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Gli errori nell’uso dei farmaci
Focus Farmacovigilanza 2008;53(9):1
Con medication error gli anglosassoni intendono “una mancanza, un difetto nelle varie fasi del processo terapeutico che provoca un danno, reale o anche solo potenziale, al paziente”[1].
Il processo terapeutico inizia appena si è deciso di prescrivere un farmaco per curare una condizione patologica o semplicemente i suoi sintomi, o ancora per indagare o prevenire una malattia o dei cambiamenti fisiologici. Non si limita quindi all’uso dei farmaci a scopo curativo ma anche per esempio all’uso della pillola anticoncezionale o degli ormoni come terapia sostitutiva, o ancora all’impiego di un mezzo di contrasto per una radiografia.
Le fasi successive del processo terapeutico sono la prescrizione, la trascrizione, la preparazione, la dispensazione, la somministrazione del farmaco e il suo monitoraggio. Quest’ultimo è fondamentale, perché una carenza di controllo può portare a un insuccesso o a una mancata modifica della terapia quando richiesta.
Come si può notare, la definizione data non specifica chi fa l’errore (potrebbe essere un medico, un infermiere, un farmacista, chi assiste il paziente, il paziente stesso o un’altra persona ancora). Allo stesso modo non specifica chi ha la responsabilità di prevenire gli errori perché ogni soggetto coinvolto nelle varie fasi del processo è responsabile della propria attività.
Il termine “mancanza, difetto” nella definizione implica che dovrebbero essere stabiliti standard di riferimento da usare come parametro per valutare appunto l’errore. Tutti coloro che devono gestire una terapia con farmaci dovrebbero conoscere bene questi standard. In particolare bisogna sempre porre in atto misure per evitare o rendere improbabile l’evenienza di un errore.
Tutti noi facciamo errori di quando in quando ma, come visto, pur essendoci molti possibili errori nell’uso dei farmaci ci sono anche diversi modi per cercare di evitarli. Bisogna anzitutto essere consapevoli che l’errore è possibile. Molti prescrittori pensano di non essere capaci di commettere errori, ma sbagliano. Dovrebbero invece avere ben presente questa possibilità e porre in atto quanto è necessario per ridurre i rischi.
Il processo terapeutico inizia appena si è deciso di prescrivere un farmaco per curare una condizione patologica o semplicemente i suoi sintomi, o ancora per indagare o prevenire una malattia o dei cambiamenti fisiologici. Non si limita quindi all’uso dei farmaci a scopo curativo ma anche per esempio all’uso della pillola anticoncezionale o degli ormoni come terapia sostitutiva, o ancora all’impiego di un mezzo di contrasto per una radiografia.
Le fasi successive del processo terapeutico sono la prescrizione, la trascrizione, la preparazione, la dispensazione, la somministrazione del farmaco e il suo monitoraggio. Quest’ultimo è fondamentale, perché una carenza di controllo può portare a un insuccesso o a una mancata modifica della terapia quando richiesta.
Come si può notare, la definizione data non specifica chi fa l’errore (potrebbe essere un medico, un infermiere, un farmacista, chi assiste il paziente, il paziente stesso o un’altra persona ancora). Allo stesso modo non specifica chi ha la responsabilità di prevenire gli errori perché ogni soggetto coinvolto nelle varie fasi del processo è responsabile della propria attività.
Il termine “mancanza, difetto” nella definizione implica che dovrebbero essere stabiliti standard di riferimento da usare come parametro per valutare appunto l’errore. Tutti coloro che devono gestire una terapia con farmaci dovrebbero conoscere bene questi standard. In particolare bisogna sempre porre in atto misure per evitare o rendere improbabile l’evenienza di un errore.
Frequenza
I dati in letteratura sono molti, si riportano qui due esempi. In uno studio condotto in un ospedale britannico su 36.200 prescrizioni di farmaci è stato individuato un errore di prescrizione nell’1,5% dei casi, nella maggior parte dei quali riconducibile alla scelta della dose; tali errori erano potenzialmente gravi nello 0,4% dei casi.2 In un altro studio statunitense, l’1,7% delle prescrizioni dispensate da farmacie sul territorio conteneva errori.3 Poiché ogni anno negli Stati Uniti vengono dispensate circa tre miliardi di prescrizioni, si può estrapolare che circa 50 milioni di queste contengano errori, lo 0,1% circa dei quali clinicamente rilevanti, con un’incidenza degli errori gravi attorno a 50.000 all’anno. In questo studio gli errori più comuni erano legati alle informazioni e alle istruzioni fornite.Tipi di errore e prevenzione
Sono quattro i tipi principali di errore quando si fa uso di un farmaco[1]:- errori che si verificano per difetto di conoscenza, come accade per esempio qualora si somministri la penicillina senza sapere prima se il paziente è allergico. Questo tipo di errore potrebbe essere evitabile se si avessero informazioni adeguate sul farmaco che si vuole usare e sul paziente a cui somministrarlo. I sistemi computerizzati di prescrizione e il controllo incrociato tra operatori sanitari (per esempio tra farmacisti e infermieri) possono aiutare a evitare tali errori. Per questo è fondamentale l’educazione dei prescrittori;
- errori che si verificano perché si ricorre a metodi sbagliati o si applicano scorrettamente metodi adeguati. E’ quanto accade per esempio iniettando il diclofenac nella coscia invece che nel gluteo. La disponibilità di regole precise e la formazione dei prescrittori al loro utilizzo e rispetto può aiutare a ridurre gli errori di questo tipo, così come possono svolgere un ruolo importante i sistemi computerizzati di prescrizione;
- errori che si verificano per azioni sbagliate (o semplici sviste), come accade per esempio quando si prende un con-tenitore di clorpromazina dallo scaffale della farmacia mentre in realtà si vorrebbe prendere quello della clorpropamide. La frequenza di questi errori può essere ridotta creando le condizioni migliori perché diventino improbabili (per esempio evitando le distrazioni, etichettando chiaramente i contenitori dei farmaci, utilizzando identificatori come codici a barre) o, ancora una volta, ricorrendo al controllo incrociato. L’errore tecnico può essere considerato una sottocategoria di questo tipo di errore: per esempio, mettere la quantità sbagliata di cloruro di potassio in una fleboclisi. Tale errore può essere prevenuto usando delle checklist, dei sistemi a prova di errore o allerta computerizzati;
- errori che si verificano per dimenticanza (per lapsus) per esempio somministrando una penicillina a un paziente allergico noto, senza ricordarsi di tale condizione. E’ difficile evitare questi errori, anche se possono essere in qualche modo intercettati dai sistemi computerizzati di prescrizione e con il controllo incrociato.
Tutti noi facciamo errori di quando in quando ma, come visto, pur essendoci molti possibili errori nell’uso dei farmaci ci sono anche diversi modi per cercare di evitarli. Bisogna anzitutto essere consapevoli che l’errore è possibile. Molti prescrittori pensano di non essere capaci di commettere errori, ma sbagliano. Dovrebbero invece avere ben presente questa possibilità e porre in atto quanto è necessario per ridurre i rischi.
Bibliografia:
- Drug Saf 2006;29:1011-22
- Qual Saf Health Care 2002;11:340-4
- J Am Pharm Assoc 2003;43:191-200
Jeffrey K Aronson
Department of Primary Health Care, Rosemary Rue Building, Old Road Campus, Headington, Oxford
Department of Primary Health Care, Rosemary Rue Building, Old Road Campus, Headington, Oxford