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Gli alti e bassi di sodio e potassio dovuti ai farmaci
Gli squilibri elettrolitici sono frequenti e spesso dovuti a farmaci: è importante riconoscerli per modificare la terapia di conseguenza
Le alterazioni della sodiemia e della potassiemia sono di frequente riscontro nella pratica clinica, manifestandosi in condizioni cliniche molto comuni quali lo scompenso cardiaco e la cirrosi epatica, nelle quali sono quindi in una certa misura "attese" dal curante.Tuttavia squilibri elettrolitici possono manifestarsi frequentemente anche come conseguenza della somministrazione di farmaci con i quali il medico ha consuetudine quotidiana, come diuretici, ACE inibitori, inibitori del recettore dell’angiotensina o antibiotici (per esempio le penicilline), la qual cosa favorisce una sostanziale sottostima del problema.
Cosa dice la letteratura
In uno studio condotto nel Regno Unito mediante l’uso di registri elettronici e relativo a pazienti seguiti dai medici di medicina generale è emerso che i diuretici tiazidici (primi farmaci quanto a numero di prescrizioni) erano responsabili di disionia nel 20,6% di quanti erano stati sottoposti al controllo dei valori degli elettroliti plasmatici [1]. Nella maggior parte dei casi si trattava di iponatriemia (13,7%). In molti casi questa era lieve e distribuita in modo diseguale nella popolazione, cosicché il valore mediano era sovrapponibile a quello osservato prima dell’inizio del trattamento, essendo più frequentemente rilevata in soggetti anziani, di sesso femminile e di basso peso corporeo. Meno frequente era l’ipopotassiemia (8,5%), osservata soprattutto in associazione con l’uso di tiazidici alle dosi più alte.Analisi condotte nell’ambito di reparti di terapia intensiva convergono nell’indicare alterazioni della concentrazione plasmatica del sodio e del potassio come le più comuni reazioni avverse da farmaco e indicano nei diuretici la prima causa di squilibri elettrolitici [2]. L’iponatriemia era il disturbo elettrolitico più comune in ambito ospedaliero (11-24% dei pazienti ricoverati in unità di terapia intensiva) e si associava a un aumento della mortalità. I diuretici tiazidici sono i farmaci più spesso implicati, non solo perché largamente utilizzati, ma anche per la loro tossicità intrinseca: soprattutto se in associazione con l’amiloride, alterano l’escrezione del sodio senza modificare il riassorbimento di acqua.
Altre classi di farmaci come gli antidepressivi inibitori della ricaptazione della serotonina, farmaci antiepilettici (carbamazepina, oxicarbazepina, acido valproico) e antipsicotici possono determinare iposodiemia per un’inappropriata secrezione di ormone antidiuretico [3]. Farmaci di ampio uso come antinfiammatori non steroidei, inibitori di pompa protonica (segnalati casi con omeprazolo ed esomeprazolo), antibiotici, antineoplastici come la vincristina e la ciclofosfamide possono ugualmente essere responsabili di iposodiemia. Molto frequente in ambiente ospedaliero è il manifestarsi di ipopotassiemia (fino al 50% dei pazienti chirurgici) attribuibile non solo alle perdite renali di potassio causate da diuretici (tiazidici, diuretici dell’ansa e osmotici), penicilline e aminoglicosidi (spesso associati a più complesse disionie), ma anche al passaggio all’interno delle cellule del potassio per effetto di farmaci come accade con gli stimolanti beta adrenergici.
L’iperpotassiemia è pure comune. E’ stato osservato in ambito ospedaliero che più del 7% dei pazienti che avevano nel loro schema terapeutico lo spironolattone avevano una iperpotassiemia. I farmaci possono agire sull’omeostasi del potassio sia promuovendone sia inibendone il passaggio nelle cellule sia interferendo con la sua escrezione renale per l’effetto sull’attività dell’aldosterone, oppure modificando la disponibilità di sodio nel tubulo distale. Di conseguenza numerose segnalazioni riguardano differenti classi di farmaci: inibitori dell’ACE e del recettore per l’angiotensina, betabloccanti, antinfiammatori non steroidei, eparine, farmaci antifungini (ketoconazolo, fluconazolo, itraconazolo), antibiotici come il trimetroprim-sulfametossazolo, ciclosporina e tacrolimus.
Segnalazione spontanea e farmacovigilanza attiva
Dall’ultima analisi del database GIF/ AIFA (30/09/2010) (www.gruppogif. org), che raccoglie le segnalazioni spontanee delle regioni appartenenti al gruppo GIF dal 1988 e di tutte le regioni italiane dal 2001, è emerso che tra i disturbi elettrolitici le alterazioni della potassiemia sono le più frequenti, seguite da quelle del sodio. Inoltre i farmaci con il maggior numero di segnalazioni di disionie sono i diuretici (al primo posto l’indapamide) seguiti dagli ACE inibitori. Tuttavia il numero assoluto delle segnalazioni (582 in 12 anni) è di molto inferiore al numero di reazioni avverse che verosimilmente si verificano nella realtà clinica. Nello studio GARDA (Geriatric Adverse Reaction Drug Assumption), condotto a Verona e basato sul monitoraggio intensivo delle reazioni avverse da farmaco in pazienti geriatrici dei tre reparti di geriatria dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, 114 ricoveri (11,1%), su un totale di 1.023 pazienti reclutati, erano imputabili a reazioni avverse da farmaco.[4] La condizione che ha determinato più spesso il ricovero è stata la disionia nelle sue varie forme: iponatriemia, la più segnalata, seguita da ipopotassiemia e iperpotassiemia (38 pazienti su 114), che precedono le alterazioni di tipo ematologico (anemia, alterazioni dell’INR, aplasia midollare, leucopenia) e le alterazioni del sistema cardiocircolatorio (sincope, ipotensione, bradicardia).In 256 pazienti (25%) la reazione avversa si è manifestata durante la degenza e anche in questi casi l’ipopotassiemia seguita dall’iponatriemia e dall’iperpotassiemia erano le più segnalate (103 pazienti su 256).
La valutazione del rischio
I disturbi elettrolitici non sono solo di frequente riscontro, ma sono in sé potenzialmente fatali, essendo l’iponatriemia5 causa di alterazioni neurologiche secondarie a edema cerebrale e le alterazioni della potassiemia responsabili di aritmie cardiache [2].La rilevanza clinica della disionia oltre che nella comune pratica clinica è stata sottolineata anche nell’ambito di studi clinici controllati: per esempio nell’ambito dello studio SHEP è stato osservato retrospettivamente che nei soggetti ipertesi anziani trattati con diuretici la presenza di ipopotassiemia riduceva la protezione nei confronti di eventi cardiovascolari.
La presenza di ipopotassiemia aumenta inoltre il rischio di reazioni avverse per interazione con altri farmaci come la digitale e la flecainide, di cui potenziano la cardiotossicità.
Le condizioni cliniche del paziente condizionano fortemente la tossicità dei farmaci. Per esempio l’ipopotassiemia da farmaci è particolarmente frequente nei soggetti anziani e connessa alle sottostanti condizioni di insufficienza renale, epatica o cardiaca. Pazienti con insufficienza renale, anziani e diabetici sono a loro volta considerati a rischio di sviluppare una iperpotassiemia.
Morbilità e mortalità conseguenti a iposodiemia e ipopotassiemia dipendono dall’entità del fenomeno e dalla velocità con la quale si manifesta.
Va tenuto presente che alterazioni elettrolitiche possono comparire con taluni farmaci anche con dosaggi appropriati e manifestarsi in modo drammatico in caso di sovradosaggio farmacologico o in presenza di condizioni favorenti come supplementazione con sali di potassio o insufficienza renale nel caso dell’iperpotassiemia.
Suggerimenti pratici
La disionia in corso di trattamento con diuretici come pure con altri farmaci spesso richiede giorni per manifestarsi ed è progressiva, potrebbe quindi essere identificata dal monitoraggio degli elettroliti plasmatici e prevenuta dall’uso di dosi basse del farmaco o dalla sospensione della terapia.In conclusione le alterazioni di sodiemia e potassiemia sono spesso espressione di una malattia sottostante, ma possono anche rappresentare la complicazione derivante dall’uso di farmaci attraverso una modificazione del bilancio elettrolitico del paziente o per tossicità diretta.
In tutti i casi le condizioni cliniche e i fattori relativi al paziente come la gravità dello stato clinico e l’età sono rilevanti ai fini della decisione terapeutica. Una valutazione attenta degli effetti del trattamento e il monitoraggio altrettanto attento della ioniemia possono aiutare a prevenire i danni al paziente.
Bibliografia:
- Br J Clin Pharmacol 2006;61;1:87-95. CDI #rrr#
- Crit Care Med 2010;38:6 (suppl).
- Am J Kidney Dis 2008;52:144-53. CDI #rrr#
- Studio GARDA (Geriatric Adverse Reaction Drug Assumption), Unità di Farmacovigilanza Verona (documento non accessibile). CDI #nrr#
- Drug Saf 2010;33:101-14. CDI #rrr#
Pietro Minuz
Medicina interna C,
Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata,
Verona
Medicina interna C,
Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata,
Verona