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Rubrica Fitovigilanza & Integratori
Erbe e squilibri elettrolitici
La maggior parte dei principi attivi contenuti nelle erbe viene eliminato attraverso il rene e l’uso di rimedi a base di erbe è stato associato a diversi tipi di danno renale che vanno dall’insufficienza renale acuta ai difetti tubulari, alla malattia renale cronica fino al carcinoma uroteliale. Anche l’equilibrio elettrolitico può essere alterato in seguito all’uso di piante con conseguenze a livello cardiocircolatorio e neurologico, in particolare in pazienti con precedenti fattori di rischio o che assumono farmaci o alimenti interagenti.
E’ ben nota per esempio l’azione mineralcorticoide della radice di liquirizia (Glycirrhiza glabra) legata alla inattivazione dell’enzima che converte il cortisolo in cortisone inattivo a livello dei tubuli renali. Il cortisolo così accumulato svolge una attività mineralcorticoide con ritenzione di sodio, rischio di ipertensione e perdita di potassio che, se grave, può portare a rabdomiolisi e insufficienza renale acuta. Sono descritti in letteratura numerosi casi di debolezza muscolare, ipertensione, miopatia in persone sia giovani sia anziane che facevano uso di grandi quantità di prodotti a base di liquirizia in svariati contesti, dalla cessazione del fumo alle problematiche dei disturbi dell’appetito, al semplice uso per piacere. Le segnalazioni più recenti suggeriscono che l’età avanzata, l’ipertensione, la dose e il periodo di assunzione sono fattori di rischio per lo sviluppo dello pseudo-aldosteronismo da liquirizia [1,2]. I lassativi antrachinonici a base di erbe come l’aloe, la senna, la cascara e il rabarbaro possono causare invece ipopotassiemia se usati per lunghi periodi. L’abuso di lassativi non è solo un problema degli anziani con stitichezza cronica, ma è frequente nelle persone con disturbi dell’appetito (anoressia, bulimia) o in determinate categorie di sportivi (sportivi che devono rientrare in determinate categorie di peso). Sono descritti casi in cui la perdita di potassio ha determinato debolezza muscolare e stanchezza, fino ad arrivare a paralisi muscolare, rabdomiolisi con insufficienza renale e aritmie cardiache [3].
Il rabarbaro è anche ricco di acido ossalico e può contribuire alla formazione di calcoli.
Il succo di un rimedio tradizionale polinesiano a base di noni (Morinda citrifolia), così come i più familiari tarassaco (Tarassacum officinale, nel disegno), ortica (Urtica dioica) ed erba medica (Medicago sativa) hanno un alto contenuto di potassio e possono determinare, se usati in quantità molto elevata, iperpotassiemia, particolarmente nei pazienti con insufficienza renale cronica [4]. Queste e molte altre piante sono usate tradizionalmente come adiuvanti nella diuresi, cosa che richiede una certa cautela nei pazienti con funzionalità renale compromessa.
Anche alimenti di uso molto comune possono causare alterazioni elettrolitiche se consumati in quantità eccessive o da soggetti con condizioni predisponenti. Sono descritti numerosi casi di iperpotassiemia in pazienti con insufficienza renale, diabetici o con altre patologie (schizofrenia, HIV) che assumevano grandi quantità di succhi di frutta.[5]
Nella tabella sopra vengono ricordati i frutti e i succhi a elevato contenuto di potassio.
Probabilmente molti dei problemi descritti in letteratura (e dei senza dubbio più numerosi non descritti!) si sarebbero potuti evitare se i pazienti avessero maggiore consapevolezza che un supposto beneficio da parte di una qualsiasi sostanza comporta sempre rischi, anche se si tratta di un rimedio cosiddetto naturale.
Dalle storie di questi pazienti si apprende che la scoperta del consumo elevato (spesso veramente esagerato) della pianta o del frutto responsabile degli squilibri elettrolitici è spesso casuale, a prova del fatto che il dialogo tra la medicina ufficiale e gli approcci complementari o alternativi è difficile o addirittura inesistente. Di fronte a uno squilibrio elettrolitico che non abbia cause alternative, un approccio al paziente aperto e libero da preclusioni lo aiuterà a "raccontare" l’eventuale assunzione di preparati a base di erbe che spesso non vengono riferiti per timore di critiche.
Note:
* Valori relativi a un frutto di media grandezza
# Valori relativi a 100 ml di succo
Tabella tratta dalla referenza 5 e modificata
E’ ben nota per esempio l’azione mineralcorticoide della radice di liquirizia (Glycirrhiza glabra) legata alla inattivazione dell’enzima che converte il cortisolo in cortisone inattivo a livello dei tubuli renali. Il cortisolo così accumulato svolge una attività mineralcorticoide con ritenzione di sodio, rischio di ipertensione e perdita di potassio che, se grave, può portare a rabdomiolisi e insufficienza renale acuta. Sono descritti in letteratura numerosi casi di debolezza muscolare, ipertensione, miopatia in persone sia giovani sia anziane che facevano uso di grandi quantità di prodotti a base di liquirizia in svariati contesti, dalla cessazione del fumo alle problematiche dei disturbi dell’appetito, al semplice uso per piacere. Le segnalazioni più recenti suggeriscono che l’età avanzata, l’ipertensione, la dose e il periodo di assunzione sono fattori di rischio per lo sviluppo dello pseudo-aldosteronismo da liquirizia [1,2]. I lassativi antrachinonici a base di erbe come l’aloe, la senna, la cascara e il rabarbaro possono causare invece ipopotassiemia se usati per lunghi periodi. L’abuso di lassativi non è solo un problema degli anziani con stitichezza cronica, ma è frequente nelle persone con disturbi dell’appetito (anoressia, bulimia) o in determinate categorie di sportivi (sportivi che devono rientrare in determinate categorie di peso). Sono descritti casi in cui la perdita di potassio ha determinato debolezza muscolare e stanchezza, fino ad arrivare a paralisi muscolare, rabdomiolisi con insufficienza renale e aritmie cardiache [3].
Il rabarbaro è anche ricco di acido ossalico e può contribuire alla formazione di calcoli.
Il succo di un rimedio tradizionale polinesiano a base di noni (Morinda citrifolia), così come i più familiari tarassaco (Tarassacum officinale, nel disegno), ortica (Urtica dioica) ed erba medica (Medicago sativa) hanno un alto contenuto di potassio e possono determinare, se usati in quantità molto elevata, iperpotassiemia, particolarmente nei pazienti con insufficienza renale cronica [4]. Queste e molte altre piante sono usate tradizionalmente come adiuvanti nella diuresi, cosa che richiede una certa cautela nei pazienti con funzionalità renale compromessa.
Anche alimenti di uso molto comune possono causare alterazioni elettrolitiche se consumati in quantità eccessive o da soggetti con condizioni predisponenti. Sono descritti numerosi casi di iperpotassiemia in pazienti con insufficienza renale, diabetici o con altre patologie (schizofrenia, HIV) che assumevano grandi quantità di succhi di frutta.[5]
Nella tabella sopra vengono ricordati i frutti e i succhi a elevato contenuto di potassio.
Probabilmente molti dei problemi descritti in letteratura (e dei senza dubbio più numerosi non descritti!) si sarebbero potuti evitare se i pazienti avessero maggiore consapevolezza che un supposto beneficio da parte di una qualsiasi sostanza comporta sempre rischi, anche se si tratta di un rimedio cosiddetto naturale.
Dalle storie di questi pazienti si apprende che la scoperta del consumo elevato (spesso veramente esagerato) della pianta o del frutto responsabile degli squilibri elettrolitici è spesso casuale, a prova del fatto che il dialogo tra la medicina ufficiale e gli approcci complementari o alternativi è difficile o addirittura inesistente. Di fronte a uno squilibrio elettrolitico che non abbia cause alternative, un approccio al paziente aperto e libero da preclusioni lo aiuterà a "raccontare" l’eventuale assunzione di preparati a base di erbe che spesso non vengono riferiti per timore di critiche.
Frutto/succo | Unità g | Concentrazione di K+(mmol/1.000 g) | Contenuto in K+(mg) |
---|---|---|---|
Banana* | 126 | 89 | 451 |
Succo di pomodoro# | 227 | 59 | 533 |
Pesca* | 98 | 48 | 190 |
Succo d’arancia# | 227 | 48 | 436 |
Succo di pompelmo# | 227 | 42 | 378 |
Succo di mela# | 227 | 33 | 295 |
Succo d’uva# | 227 | 37 | 334 |
Cocomero* | 5040 | 21 | 4140 |
* Valori relativi a un frutto di media grandezza
# Valori relativi a 100 ml di succo
Tabella tratta dalla referenza 5 e modificata
Bibliografia:
- Int J Eat Disord 1999;26:111-4.
- Intern Med 2007;46:575-8.
- Drugs 2010;70:1487-503. CDI #nnr#
- Am J Kidney Dis 2004;44:1-11.
- Med J Case Report 2007;48:e293.
a cura di Anita Conforti
Servizio di farmacologia – Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Verona
Servizio di farmacologia – Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Verona