Bifosfonati orali e tumore dell’esofago: sì o no?
Il contesto
Gli eventi avversi gastrointestinali sono comuni nei pazienti che assumono bifosfonati orali per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi. In alcuni utilizzatori sono riportati eventi gravi come esofagite erosiva e ulcere dell’esofago. Recentemente alcuni case report hanno suggerito un possibile aumento del rischio di cancro dell’esofago con l’uso di questi farmaci.
Due studi osservazionali, pubblicati a distanza di qualche mese,[1,2] hanno posto l’attenzione sul possibile aumento del rischio di tumori del tratto gastrointestinale in utilizzatori di bisfosfonati per bocca. Entrambi i gruppi di ricerca hanno esaminato la relazione tra le prescrizioni di bifosfonati orali e l’incidenza di cancro dell’esofago e dello stomaco analizzando con metodi diversi la popolazione del database inglese dei medici di medicina generale (General Practice Research Database, GPRD).
Lo studio di Green[1] ha un disegno caso-controllo nested e ha incluso 2.954 uomini con cancro dell’esofago, 2.018 con cancro dello stomaco, 10.641 con cancro del colon-retto e 77.750 controlli. Erano definiti casi i pazienti con diagnosi di cancro invasivo dell’esofago, dello stomaco o del colon-retto. Per ogni caso sono stati selezionati 5 controlli incrociati per età, sesso e tempo di osservazione. Il periodo di osservazione medio è stato di 7,5 anni. L’età media dei casi era 72 anni (43% donne). Circa il 3% della popolazione in studio (casi e controlli) aveva ricevuto almeno una prescrizione di un bifosfonato per bocca. Il rischio di cancro dell’esofago era significativamente più elevato (rischio relativo: 1,93, limiti di confidenza al 95% da 1,37 a 2,70) nei pazienti che avevano ricevuto almeno 10 prescrizioni di bifosfonati per oltre 3 anni.
Nel lavoro di Cardwell,[2] è stata selezionata una coorte di 41.826 pazienti con prescrizioni per bifosfonati orali e confrontata con una coorte di 41.826 pazienti esemplificativi della popolazione generale (9% assumevano bifosfonati); a ogni utilizzatore di bifosfonati è stato associato un controllo, randomizzato per età, sesso e medico di famiglia. L’81% di entrambe le coorti era di sesso femminile e l’età media 70 anni. Il periodo di followupèstatoinmediadi4annie mezzo. Non sono emerse differenze tra le coorti in merito al rischio di cancro dell’esofago (hazard ratio aggiustato 1,07, limiti di confidenza al 95% da 0,77 a 1,49). Un aumento del rischio non è stato osservato nemmeno nei pazienti con un più elevato utilizzo di bifosfonati, né sono state riscontrate differenze in base al sesso del paziente, al tipo di bifosfonato usato (azotato o meno) e alla durata della terapia.
Considerazioni
In entrambi gli studi la diagnosi di cancro non era istologicamente definita, né sono state riportate informazioni sulla modalità di assunzione della terapia. Inoltre si deve considerare che entrambi gli studi hanno analizzato bifosfonati a somministrazione quotidiana e non settimanale come nell’attuale pratica clinica. Le differenze nei risultati dei due studi potrebbero essere imputabili alla diversa durata dei periodi di follow up e alla diversa prevalenza di maschi e femmine nei due studi. Punti di forza dello studio di Green sono la dimensione del campione e un minor numero di dati persi. Inoltre il disegno osservazionale casocontrollo è ritenuto più indicato per studiare condizioni non frequenti come il cancro dell’esofago.
Spesso il lettore si deve confrontare con situazioni di questo tipo, nelle quali studi che trattano la stessa problematica giungono a conclusioni opposte. Innanzitutto è importante conoscere e riconoscere i tipi di studi clinici (studi controllati e randomizzati, studi osservazionali). La forza di una ricerca non dipende solo dal tipo di studio, ma anche e soprattutto dalla modalità di progettazione e conduzione dello stesso e di analisi statistica dei dati. E’ quindi necessaria un’attenta lettura critica del testo scientifico anche con l’eventuale applicazione di strumenti analitici (per esempio STROBE)[3] che permettono una migliore interpretazione di tali studi, attività questa, purtroppo, non proprio facile e alla portata di ogni operatore sanitario.
- Brit Med J 2010;341:bmj.c4444. CDI
- JAMA 2010;304:657-63. CDI
- http://www.strobe-statement.org/
Stefano Calabria, Andrea Dalbeni, Roberta Nuvolari
Medicina Interna C, Azienda Ospedaliera
Universitaria Integrata di Verona