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ACE inibitori e sartani pari sono
Nei soggetti ad alto rischio cardiovascolare, non ipertesi e non scompensati, ACE inibitori e sartani si equivalgono e non vanno associati perché si riduce la pressione arteriosa ma non si migliora l’efficacia
Nuova luce, ma anche qualche ombra, viene dalla conclusione dello studio multicentrico OnTARGET (Ongoing Telmisartan Alone and in combination with Ramipril Global Endpoint Trial)[1] che è stato condotto in parte dagli stessi autori e guidato dalla stessa ipotesi che aveva ispirato lo studio HOPE (Heart Outcomes Prevention Evaluation)[2]: l’inibizione dell’attività biologica dell’angiotensina II è in grado di ridurre l’incidenza di eventi correlabili alla malattia aterotrombotica in soggetti che sono a rischio molto elevato per eventi cardiovascolari anche se non affetti da ipertensione arteriosa o scompenso cardiaco.L’analisi dei dati
L’analisi, che è stata condotta secondo il principio dell’intenzione al trattamento e per protocollo, ha mostrato esiti del tutto sovrapponibili per i tre trattamenti indagati rispetto agli obiettivi primari e secondari dello studio (vedi box), pur in presenza di una riduzione maggiore, anche se di poco, della pressione arteriosa con la combinazione telmisartan più ramipril.L’assenza nel disegno dello studio di un gruppo placebo impedisce di definire l’entità del beneficio attribuibile ai farmaci studiati; il confronto con i risultati dello studio HOPE risente delle caratteristiche, in parte differenti, dei pazienti studiati (vedi box in alto a destra in questa pagina).
La tollerabilità del telmisartan è risultata superiore, essendo state riscontrate in minor misura tosse (1,1%) e angioedema (0,1%) rispetto a quanto osservato con ramipril da solo o in combinazione (tosse 4,2% e 4,0% rispettivamente; angioedema 0,3% e 0,2%). Nel gruppo trattato con la combinazione dei due farmaci c’erano invece una maggior frequenza di alterazioni nella funzione renale (1,1%) con maggior ricorso al trattamento dialitico (0,8%) e soprattutto una maggior frequenza di sintomi dovuti all’ipotensione (4,8%) e di sincope vera e propria (0,3%).
Come spiegare i risultati
Nello studio HOPE il migliore effetto protettivo dell’ACE inibitore nei confronti di eventi cardiovascolari era stato da alcuni attribuito alla maggiore riduzione della pressione arteriosa.Non ci sono d’altra parte prove chiare che gli ACE inibitori abbiano un effetto protettivo ancillare, al di là della loro azione antipertensiva, né tanto meno esistono dati per i sartani[4]. Un risultato non facilmente spiegabile del nuovo studio è che il sartano da solo e soprattutto la combinazione di sartano più ACE inibitore siano non inferiori (ma non superiori) all’ACE inibitore somministrato da solo, a dispetto di una maggiore riduzione osservata dei valori pressori.
Il maggior numero di soggetti che hanno lamentato sintomi da ipotensione nel gruppo trattato con la terapia combinata può far ritenere che fosse stato raggiunto un adeguato livello pressorio e che quindi non potesse essere atteso alcun ulteriore beneficio dall’uso associato dei due farmaci. In alternativa si può pensare a un’eventuale minor protezione o a un eventuale pericolo associati al trattamento combinato. Giova ricordare che osservazioni simili provenivano anche dallo studio VALIANT, nel quale il valsartan era stato confrontato con il captopril[5].
Informazioni sul beneficio del trattamento con telmisartan in soggetti ad alto rischio cardiovascolare potranno venire dallo studio OnTARGET transcend (vedi box), nell’attesa di conferme o smentite da altri studi.
Le caratteristiche dello studio
Gli obiettivi primari del nuovo studio erano diversi: innanzitutto verificare l’efficacia di un sartano (telmisartan alla dose di 80 mg al giorno) nei confronti di un ACE inibitore (ramipril alla dose di 10 mg al giorno), quindi valutare il beneficio potenziale dell’associazione dei due farmaci, somministrati in combinazione alle stesse dosi, nel ridurre la mortalità per cause cardiovascolari, l’incidenza di infarto del miocardio, di ictus e di ricoveri per scompenso di cuore. Sono stati valutati come obiettivi secondari la nuova insorgenza di scompenso cardiaco, diabete mellito, fibrillazione atriale, decadimento cognitivo o nefropatia e la necessità di interventi di rivascolarizzazione coronarica. Nello studio non era previsto il confronto con un placebo, riservato ai soli pazienti trattati con telmisartan e non tolleranti gli ACE inibitori; questi ultimi pazienti sono stati inclusi in uno studio satellite (OnTARGET transcend).Le caratteristiche dei soggetti erano in buona parte sovrapponibili a quelle dei soggetti arruolati nello studio HOPE, con alcune differenze: potevano essere inclusi pazienti con infarto del miocardio recente e non complicato ed erano presenti in maggior numero soggetti ipertesi.
Lo spettro dei farmaci impiegati dai pazienti dello studio HOPE rispetto a quelli oggetto dello studio era inoltre diverso: nello studio OnTARGET erano più usati soprattutto statine, antipertensivi e antitrombotici[3].
Sono stati studiati complessivamente 25.620 soggetti per un follow up medio di 56 mesi. Lo studio prospettico e randomizzato aveva tre bracci di trattamento attivo (il primo telmisartan più placebo, il secondo ramipril più placebo, il terzo telmisartan più ramipril) e aveva dimensioni adeguate per poter dimostrare l’efficacia e la non inferiorità di telmisartan nei confronti di ramipril.
Bibliografia:
- N Engl J Med 2008;358:1547-59
- N Engl J Med 2000;342:145-53
- Am Heart J 2004;148:52-61
- J Hyperten 2007;25:951-8
- N Engl J Med 2003;349:1893-906