Il potere dell’osservazione
“Tu vedi, ma tu non osservi. La differenza è chiara” Sherlock Holmes lamentandosi con il dottor Watson nello scandalo A in Boemia
Avanti il prossimo. La vecchia signora A entra. Essa ha una forma lieve di demenza, non dorme molto bene e ha uno scompenso di cuore, ma insiste nel vivere a casa sua. Le sue condizioni mediche finora sono state gestite bene, e sua figlia va da lei tutti i giorni per controllare se ha preso tutte le sue medicine. La signora A ora è nel tuo ambulatorio, si lamenta per una tosse secca, di non riuscire a dormire e di avere vertigini quando si alza. I sintomi sono iniziati dopo l’ultimo cambiamento di terapia, da quando un cardiologo le ha sospeso la digossina pensando che potesse favorire, o causare, la sua demenza. Ora la donna prende il candesartan. La tosse potrebbe essere una reazione avversa da farmaco? Probabilmente sì, ma non si può esserne sicuri dal momento che i sartani danno meno spesso tosse rispetto agli ACE inibitori; e il pensiero che la tosse sia dovuta ad altro – senza trascurare l’ipotesi peggiore – ti riempie di ansia. La tua maggiore preoccupazione ora è come aiutare la paziente. Dovresti ridurre la dose del suo betabloccante o cambiare il candesartan? Devi aspettare e vedere che cosa accade dopo la riduzione del betabloccante che hai deciso? Hai il tempo per un altro appuntamento con la signora A?
La decisione è presa, la signora A se ne è andata e ora tu hai dieci minuti per pranzare prima che arrivino altri pazienti. Perché dovresti impiegare il tuo tempo nel segnalare un mero sospetto quando invece puoi farti un pranzo in pace? La risposta è: perché è importante! Soltanto comunicando le nostre osservazioni gli altri possono imparare e la terapia può essere migliorata.
Osservare e comunicare
Un’osservazione sagace può cambiare il mondo, come nel caso del dottor McBride che all’inizio degli anni sessanta in Australia notò un inatteso aumento delle nascite di bambini focomelici. La sua lettera a Lancet, nella quale proponeva che il comun denominatore e la possibile causa delle malformazioni fosse la talidomide che le madri prendevano durante la gravidanza, è stato l’inizio di quella che oggi chiamiamo farmacovigilanza.
A differenza di quanto si potrebbe credere, la farmacovigilanza non è un esercizio burocratico; essa comprende tutte le attività necessarie per scoprire se nella pratica quotidiana emergono reazioni avverse di un farmaco non identificate al momento della sua approvazione per l’uso.
Ma da dove vengono le prove necessarie in tal senso? Gli studi controllati e randomizzati ci danno un buon quadro dell’efficacia di un farmaco (la probabilità che esso raggiunga un esito desiderato) ma solo informazioni molto incomplete sulla sua potenzialità di causare effetti indesiderati. Altri tipi di studi epidemiologici forniscono prove, ma raramente fanno scaturire le prime ipotesi su possibili reazioni avverse. Oggi, 50 anni dopo il disastro della talidomide, dobbiamo basarci ancora sulle capacità osservazionali e sull’abilità diagnostica dei medici per identificare e riportare possibili effetti avversi dei farmaci, che si verificano nella pratica clinica quotidiana. Ma occorre anche fare un uso migliore delle conoscenze dei pazienti riguardo alla loro malattia e delle loro osservazioni su ciò che funziona e ciò che non funziona a loro giudizio.
Il dialogo con i pazienti
Bisogna discutere con i pazienti quali siano le loro aspettative e i loro bisogni e come vedano i benefici e i possibili rischi con i trattamenti alternativi disponibili. Un pianista reumatico può accettare un controllo del dolore meno che ottimale, ma non una riduzione della destrezza, mentre un altro paziente può preferire un controllo assoluto del dolore a spese del mantenimento della mobilità. Molti pazienti sono pronti ad accettare molto di più, in termini di rischio, rispetto ad altri, nella speranza che i benefici che si attendono possano essere ottenuti. Un esempio è la donna anziana che, sentendosi dire da un medico che occorre sospendere il farmaco che sta prendendo per la sua incontinenza urinaria, a causa del rischio di aritmia, gli risponde: “Caro il mio giovane signore, io preferirei morire domattina di un attacco di cuore che vivere un altro anno bagnandomi”.
E’ giunto il tempo per un dialogo reale tra tutti quelli che possono trasformare la farmacovigilanza da un sistema per lo scambio di dati tra agenzie regolatorie e le aziende farmaceutiche in un sistema integrato di cura della salute, con risultati positivi sia per gli operatori sanitari sia per i pazienti.
La voce dei medici
I medici devono far sentire la propria voce e chiedere di avere a disposizione una formazione adeguata, tempo e risorse per migliorare la loro abilità nell’identificare gli effetti avversi dei farmaci – legati alle caratteristiche del farmaco o a effetti correlati al loro uso. Le interazioni tra farmaci, la sospettata resistenza agli antibiotici o la mancanza di efficacia o la comparsa di effetti inattesi dovuti a farmaci che non rispettano gli standard o sono contraffatti sono tutti pericoli per il paziente che devono essere riconosciuti e trattati quanto prima possibile.
Devono essere implementati sistemi che facilitino la segnalazione di reazione avverse (e il loro feedback). Dove sono in uso le cartelle cliniche elettroniche può essere implementata di routine la possibilità di segnalare e sottoporre elettronicamente un report di segnalazione. Il doppio inserimento dei dati (in cartella e nel modulo di segnalazione) non è soltanto una perdita di tempo, è anche una possibile fonte di errore e un insulto ai medici che lavorano duro e che hanno bisogno di dedicare più tempo, e non meno, ai propri pazienti.
Devi chiedere che il sistema di farmacovigilanza regionale e nazionale abbia un meccanismo di feedback, non solo per conoscere la ricezione della tua segnalazione, ma anche per fornirti informazioni di ritorno dalle fonti di conoscenza esistenti, dato per te importante anche per consentirti di prendere le migliori decisioni terapeutiche.
Chiedi che i fornitori dei sistemi di supporto alla prescrizione integrino sorgenti di dati rilevanti e mostrino l’informazione in modo che sia utile per te! Invece di una lista completa di ogni reazione avversa riportata per un farmaco particolare, non sarebbe meglio avere a disposizione una valutazione mirata del rischio basata sulle prove esistenti dal trattamento dei pazienti con malattia e caratteristiche simili a quelle della persona che ti siede di fronte? Questa non è fantascienza – le soluzioni di information technology per sostenere tale funzioni già esistono oggi – ma devono essere disponibili le risorse per l’implementazione di strumenti più sofisticati di supporto alla diagnosi. Ciò richiede non solo soldi, ma anche una volontà politica di investire in sistemi che non sono immediatamente costo-efficaci, ma che hanno la potenzialità di un guadagno a lungo termine sia in termini di riduzione dei costi sia, ancora più importante, per la sicurezza dei pazienti.
Parla agli amministratori e ai decisori politici. Ricorda loro che le reazioni avverse costano molti soldi e causano una notevole morbilità e mortalità [1]. Digli che la via migliore per avere dati di buona qualità e contenere il problema della scarsa segnalazione degli effetti avversi è fornirti le informazioni con le quali tu possa contribuire alla sicurezza del paziente nella tua area, nel tuo paese e nel mondo.
- Council of Europe: Creation of a better medication safety culture in Europe: Building up safe medication practices. Expert Group on Safe Medication Practices (P-SP-PH/SAFE) (2006)
Marie Lindquist
direttore del WHO Uppsala Monitoring Centre, Svezia