di famiglia) alla compilazione delle ricette al computer, grazie a programmi costruiti ad hoc. In letteratura sono state pubblicate esperienze a sostegno di questa ipotesi,2,3 che viene da molti data per acquisita: l’uso del computer aiuta nel ridurre il rischio di commettere errori (basti pensare alla sbagliata interpretazione di una prescrizione a causa della pessima grafia del medico scrivente).
Un gruppo di clinici statunitensi ha pensato di sottoporre questa convinzione alla prova dei fatti e ha condotto uno studio retrospettivo di coorte che ha analizzato 3.850 prescrizioni fatte al computer in ambulatori di Massachusetts, Florida e Arizona e giunte nelle mani dei farmacisti territoriali.4 Questi ultimi erano stati istruiti, una volta ricevuta la ricetta, a farne una fotocopia e a inviarla via fax ai ricercatori che potevano così valutare se la ricetta in questione conteneva o meno errori.
L’11,7% delle ricette in effetti aveva errori. Percentuale questa non molto distante da quella osservata con la prescrizione manuale. Nel 35% dei casi questi errori avrebbero potuto portare a un evento avverso. Dei potenziali eventi avversi il 58,3% sarebbe stato significativo e il 41,7% serio, nessuno invece sarebbe stato tale da mettere a rischio la vita del paziente.
Gli errori sono stati poi suddivisi in due grandi categorie: errori dovuti alla mancanza di informazione (60,7% dei casi) o errori commessi in prescrizioni che erano complete dal punto di vista delle informazioni (39,3% dei casi). Tra i primi i più frequenti erano la mancanza della durata della terapia, il dosaggio o la frequenza di somministrazione; tra i secondi il fatto che l’informazione non era chiara, era contraddittoria o clinicamente scorretta. Ma il dato più interessante dello studio è che a seconda del software usato per compilare la prescrizione (in totale 12 software diversi) variava la probabilità di commettere un errore, andando dal 5,1% del software meno esposto agli errori al 37,5% di quello più esposto (p Gli autori al termine della loro analisi suggeriscono quali potrebbero essere i margini di miglioramento qualora si decida di usare un software per la prescrizione: far sì che il programma prevenga la mancanza di informazioni, non consentendo di chiudere la prescrizione se mancano dei dati essenziali (e questo avrebbe eliminato il 71,7% degli errori trovati), usare programmi specifici di supporto alla decisione terapeutica, con warning adeguati (e questo avrebbe eliminato il 7,5% degli errori esaminati) e usare calcolatori e convertitori che consentano di evitare gli errori di calcolo (e questo avrebbe eliminato il 5,6% degli errori trovati). In più occorre un’adeguata formazione dei medici all’uso di questi software e le aziende produttrici dovrebbero tenere conto di questi dati e discutere sempre con i clinici le funzioni e gli aggiornamenti indispensabili per ridurre i rischi. Infine, spesso il medico “soffre” l’uso di questi sistemi, specie se troppo rigidi, è quindi indispensabile il suo coinvolgimento e la sua motivazione.
- N Engl J Med 2003;348:1556-64. CDI NS
- J Gen Intern Med 2005;20:837-41. CDI NS
- J Gen Intern Med 2010;25:530-6. CDI #fff#
- J Am Med Inform Assoc 2011;DOI:10.1136/amiajnl-2011-000205. CDI #fff#