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Martedì, Maggio 7, 2024

PAVIA: un progetto per promuovere la farmacovigilanza nell’Africa sub-sahariana

Negli ultimi decenni, di pari passo con i progressi della medicina nella lotta alle malattie infettive si è assistito a un aumento della disponibilità di farmaci nei Paesi a basso e medio reddito, come quelli dell’Africa sub-sahariana, in cui il ricorso a terapie farmacologiche anche avanzate ormai non costituisce più un’eccezione. L’uso sempre più diffuso di farmaci in queste aree geografiche ha sollevato la necessità di monitorarne attentamente la sicurezza, attraverso rigorosi processi di farmacovigilanza, con il fine ultimo di tutelare la salute dei pazienti oltre a migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria.
 
Il progetto
In risposta a questa esigenza è nato PAVIA, PhArmacoVIgilance Africa, un progetto sviluppatosi tra il 2018 e il 2023, con l’intento di rafforzare questi processi in quattro paesi africani: Tanzania, Eswatini, Nigeria ed Etiopia. Il progetto, finanziato dall’European Developing Countries Clinical Trials Partnership e guidato dall’Amsterdam Institute for Global Health and Development, ha visto la collaborazione di 13 partner internazionali, tra i quali, per l’Italia, la Sezione di Farmacologia del dipartimento Diagnostica e Sanità pubblica dell’Università degli Studi di Verona.
Obiettivo primario dell’iniziativa era di migliorare il monitoraggio della sicurezza dei farmaci in questi Paesi, con un’attenzione particolare ai farmaci antitubercolari, utilizzando come approccio la formazione.
 
La formazione come fondamento chiave
Se fino a poco tempo fa, la formazione degli operatori sanitari nei Paesi dell’Africa sub-sahariana si basava principalmente su formule didattiche residenziali a causa delle risorse limitate, nell’ultimo decennio, anche grazie all’estesa diffusione della tecnologia mobile, si assistito a una parziale inversione di tendenza, con un’apertura verso metodi di apprendimento alternativi come l’e-learning. Alla luce di questo, il progetto PAVIA ha adottato un approccio ibrido che a due corsi online in materia di farmacovigilanza - il primo sui principi base e il secondo relativo ai farmaci antitubercolari, la loro gestione e sorveglianza attiva - affiancava sessioni formative in presenza con l’intento di rendere la formazione più accessibile agli operatori sanitari coinvolti. Più nel dettaglio il programma formativo si sviluppava in due fasi:
  • una fase pilota blended di primo livello specificamente pensata per un primo gruppo di potenziali formatori
  • una fase successiva di secondo livello che vedeva coinvolti i tutor appena formati ed era volta a estendere la formazione a un numero maggiore di operatori sanitari.
Il razionale alla base di questo metodo era che la formazione iniziale ibrida di un piccolo gruppo di operatori sanitari avrebbe dovuto fornire le competenze e le conoscenze necessarie per formare efficacemente un secondo gruppo, innescando potenzialmente una formazione a cascata.
 
L’efficacia della formazione a cascata
Complessivamente alla prima fase di formazione pilota hanno aderito 121 studenti, 36 dei quali provenienti dalla Tanzania, 34 dall’Eswatini, 25 dalla Nigeria e 26 dall’Etiopia, mentre 472 hanno preso parte ai corsi di formazione di livello inferiore. Tra questi ultimi 421 (89%), inclusi 157 studenti provenienti dalla Tanzania, 178 dall’Eswatini e 86 dalla Nigeria, hanno completato con successo il programma di formazione.
Al termine di entrambe le sessioni è stato rilevato tramite questionario un significativo miglioramento nelle conoscenze dei partecipanti, confermato anche dal feedback estremamente positivo che ha sottolineato l’utilità e la rilevanza della formazione ricevuta.
Inoltre, dall’analisi delle segnalazioni di reazioni avverse inserite in VigiBase, il database globale dell’OMS, dai Centri nazionali di farmacovigilanza dei paesi PAVIA, è emerso un aumento significativo delle segnalazioni spontanee nell’anno successivo la formazione pilota in tre Paesi del progetto: Tanzania, Eswatini e Nigeria. Con oltre 14.000 report (ICSR) nell’anno successivo alla formazione pilota, la Tanzania è stato il paese che ha registrato l’aumento più elevato. Sebbene non sia possibile stabilire un nesso causale diretto tra la formazione e l’aumento delle segnalazioni, a causa dei dati limitati e di una serie di fattori, primo fra tutti l’incremento dei tassi di segnalazione associato ai vaccini anti COVID-19 ampiamente utilizzati nel periodo di studio, è plausibile ipotizzare che la formazione abbia influenzato positivamente la consapevolezza e la pratica della farmacovigilanza tra gli operatori sanitari coinvolti.
 
Un’eredità per il domani
Il progetto PAVIA ha gettato le basi affinché anche Paesi con risorse limitate non siano esclusi da passi avanti in tema di farmacovigilanza offrendo un’importante lezione su come affrontare le sfide riguardanti questo tema in contesti svantaggiati. L’eredità che lascia è un monito sull’importanza universale di investire nella formazione e nello sviluppo delle competenze per favorire un uso sempre più sicuro dei farmaci, un imperativo per il futuro da non dimenticare.
 

Schievano F, Mwamwitwa K, et al. Development, assessment and educational impact of a blended e-learning training program on pharmacovigilance implemented in four African countries. Front Med (Lausanne) 2024; DOI:10.3389/fmed.2024.1347317.

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