FANS, polmonite ed empiema: un confronto ancora aperto
Negli ultimi vent’anni l’incremento in tutto il mondo dei casi di empiema pleurico e di polmoniti complicate in corso di infezione da Streptococcus pneumoniae ha suscitato grande attenzione epidemiologica e clinica.1 Si è assistito, infatti, all’emergere di alcuni sierotipi particolarmente invasivi e/o patogeni - in particolare i sierotipi 1, 19A, 3, 14 e 7F - non contenuti nel comune vaccino eptavalente (PCV7) e inclusi successivamente nel vaccino 13-valente, integrato con ulteriori sierotipi nel 23-valente. Le cause di questo incremento non sono del tutto chiare. L’ipotesi di una progressiva selezione positiva esercitata dal PCV7 nei confronti di ceppi prima epidemiologicamente marginali è stata messa in dubbio dall’osservazione di un aumento delle forme invasive da sierotipo 1 già prima dell’introduzione del PCV7 in Spagna.2 E’ stata avanzata anche l’ipotesi che il crescente utilizzo dei FANS - e dell’ibuprofene in particolare - in corso di infezioni respiratorie o di polmoniti potrebbe favorire una maggiore invasività batterica e, quindi, lo sviluppo di empiema.3-7 La possibilità che l’ibuprofene influisse negativamente sul decorso di alcune infezioni batteriche era già stata indagata nel bambino, soprattutto in relazione al rischio di fascite necrotizzante da streptococco di gruppo A in corso di varicella (rischio relativo 4,9) o di zoster (rischio relativo 1,6) o, quantomeno, al rischio di infezioni invasive in corso di trattamento combinato con ibuprofene e paracetamolo.8,9
E’ del 2002 una delle prime segnalazioni che, partendo dall’evidenza di un forte incremento dell’incidenza di empiema tra i bambini ricoverati per polmonite, cercava di individuare alcuni fattori di rischio non esclusivamente microbiologici.3 Tra questi, una correlazione significativa con l’evoluzione in empiema si aveva per: pregressa varicella (odds ratio 14,0), ≥7 giorni di febbre prima del ricovero (odds ratio 6,4), età ≥3 anni (odds ratio 4,0), presenza di dolore toracico (odds ratio 2,0) e somministrazione a domicilio di ceftriaxone (odds ratio 3,3) o ibuprofene (odds ratio 4,0). L’interpretazione ragionevole di questi dati è che il ceftriaxone a basso dosaggio e in singola somministrazione intramuscolare e l’ibuprofene per il trattamento della febbre abbiano in certa misura mascherato l’evoluzione della polmonite ritardando la diagnosi e il trattamento dell’empiema. Più o meno alle stesse conclusioni giunge uno studio su soggetti adulti: chi aveva utilizzato FANS a domicilio aveva una più alta incidenza di empiema e ascesso polmonare (37,5% rispetto a 7%, odds ratio 8,1) e, se non era stato impiegato contemporaneamente l’antibiotico, un rischio maggiore (odds ratio 3,8) di malattia invasiva (batteriemia o empiema).6 Anche qui gli autori ipotizzano un’interferenza dei FANS nella compartimentalizzazione dell’infezione nelle sue fasi iniziali (modificazione della funzionalità dei neutrofili e dei macrofagi alveolari, alterazione dei processi infiammatori legati ai derivati dell’acido arachidonico) e un effetto “cosmetico” sullo stato di benessere che finirebbero con il ritardare il corretto inquadramento della complicanza. Osservazioni successive, sempre in ambito pediatrico, confermano una certa associazione tra l’utilizzo a domicilio dell’ibuprofene per il controllo della febbre e del malessere e la successiva evoluzione della polmonite in forme complicate.4,5 Quando si è isolato il patogeno responsabile, nel 50-70% dei casi si trattava di uno Streptococcus pneumoniae e, con minore frequenza, di altri batteri tra cui streptococchi di gruppo A, Staphylococcus aureus, fusobatteri, virus o infezioni miste. Infine, un maggiore rischio di empiema (odds ratio 2,79) è stato segnalato anche in un recente studio multicentrico caso-controllo in bambini trattati con FANS in corso di virosi respiratoria acuta.10
Le evidenze di un ruolo causale dei FANS nelle forme complicate di polmonite non sono forti, ma meritano attenzione perché esiste un razionale sperimentale e farmacologico che attribuisce ai FANS un effetto deprimente su alcune importanti funzioni dei neutrofili (chemiotassi, adesione, aggregazione, degranulazione) e di inibizione della sintesi delle prostaglandine.8 Tutto questo porrebbe le basi per un relativo stato di immunosoppressione che favorirebbe l’invasività dei patogeni. Al contrario, la febbre innalza le difese immunitarie e riduce la replicazione di virus e batteri e molti sierotipi di Streptococcus pneumoniae sono termosensibili e non sopravvivono a temperature attorno a 40-41°C. Ruolo e trattamento della febbre nel bambino sono ancora oggi oggetto di interessanti riflessioni.11 I possibili bias di osservazione sono comunque molteplici in tutti gli studi riportati e riguardano i tempi e il dosaggio di somministrazione dei FANS, il concomitante impiego a domicilio di antibiotici di tipo e a dosi diverse, i tempi e i criteri diagnostici utilizzati per rilevare le complicanze e, infine, il tipo (o eventuale sierotipo) del patogeno individuato. L’evidente correlazione tra incremento delle vendite di formulazioni pediatriche di ibuprofene e casi di polmonite complicata riportata in Francia (vedi figura) è piuttosto suggestiva anche se non necessariamente causale.4
Figura. Andamento delle vendite di confezioni pediatriche di ibuprofene e numero di casi di polmonite complicata (Isére, Francia) (modificato da rif. 4).
- Eur J Clin Microbiol Infect Dis 2014;33:879-910 CDI
- Clin Microbiol Infect 2011;17:1441-4 CDI
- Clin Infect Dis 2002;34:434-40 CDI NS
- Acta Paediatr 2010;99:861-6 CDI
- Pediatr Pulmonol 2015;50:721-6 CDI
- Chest 2011;139:387-94 CDI
- BMJ Case Rep 2013;DOI:10.1136/bcr-2013-200544
- Br J Clin Pharmacol 2007;65:203-9
- Pediatrics 2001;107:1108-15 CDI NS
- J Pediatr 2016;175:47-53
- Arch Dis Child 2015;100:818-20 CDI
ed Enrico Valletta, UO di Pediatria, Ospedale GB Morgagni – L. Pierantoni, AUSL della Romagna, Forlì