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Venerdì, Febbraio 10, 2017
Rischio teratogeno: nuovi dati scagionano gli ACE inibitori
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Uno studio di coorte condotto dalla Harvard Medical School di Boston suggerisce che l’impiego di ACE inibitori non aumenta il rischio di malformazioni nel neonato.
I ricercatori hanno analizzato 1.333.624 gravidanze a termine con neonato vitale assistite da Medicaid. Per 4.107 (0,31%) era riportata una storia di esposizione nel primo trimestre di gravidanza alla classe di farmaci indagata. I dati grezzi hanno mostrato una differenza significativa nella prevalenza di malformazioni nel gruppo di madri esposte rispetto alle non esposte (tutte le malformazioni 5,9 rispetto a 3,3%, rischio relativo 1,82, limiti di confidenza al 95% da 1,61 a 2,06; malformazioni cardiache 3,4 rispetto a 1,2%, rischio relativo 2,95, limiti di confidenza al 95% da 2,5 a 3,47; malformazioni a carico del sistema nervoso centrale 0,27% rispetto a 0,18%, rischio relativo 1,46, limiti di confidenza al 95% da 0,81 a 2,64). Dopo aver limitato l’analisi alle gravide con ipertensione cronica in gravidanza e aver corretto per i fattori di confondimento, però, non si è confermato l’aumento del rischio di malformazioni congenite di qualsiasi natura (rischio relativo 0,89, limiti di confidenza al 95% da 0,75 a 1,06), cardiache (rischio relativo 0,95, limiti di confidenza al 95% da 0,75 a 1,21) o a carico del sistema nervoso centrale (rischio relativo 0,54, limiti di confidenza al 95% da 0,26 a 1,11).
I dati sui possibili rischi associati all’uso degli ACE inibitori in gravidanza sono controversi. Nel primo trimestre ci sono prove (con qualche risultato di segno opposto) di una discreta sicurezza, mentre nel secondo e terzo trimestre è accertata una fetotossicità.
Bateman BT, Patorno E, et al. Angiotensin-converting enzyme inhibitors and the risk of congenital malformations. Obstet Gynecol 2017;129:174-84.
e-mail ricercatore: bbateman@partners.org