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Rubrica Fitovigilanza & Integratori
Ginkgo biloba sotto esame
Questa rubrica vuole attirare l’attenzione sul fatto che non sempre naturale significa innocuo. I prodotti di erboristeria, in quanto dotati di attività farmacologica possono infatti essere responsabili di reazioni avverse[1]. Pur in assenza di una normativa al riguardo, che sarebbe più che auspicabile, in Italia da aprile 2002 a marzo 2007 si sono avute 233 segnalazioni di sospette reazioni avverse da prodotti naturali[2]. Nella gran parte sono reazioni avverse gravi che hanno portato nel 35% dei casi a ospedalizzazione, nel 6% hanno messo a rischio la vita del paziente e in due casi sono risultate fatali.
Ginkgo biloba è una pianta molto usata nella malattia di Alzheimer, nell’insufficienza cerebrovascolare e nella claudicatio intermittens[3]. Deve far riflettere il fatto che la diffusione del suo uso nelle forme di demenza nasce dalla necessità di trovare farmaci in grado di ritardare o prevenire il declino cognitivo, visto l’aumento dell’età media della popolazione[4].A oggi, però, gli studi in pazienti con differenti tipi di demenza riportano risultati discordanti[5], senza dimenticare che sono stati descritti diversi casi di egia derivante dall’interazione del ginkgolide B con i farmaci che inibiscono la coagulazione (vedi Focus story). Per questo motivo si invita alla prudenza soprattutto in presenza di fattori di rischio di egia (associazione a un trattamento anticoagulante o antiaggregante). Lo spunto per riparlare di Ginkgo biloba viene da un recente studio randomizzato in doppio cieco rispetto a placebo su 118 soggetti con età >85 anni e ad alto rischio di demenza[4]. All’analisi condotta secondo il principio dell’intenzione al trattamento l’uso di un estratto standardizzato della pianta non modificava né il declino cognitivo né quello della memoria. Solo a un’analisi secondaria, in cui si facevano rientrare i soggetti che avevano avuto una buona compliance, emergeva un minimo effetto protettivo in tal senso (p=0,02). Non c’erano comunque differenze tra i gruppi nel numero di eventi avversi (neppure di quelli egici), anche se nel gruppo trattato è stata registrata una maggiore incidenza di ictus ischemico non fatale (tranne un caso di ictus egico) e di attacchi ischemici transitori.
In pratica, alla luce del rapporto beneficio/rischio poco favorevole degli anticolinesterasici, un estratto standardizzato di Ginkgo biloba, tenendo presenti i rischi di egia, potrebbe essere un’alternativa per alcuni soggetti insieme a misure di sostegno sociali e psicologiche[5].
I risultati di due grandi studi (Ginkgo Evaluation of Memory Study e GuidAge) in corso negli Stati Uniti potranno confermare o deludere queste aspettative.
Bibliografia:
- http://www.epicentro.iss.it/focus/erbe/fitosorveglianza.asp
- Pharmacoepidemiol Drug Saf 2008;17:626-35
- http://www.farmacovigilanza.org
- Neurology 2008;70:1809-17
- Rev Prescrire 2007;286:592-4