Reazioni avverse da farmaco ritardate: ingannevoli e potenzialmente mortali
Introduzione
La farmacovigilanza ha acquisito notevole importanza in Europa dopo la catastrofe della talidomide. Negli anni cinquanta i barbiturici erano comunemente usati come ipnoinducenti e, a causa del loro ristretto margine di sicurezza, si associavano a un’alta mortalità in caso di sovradosaggio – un effetto avverso di tipo A secondo la classificazione di Rawlins e Thomson [1] consistente in un danno immediato, con possibile mortalità, determinato da una combinazione di tossicologia, dose e suscettibilità individuale [2]. Si pensava che la talidomide causasse una minore depressione cardio-respiratoria rispetto ai barbiturici ai dosaggi ipnoinducenti, tanto che nel 1957 venne introdotta sul mercato come "il sonnifero sicuro". I suoi effetti sullo sviluppo fetale inattesi e non correlati al meccanismo d’azione causarono una epidemia "ritardata" di focomelia nei neonati. Nonostante la focomelia fosse immediatamente apprezzabile alla nascita e comparisse quasi nel 100% delle gravidanze con esposizione al farmaco nelle fasi critiche della gestazione, il nesso tra talidomide e focomelia usata durante la gravidanza venne riconosciuto solo nel 1961. Nel momento in cui il farmaco venne ritirato dal commercio verso la fine di quello stesso anno erano già nati circa 10.000 bambini con questo difetto.
L’esposizione del feto al dietilstilbestrolo durante la gravidanza (nel tentativo fatto con buone intenzioni, ma sbagliato, di prevenire un aborto) è stata collegata a un raro tumore durante la vita adulta, l’adenocarcinoma della vagina, nelle figlie di donne trattate, vale a dire circa vent’anni dopo l’esposizione al farmaco in utero. Questo accadimento ha fatto nascere una domanda: se tale terapia avesse causato un aumento nell’incidenza di tumori comuni (come il cancro della mammella o del colon), piuttosto che di un tumore tanto raro, si sarebbe potuto riconoscere anche in questo caso il legame causale?
Se infatti un effetto avverso è interpretato scorrettamente come un evento naturale è poi molto difficile provare un legame causale. Anche qualora ci siano prove da studi controllati e randomizzati che indichino in maniera convincente questa connessione, è difficile nel singolo caso attribuire un evento avverso al farmaco piuttosto che a una malattia preesistente e non ancora riconosciuta, con implicazioni medico-legali nell’attribuire responsabilità o nel decidere riguardo a possibili risarcimenti.
Ci sono diversi esempi di danni da farmaci ritardati e non così scontati, quali il danno cardiovascolare da rosiglitazone (a fronte di un apparente effetto favorevole sull’emoglobina glicosilata), che ha portato l’EMA a sospendere l’autorizzazione alle vendite di tutti i farmaci contententi rosiglitazone in Europa, oppure i rischi cardiovascolari della sibutramina che superano i benefici legati alla perdita di peso.
O ancora si può considerare l’esempio degli inibitori della ciclossigenasi [3] i cui gravi effetti avversi ritardati, sotto forma di infarto del miocardio, sono plausibilmente ancora poco noti. Il riconoscimento diffuso di eventi avversi gravi ritardati (come quelli sopra riportati) che si manifestano come aumento nell’incidenza di malattie comuni potrà senza dubbio influenzare le richieste regolatorie in termini di realizzazione di studi clinici di adeguata potenza statistica per stabilire il rapporto rischio-beneficio, ma nell’attesa i medici prescrittori sono lasciati in una considerevole incertezza sui consigli da dare ai loro pazienti. Lo stesso tipo di asimmetria (la moltiplicazione di un rischio ampio per un fattore "x" causa più eventi della riduzione di eventi causata dalla divisione per "x") si applica quando sono prescritti ad ampie popolazioni di pazienti ad alto rischio altri farmaci che possono ulteriormente aumentare le malattie cardiovascolari.
Inibitori della ciclossigenasi e infarto del miocardio: primo non fare danni
I FANS sono fra i farmaci più prescritti al mondo. Il loro effetto principale è l’inibizione della ciclossigenasi (COX) [4]. Lo spettro di attività dei vari FANS dipende dalla dose e dalla selettività per COX-1 o COX-2. Gli inibitori selettivi della COX-1 inibiscono la sintesi piastrinica di trombossano A2e sono perciò antitrombotici; essi possono essere anche antinfiammatori e analgesici e spesso causano una tossicità gastrointestinale. I COX inibitori non selettivi hanno azione antinfiammatoria e analgesica e una tossicità gastrointestinale. Gli inibitori selettivi della COX-2, come il rofecoxib (Vioxx®), sviluppati per ridurre gli effetti avversi gastrointestinali [5], aumentano tutti il rischio cardiovascolare, incluso un aumento della pressione arteriosa, un aumento dell’aterogenesi e un aumento della tendenza trombotica. Il principio di precauzione (primo non fare danni) viene applicato dalle autorità regolatorie in Europa [6], per cui si è sostenuto che questo dovesse essere applicato a tutta la classe dei FANS, in termini di prescrizione ed etichettatura, a meno che dati da trial clinici appropriati fornissero rassicurazioni per prodotti specifici [3].
Il Vioxx® era stato considerato sicuro dalla FDA nel 2004, ma venne ritirato più tardi in quello stesso anno dalla Merck a causa della preoccupazione di un possibile aumento del rischio cardiovascolare. Nel 2005 un giudice del Texas riconobbe alla vedova di Robert Ernst, che era morto mentre era in terapia con il farmaco, il diritto a un risarcimento di 250 milioni di dollari. In realtà la stima del rischio relativo di avere un infarto durante il trattamento con Vioxx® è variabile; gli studi controllati e randomizzati erano stati disegnati per valutare la gastroprotezione e la prevenzione degli adenomi del colon in soggetti a basso rischio cardiovascolare piuttosto che per valutare gli esiti cardiovascolari, per cui gli intervalli di confidenza sono ampi. Le metanalisi di tali trial suggeriscono circa un raddoppio del rischio di infarto del miocardio con il Vioxx® e altri inibitori selettivi della COX-2.[7,8] I dati di tali studi controllati e randomizzati sono stati messi in discussione: Curfman e colleghi[9] hanno ricalcolato i dati dello studio VIGOR[10] inserendo nel calcolo risultati in precedenza omessi per arrivare a un rischio relativo per infarto del miocardio di 5,0 per il Vioxx® rispetto al naproxene. Un approccio alternativo mostrava una sostanziale tossicità potenziale con un odds ratio per malattia coronarica grave di 1,47 per il Vioxx® alla dose ≤25 mg al giorno, e di 3,58 per il dosaggio >25 mg al giorno [11].
Circa 80 milioni di persone (età media 68 anni) hanno preso il Vioxx® nel mondo [11,12]. Le tavole di sopravvivenza attuariali negli Stati Uniti predicono che ci siano ogni anno circa 700.000 morti cardiovascolari in 80 milioni di persone tra i 65 e i 70 anni. Se il rofecoxib aumentasse la mortalità cardiovascolare di 1 morte per mille trattati in un anno [7], come emerge da una metanalisi di tutti gli studi clinici su cinque COXIB, ci sarebbe stato un eccesso di circa 80.000 morti all’anno. Questa può essere una sottostima perché i dati degli studi controllati e randomizzati vengono da popolazioni più giovani e perché gli studi più ampi inclusi nella metanalisi escludono i pazienti con malattia cardiovascolare nota. Non può essere escluso un eccesso di 2-3 milioni di eventi miocardici legati al Vioxx® negli 80 milioni di persone esposte al farmaco, in un quadro di 700.000 morti cardiovascolari attese [3]. Se si considera il beneficio modesto dei farmaci antipertensivi o dei farmaci antilipidici nel ridurre il rischio cardiovascolare, tanto che un dimezzamento di tale rischio nei soggetti che hanno di base un rischio moderato è un obiettivo irraggiungibile nei grandi trial che sono stati condotti su questi farmaci, si potrebbero ottenere migliori effetti evitando la somministrazione del Vioxx® (e di altri FANS) piuttosto che somministrando antipertensivi e anticolesterolo. Il dimezzamento infatti del rischio cardiovascolare in una popolazione di questa dimensione ed età potrebbe riguardare circa 350.000 vite. Quando i medici, che giustamente vanno orgogliosi del fatto di riconoscere e trattare i fattori di rischio cardiovascolare, prescrivono un farmaco è bene che tengano presente questa asimmetria.
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