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Rosiglitazone: sì o no?
A luglio di quest’anno l’FDA deciderà se ritirare o meno dal mercato il rosiglitazone.[1] Punto centrale della discussione saranno i recenti risultati dello studio RECORD2 e i fatti di una vicenda quantomeno stigmatizzabile che comincia tre anni fa e che è divenuta pubblica dopo che i documenti interni all’azienda produttrice del farmaco sono giunti alla Commissione finanze del Senato statunitense.
Ecco la storia: il 1 maggio del 2007 due ricercatori, Steven Nissen e Kathy Wolski, inviano al New England Journal of Medicine una metanalisi da cui emerge che il rosiglitazone potrebbe avere importanti effetti avversi cardiovascolari (hazard ratio di infarto del miocardio pari a 1,43, limiti di confidenza al 95% da 1,03 a 1,98); il 2 maggio l’articolo viene inviato al referaggio e il 3 maggio uno dei revisori lo trasmette via fax alla GSK, l’azienda produttrice, violando le regole di riservatezza delle riviste scientifiche, con la scritta "confidential" e "urgent". In pochi giorni il manoscritto viene visto e sezionato da più di quaranta ricercatori dell’azienda e la conclusione è chiara: "Non c’è alcun motivo per mettere in discussione i risultati presentati. FDA, Nissen e GSK arrivano tutti a conclusioni paragonabili relative a un aumento del rischio di eventi ischemici, che va dal 30% al 43%!". L’azienda decide quindi una linea difensiva per contrastare pubblicazione della revisione di Nissen. L’idea è di pubblicare un’analisi ad interim dello studio RECORD che, sulla base di dati disponibili all’azienda, darebbe invece risultati più tranquillizzanti rispetto al rischio cardiovascolare. Nel mentre l’azienda invita a un incontro Nissen che, memore di quanto accaduto a un suo collega, che sarebbe stato minacciato per aver avanzato critiche sul rosiglitazone [2], si reca all’appuntamento con un registratore e registra la discussione, compresa la parte in cui i rappresentanti dell’azienda citano un hazard ratio di 1,11 nello studio RECORD, dato che in quel momento non avrebbe dovuto essere in possesso dell’azienda perché l’azienda stessa non aveva ancora chiesto allo steering committee dello studio di approvare l’apertura della cecità per fornire i dati parziali.
Nel 2009 lo studio RECORD è stato pubblicato [3] e criticato per diversi punti deboli o poco chiari: insomma molti conti sembrano non tornare.
La lettura delle carte è davvero sconcertante e una volta di più sottolinea il problema dei conflitti d’interesse e delle forti spinte economiche implicate. Come detto all’inizio, l’FDA prenderà una decisione nel prossimo luglio, si spera mettendo al primo posto la salute dei cittadini.
Ecco la storia: il 1 maggio del 2007 due ricercatori, Steven Nissen e Kathy Wolski, inviano al New England Journal of Medicine una metanalisi da cui emerge che il rosiglitazone potrebbe avere importanti effetti avversi cardiovascolari (hazard ratio di infarto del miocardio pari a 1,43, limiti di confidenza al 95% da 1,03 a 1,98); il 2 maggio l’articolo viene inviato al referaggio e il 3 maggio uno dei revisori lo trasmette via fax alla GSK, l’azienda produttrice, violando le regole di riservatezza delle riviste scientifiche, con la scritta "confidential" e "urgent". In pochi giorni il manoscritto viene visto e sezionato da più di quaranta ricercatori dell’azienda e la conclusione è chiara: "Non c’è alcun motivo per mettere in discussione i risultati presentati. FDA, Nissen e GSK arrivano tutti a conclusioni paragonabili relative a un aumento del rischio di eventi ischemici, che va dal 30% al 43%!". L’azienda decide quindi una linea difensiva per contrastare pubblicazione della revisione di Nissen. L’idea è di pubblicare un’analisi ad interim dello studio RECORD che, sulla base di dati disponibili all’azienda, darebbe invece risultati più tranquillizzanti rispetto al rischio cardiovascolare. Nel mentre l’azienda invita a un incontro Nissen che, memore di quanto accaduto a un suo collega, che sarebbe stato minacciato per aver avanzato critiche sul rosiglitazone [2], si reca all’appuntamento con un registratore e registra la discussione, compresa la parte in cui i rappresentanti dell’azienda citano un hazard ratio di 1,11 nello studio RECORD, dato che in quel momento non avrebbe dovuto essere in possesso dell’azienda perché l’azienda stessa non aveva ancora chiesto allo steering committee dello studio di approvare l’apertura della cecità per fornire i dati parziali.
Nel 2009 lo studio RECORD è stato pubblicato [3] e criticato per diversi punti deboli o poco chiari: insomma molti conti sembrano non tornare.
La lettura delle carte è davvero sconcertante e una volta di più sottolinea il problema dei conflitti d’interesse e delle forti spinte economiche implicate. Come detto all’inizio, l’FDA prenderà una decisione nel prossimo luglio, si spera mettendo al primo posto la salute dei cittadini.
Bibliografia:
- JAMA 2010;303:1194-5. CDI #rrr#
- http://finance.senate.gov/
- Lancet 2009;373:2125-35. CDI #nnn#