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Il ruolo dei glitazoni oggi, fra ombre e luci
Farmaci nati come innovatori in campo diabetologico, i glitazoni sono ora sotto l’occhio della farmacovigilanza per i segnali, ormai consolidati in letteratura, sul rischio di scompenso cardiaco e di fratture ossee.
A metà degli anni novanta l’introduzione nell’armamentario per trattare il diabete di tipo 2 dei tiazolidinedioni (ribattezzati poi glitazoni), agonisti del recettore del fattore di trascrizione nucleare PPAR-gamma, è stato accolto con entusiasmo per diversi motivi: sono farmaci insulinosensibilizzanti e quindi di particolare interesse in una patologia in cui l’insulinoresistenza è un fattore patogenetico rilevante dell’iperglicemia ma anche di altre alterazioni che contribuiscono ad aumentarne il rischio cardiovascolare; hanno un’azione prevalentemente periferica e sinergica con quella della metformina, che esplica i suoi effetti soprattutto a livello epatico; possono comunque essere un’alternativa alla metformina quando questa sia controindicata o poco tollerata. L’unico elemento disturbante (oltre al costo elevato dei farmaci) era rappresentato dal prezzo da pagare in termini di aumento ponderale, bilanciato però dal fatto che l’incremento del grasso sottocutaneo si accompagnava a una riduzione del grasso viscerale. La delusione legata al ritiro dal commercio del troglitazone, capostipite di questa classe, per la sua epatotossicità, è stata rapidamente superata dopo l’introduzione di due molecole prive di questo inconveniente, il rosiglitazone e il pioglitazone.Il rischio cardiovascolare
Altre nubi si sono pian piano addensate sui glitazoni: le prove di un aumentato rischio di scompenso cardiaco, legato principalmente all’effetto di ritenzione idrica, e poi i risultati di una metanalisi che ha avanzato il dubbio di un aumento del rischio cardiovascolare con l’uso del rosiglitazone.1 Anche se la metanalisi è stata discussa e questo aumento resta da confermare, il solo fatto che il dubbio sia stato posto ha avuto un effetto deleterio sull’immagine di una categoria di farmaci da cui ci si aspettava al contrario un effetto protettivo sul rischio cardiovascolare. Un’analoga metanalisi relativa al pioglitazone è giunta successivamente a conclusioni più rassicuranti.2 Questa possibile differenza rispetto al rosiglitazone è stata attribuita ai diversi effetti dei due farmaci sul profilo lipidico. Questi dati non hanno comunque diradato del tutto lo scetticismo ormai diffuso relativo al bilancio fra vantaggi e inconvenienti relativo a questa classe. I dubbi hanno portato a far scalare a opzione di terza scelta l’utilizzo dei glitazoni nella terapia del diabete di tipo 2 in una recente revisione della consensus ADA-EASD su questo argomento,3 anche se le indicazioni di tale consensus sono tuttora oggetto di vivace dibattito.Il rischio fratture
Un ulteriore elemento negativo è giunto dalle osservazioni relative a un possibile effetto negativo di questi farmaci a livello osseo.4 Già gli studi preclinici avevano individuato un possibile rischio, mostrando che questi farmaci determinavano una ridotta differenziazione del- le cellule mesenchimali totipotenti verso la linea osteblastica.In seguito è stata osservata una riduzione della densità minerale ossea nei soggetti trattati. Studi osservazionali e poi studi controllati e randomizzati disegnati ad hoc hanno fornito ulteriori prove a supporto di questi timori. Una metanalisi ha riportato un raddoppio del rischio di fratture nelle donne, mentre negli uomini le prove restano ancora poco chiare.5 Tale rischio appare legato alla durata dell’esposizione, senza chiare differenze fra i farmaci della classe.
Conclusioni
I glitazoni sono farmaci interessanti nella terapia del diabete tipo 2 ma il loro utilizzo va ponderato con attenzione, tenendo conto degli aspetti positivi e dei potenziali inconvenienti. I glitazoni hanno la capacità di ridurre i valori di HbA1c mediamente dell’1,5% circa e, a differenza di altri farmaci contro il diabete, il loro effetto sembra mantenersi nel tempo. Nel complesso non ci sono al momento elementi che giustifichino concreti timori nell’utilizzo di questi farmaci, se non sono presenti controindicazioni definite, in particolare il rischio potenziale di scompenso cardiaco. Il rischio di fratture può essere un altro elemento di cautela.Una risposta ad alcuni quesiti aperti può venire da uno studio controllato e randomizzato multicentrico tuttora in corso e finanziato dall’Agenzia italiana del farmaco (studio Tosca), disegnato per valutare il rischio cardiovascolare associato all’uso dei glitazoni in una popolazione di 5.000 diabetici.
Bibliografia:
- N Engl J Med 2007;356:2457-71. CDI #nnr#
- JAMA 2007;298:1180-8. CDI #nnr#
- Diabetologia 2009;52:17-30. CDI #nnr#
- Drug Saf 2009;32:539-47. CDI #nnr#
- CMAJ 2009;180:32-9. CDI #nnr#
Paolo Moghetti
Divisione di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliera-Universitaria di Verona
Divisione di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliera-Universitaria di Verona