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Dubbi su paracetamolo e ipertensione
Secondo le linee guida correnti il paracetamolo è l’analgesico di prima scelta anche grazie alla sua maggior sicurezza cardiovascolare rispetto ai farmaci antinfiammatori non steroidei (vedi articolo a pagina 5 di questo stesso numero).
Sul finire dello scorso anno sono stati espressi dubbi al riguardo,1 in particolare sulla sua interferenza sull’ipertensione. In uno studio randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo era stato somministrato paracetamolo a una dose di 1 g/tre volte al giorno per due settimane (durata difficilmente utilizzata nella pratica clinica) a 33 pazienti (età media 60,5 anni, 28 uomini) coronaropatici e ne è stato valutato l’effetto su una serie di parametri, in particolare sulla funzione vascolare e piastrinica. Il paracetamolo ha indotto un aumento significativo di pressione arteriosa sistolica (da 122,4 ± 11,9 a 125,3 ± 12,0 mm Hg, p=0,02) e di pressione arteriosa diastolica (da 73,2 ± 6,9 a 75,4 ± 7,9 mmHg p=0,02) se confrontato con il placebo. D’altro canto non sono state riscontrate differenze significative sul battito cardiaco, sulla funzione endoteliale e sull’attività piastrinica e delle cellule progenitrici endoteliali.
La maggior parte delle prove inerenti la sicurezza cardiovascolare del paracetamolo derivava finora da studi osservazionali e questa ricerca, secondo gli autori, dimostra per la prima volta che il farmaco usato a dosaggio pieno per due settimane aumenta in modo significativo la pressione arteriosa nei pazienti con patologia coronarica. Si tratta di un segnale che necessita di essere confermato, visto l'ampio uso che si fa del farmaco. Nel frattempo le linee guida attuali sull’utilizzo del paracetamolo sono da considerarsi ancora valide.
Sul finire dello scorso anno sono stati espressi dubbi al riguardo,1 in particolare sulla sua interferenza sull’ipertensione. In uno studio randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo era stato somministrato paracetamolo a una dose di 1 g/tre volte al giorno per due settimane (durata difficilmente utilizzata nella pratica clinica) a 33 pazienti (età media 60,5 anni, 28 uomini) coronaropatici e ne è stato valutato l’effetto su una serie di parametri, in particolare sulla funzione vascolare e piastrinica. Il paracetamolo ha indotto un aumento significativo di pressione arteriosa sistolica (da 122,4 ± 11,9 a 125,3 ± 12,0 mm Hg, p=0,02) e di pressione arteriosa diastolica (da 73,2 ± 6,9 a 75,4 ± 7,9 mmHg p=0,02) se confrontato con il placebo. D’altro canto non sono state riscontrate differenze significative sul battito cardiaco, sulla funzione endoteliale e sull’attività piastrinica e delle cellule progenitrici endoteliali.
La maggior parte delle prove inerenti la sicurezza cardiovascolare del paracetamolo derivava finora da studi osservazionali e questa ricerca, secondo gli autori, dimostra per la prima volta che il farmaco usato a dosaggio pieno per due settimane aumenta in modo significativo la pressione arteriosa nei pazienti con patologia coronarica. Si tratta di un segnale che necessita di essere confermato, visto l'ampio uso che si fa del farmaco. Nel frattempo le linee guida attuali sull’utilizzo del paracetamolo sono da considerarsi ancora valide.
Bibliografia:
- Circulation 2010;122;1789-96. CDI #rrr#