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Vitamina B6 e neuropatia periferica
Il paradosso della piridossina, usata in alcune neuropatie e che può in realtà causarne
La vitamina B6, nota anche come piridossina, è altamente idrosolubile e gioca un ruolo importante nel funzionamento di molti enzimi, soprattutto quelli coinvolti nel metabolismo degli aminoacidi. Un adulto normale necessita di 1-2 mg di vitamina B6 al giorno,1 assorbiti con la dieta. Il fabbisogno aumenta nelle donne in gravidanza, nei pazienti malnutriti o che assumono farmaci che causano deplezione di piridossina (per esempio isoniazide, teofillina e penicillamina)[1]. L’uso di alte dosi di vitamina B6 è però associato a neurotossicità[2,3]. Ora l’Australian Adverse Drug Reaction Bullettin pubblica due nuovi casi di neuropatia periferica da vitamina B6, nei quali la dose giornaliera superava il livello massimo di assunzione di 50 mg/die[4], tanto che l’ente regolatorio australiano è in allerta per l’uso eccessivo di prodotti vitaminici e multivitaminici. In pratica bisogna consigliare ai pazienti di non superare mai le dosi massime consigliate e in caso di sintomi come formicolii, sensazione di bruciore e intorpidimento degli arti in un soggetto in terapia occorre subito ipotizzare un’origine iatrogena del disturbo[4].
Sono infine necessari studi randomizzati di buona qualità metodologica per stabilire se le vitamine del gruppo B possano essere efficaci nella terapia delle neuropatie periferiche[5].
Bibliografia:
- Ann Rheum Dis 2006;65:1666-7.
- J Nutr 2006;136:s493-s501.
- N Engl J Med 1983;309:445-8.
- Aust Adv Drug Reactions Bull 2008;27(4), aug 2008.
- Cochrane Library 2008; DOI:10.1002/14651858.CD004573.pub3.