Barbara non desiste, nonostante le avversità
Barbara, 62 anni, una casalinga che per il resto ha sempre goduto di buona salute viene operata per un adenocarcinoma renale avanzato. La stadiazione preoperatoria alla TC ha rilevato metastasi multiple a polmoni e linfonodi mediastinici e addominali intra e retroperitoneali. La donna è sottoposta a una nefrectomia radicale destra accompagnata da una linfoadenectomia addominale. Dopo la dimissione Barbara viene seguita nel reparto di Oncologia medica, dove si decide, in pieno accordo con la paziente, di iniziare una chemioterapia di prima linea con sunitinib per bocca alla dose di 50 mg, 1 capsula al giorno.
Ai controlli successivi emerge agli esami di laboratorio un quadro di ipotiroidismo (TSH 9,17 mUI/l, con valori normali tra 0,40 e 3,70 mUI/l e un valore di partenza del TSH, prima della terapia, di 3,17 mUI/l) e alla visita un’ipertensione arteriosa, entrambi assenti prima della terapia con sunitinib. L’oncologo inizia un trattamento sostitutivo con tiroxina (50 mcg al giorno) per l’ipotiroidismo e uno antipertensivo con un betabloccante (nebivololo, 5 mg al giorno) per controllare la pressione. Decide quindi, di comune accordo con Barbara, di non interrompere la terapia con sunitinib. Intanto viene fatta la prima segnalazione di reazione avversa al Sistema di farmacovigilanza competente e successivamente l’iscrizione nel Registro AIFA dei farmaci oncologici sottoposti a monitoraggio: “ipotiroidismo in paziente in trattamento con sunitinib per carcinoma renale”.
Dopo due mesi, per un controllo oncologico nel quale la donna riferisce la comparsa di dispnea lieve anche a riposo e astenia, viene fatto un ecocardiogramma e una successiva TC che mostrano la presenza di un “versamento pericardico circonferenziale di cospicuo spessore”, senza segni clinici di tamponamento cardiaco. Sulla base di questi esami Barbara viene nuovamente ricoverata e sottoposta a una minitoracotomia con una piccola finestra pleuro-pericardica onde effettuare un drenaggio ed eseguire una biopsia pericardica. Intanto viene sospesa la somministrazione del sunitinib. L’esame del liquido pericardico mostra un essudato, senza cellule neoplastiche e senza la presenza di agenti infettivi, mentre l’esame istologico della biopsia pericardica risulta negativo per adenocarcinoma e mostra invece la presenza di tessuto infiammatorio aspecifico. La paziente viene dimessa dopo una decina di giorni in buon compenso emodinamico, con un ritmo cardiaco regolare, con una terapia che comprende: tiroxina (aumentata a 100 mcg al giorno), nebivololo (5 mg al giorno), furosemide (25 mg, 1 compressa al giorno) e prednisone (25 mg, 1 compressa al giorno).
Un ecocardiogramma di controllo eseguito un mese dopo la dimissione dimostra l’assenza di versamento pericardico, con una funzione sistolica globale conservata. La donna nel frattempo, su sua insistente richiesta, riprende il trattamento con sunitinib anche se a un dosaggio ridotto (37,5 mg al giorno). Il farmaco viene però definitivamente sospeso dopo poco tempo per la comparsa di metastasi cerebrali alla TC testa eseguita per controllo. La donna a tutt’oggi, a distanza di cinque mesi dall’intervento, è in discrete condizioni generali ed è in attesa di eseguire una radioterapia encefalica per le metastasi. Intanto è stata fatta una seconda segnalazione di possibile reazione avversa, questa volta di pericardite essudativa da sunitinib.
Il commento
Il sunitinib, un inibitore per bocca dell’enzima tirosina chinasi, è autorizzato in Italia come prima e seconda linea di trattamento per il carcinoma renale avanzato e/o metastatico e come seconda linea di trattamento per il tumore stromale gastrointestinale[1-3]. Sono inoltre attualmente disponibili diversi trattamenti chemioterapici per via parenterale (interferone alfa, interleuchina 2, temsirolimus)[4,5] orale (sorafenib) o vaccini autologhi modificati[6] per il carcinoma renale avanzato o metastatico. Altri inibitori delle proteine chinasi usati in oncologia ed ematologia sono: dasatinib, erlotinib, imatinib, gefitinib, sorafenib e nilotinib. Gli inibitori della tirosina chinasi hanno numerose reazioni avverse, tra cui espressamente il versamento pleurico, peritoneale e pericardico per l’imatinib[7,8] e l’ipotiroidismo per il sunitinib[7]. Non sono invece descritte al momento, a nostra cononoscenza, segnalazioni in letteratura di versamento pericardico o pericardite da sunitinib. Nel caso di Barbara è da sottolineare anzitutto la possibilità che uno stesso farmaco possa causare più di una reazione avversa, potenzialmente grave, in tempi successivi. Inoltre, è chiara la necessità di eseguire scrupolosamente tutti gli accertamenti clinici e strumentali e mettere in atto le opzioni terapeutiche per migliorare la qualità di vita nei pazienti con neoplasia in fase avanzata. Infine va sottolineata l’importanza di una buona collaborazione tra medico di medicina generale e vari specialisti ospedalieri nel counselling dei pazienti oncologici, che può portare anche a individuare nuove reazioni avverse ai farmaci usati, specie se questi sono di recente introduzione[9].
- N Engl J Med 2007;356:115-24
- Medical Letter edizione italiana 2007; 15 aprile
- Dialogo sui farmaci 2007;4
- Informazioni sui farmaci 2007;5
- Medical Letter edizione italiana 2008; 15 febbraio
- Lancet 2008;372:92-3
- BNF 2008;55:468-9
- Goodman and Gilman, The Pharmacological Basis of Therapeutics, 2006
- BIF 2008;1:26
Daniele Busetto. Medicina generale
Rocco De Vivo, Oncologia medica Ospedale di Vicenza