Dimagrire sì, ma in sicurezza
L’utilizzo di prodotti relativi alla complementary and alternative medicine (CAM, medicina complementare e alternativa) è sempre più diffuso nella nostra popolazione. Fra questi ritroviamo integratori alimentari, prodotti erboristici, tisane, prodotti omeopatici e preparati della medicina tradizionale cinese o ayurvedica. In particolare, negli ultimi anni è molto aumentato il consumo di integratori contenenti erbe dimagranti, acquistati principalmente dalle donne, spinte a scegliere i prodotti di origine naturale in quanto erroneamente considerati più sicuri, proprio in virtù della loro provenienza. Tuttavia, nella fase che precede la loro commercializzazione, questi prodotti non vengono sottoposti agli stessi rigorosi controlli ai quali sono soggetti i farmaci di sintesi e, per questo, il loro profilo beneficio/rischio nel momento in cui diventano accessibili alla popolazione non è ancora ben definito. Inoltre, possono essere acquistati dai pazienti sia nelle farmacie, parafarmacie ed erboristerie, sia nella grande distribuzione e online. In quest’ultimo caso, sono spesso utilizzati in regime di automedicazione, all’insaputa del proprio medico curante e senza aver ricevuto un parere dal farmacista, con il conseguente rischio aumentato di eventi avversi da interazioni, soprattutto nei soggetti più anziani in polifarmacoterapia.
Quattro casi di danno epatico
Fra le erbe utilizzate nei prodotti a scopo dimagrante troviamo Camellia sinensis (tè e tè verde), Amorphophallus konjac (glucomannano), Cyamopsis tetragonolobus (saponaria), Ephedra (Efedra), Citrus spp. (arancio), Plantago ovata (piantaggine) e Garcinia cambogia. Proprio la Garcinia cambogia si è resa protagonista di una recente ricerca condotta sul database delle sospette reazioni avverse a prodotti della medicina integrativa gestito dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS).1 Sono stati infatti identificati quattro casi di insufficienza epatica acuta successiva all’utilizzo di integratori alimentari contenenti estratti di Garcinia cambogia in quattro pazienti che si sono presentate al Pronto soccorso accusando sintomi progressivi quali forte dolore addominale, ittero, debolezza e malessere. Le analisi effettuate in laboratorio hanno evidenziato un elevato valore delle transaminasi in tre pazienti su quattro e, dopo l’esclusione di tutte le altre possibili cause di epatite (per esempio l’origine infettiva), il danno epatico acuto di origine iatrogena è divenuto il sospetto principale. La storia clinica delle quattro pazienti non riportava eventi precedenti di danni al fegato, né abuso di farmaci o alcol. La ricostruzione delle terapie farmacologiche e dell’esposizione a prodotti della medicina integrativa ha rivelato che le pazienti avevano assunto integratori contenenti estratti di Garcinia cambogia per un tempo variabile da uno a due mesi. Dato il miglioramento del quadro clinico dopo la sospensione dell’integratore (dechallenge positivo), l’analisi clinico-tossicologica dei quattro casi ha stabilito un nesso di causalità “probabile” per tutte le segnalazioni, identificando così gli estratti di Garcinia cambogia come probabile causa dell’insufficienza epatica acuta.
I dati della letteratura
La ricerca ha anche evidenziato come, in letteratura, fossero presenti ben 32 lavori scientifici che riportavano eventi avversi correlabili con l’utilizzo di integratori alimentari a scopo dimagrante contenenti Garcinia cambogia. In particolare, sono stati descritti casi di miocardite, cardiomiopatia, porpora trombocitopenica, pacreatite, chetoacidosi diabetica, rabdomiolisi e mania. Oltre a questi eventi avversi, 50 pazienti hanno manifestato epatotossicità di gravità variabile, che in 8 casi ha richiesto un intervento per il trapianto di fegato e in due casi ha determinato la morte del paziente. Anche nei casi descritti in letteratura, la maggior parte dei pazienti, il 62% circa, erano donne, di età compresa fra i 18 e i 67 anni di età.
Come la Garcinia cambogia possa provocare danni al fegato, ancora non è chiaro. La principale molecola dotata di attività biologica all’interno degli estratti di questa pianta è l’acido idrossicitrico. Studi condotti su modelli animali, principalmente topi affetti da obesità, hanno dimostrato la sua capacità di ridurre l’appetito e il consumo di cibo, riducendo così il peso corporeo. Tuttavia, è stato anche dimostrato come l’acido idrossicitrico aumenti lo stress ossidativo e l’accumulo di collagene a livello del fegato, provocando, negli animali da esperimento, danno epatico e un aumento dei livelli di transaminasi nel sangue. A oggi sono pochissimi gli studi clinici effettuati su pazienti affetti da obesità a cui sono stati somministrati acido idrossicitrico o estratti di Garcinia cambogia, e i loro risultati non sono definitivi.
Il pericoloso “fai da te”
In un contesto sociale nel quale la perdita di peso sta diventando sempre più un must, soprattutto fra le donne, e nel quale sono poche le terapie farmacologiche a disposizione per trattare l’obesità, è necessario porre molta attenzione ai prodotti “fai da te” che vengono scelti dai pazienti, principalmente quando questa scelta avviene in completa autonomia e senza una supervisione da parte del medico o del farmacista. L’origine naturale di alcuni prodotti non è sinonimo di sicurezza. L’utilizzo di erbe e piante medicinali dovrebbe essere attentamente valutato con il medico e il farmacista e il paziente dovrebbe essere costantemente monitorato in caso di insorgenza di eventi avversi. Futuri studi sull’efficacia di alcuni estratti naturali e la sorveglianza degli eventi avversi nella popolazione generale potranno chiarire meglio il loro profilo beneficio/rischio. In questo modo, i prodotti naturali potranno essere utilizzati, unitamente a diete equilibrate ed esercizio fisico, per perdere peso. E soprattutto, per farlo in sicurezza.
- Crescioli G, Lombardi N, et al. Acute liver injury following Garcinia cambogia weight-loss supplementation: case series and literature review. Intern Emerg Med 2018;13:857-72. CDI
Giada Crescioli, Niccolò Lombardi, Alfredo Vannacci
Unità di ricerca in Farmacovigilanza, Fitovigilanza e Farmacoepidemiologia, Dipartimento NEUROFARBA, Università degli studi di Firenze