L-carnitina e rischio cardiovascolare
Gli integratori contenenti l-carnitina potrebbero essere associati a un aumentato rischio cardiovascolare, che sarebbe mediato dall’attività della microflora intestinale. Il segnale viene da una ricerca di base pubblicata su Nature Medicine e condotta nell’animale.1
Un gruppo di ricerca statunitense ha studiato nel topo gli effetti della l-carnitina, che aumenterebbe la frequenza di malattie cardiache. Perché la carnitina provochi la malattia occorre però che venga metabolizzata dalla flora batterica intestinale nel composto trimetilamina, che a sua volta è convertito in trimetilamina N-ossido. Tale trasformazione avviene allo stesso modo nell’organismo umano. Tra l’altro i vegetariani e i vegani hanno una ridotta abilità di metabolizzare la l-carnitina rispetto a chi mangia carne rossa (ricca di l-carnitina) e hanno anche una diversa composizione della flora batterica intestinale, suggerendo che l’ingestione di carne rossa favorisca in realtà la crescita di batteri che usano la l-carnitina come fonte energetica e producano quindi più metaboliti che agiscono negativamente sul cuore. I ricercatori statunitensi hanno anche visto che in effetti alti livelli di l-carnitina nel sangue si associavano a malattia cardiovascolare, ma soltanto nei soggetti che avevano anche alti livelli di trimetilamina N-ossido e che quindi avevano una flora intestinale adatta a metabolizzare la l-carnitina.
L’azione patogena della l-carnitina non sarebbe quindi diretta ma richiederebbe la sua metabolizzazione a livello intestinale e solo nei soggetti che hanno batteri a ciò deputati. La scoperta potrebbe anche spiegare perché il consumo di carne rossa sia già considerato uno dei fattori di rischio cardiovascolare: ciò non dipenderebbe dal colesterolo e dai grassi saturi, ma dal destino della l-carnitina.
Poiché la l-carnitina è contenuta in molti supplementi dietetici, i ricercatori predicano cautela nel loro uso, che potrebbe essere sconsigliato, nell’attesa di studi nell’uomo, nei soggetti già cardiopatici o con un alto rischio cardiovascolare.
- Nature Med 2013;DOI:10.1038/nm.3145. CDI #nnn#