Piante e farmaci: amici, nemici o alleati nel cancro?
Il tema delle interazioni tra farmaci oncologici e prodotti naturali è stato recentemente al centro di due incontri con i pazienti oncologici ambulatoriali nell’ambito del Progetto Convivio presso l’Unità di Oncologia della Azienda Ospedaliera di Verona e di un evento su alimentazione e cancro tenutosi all’EXPO nel padiglione Tuberi e Cereali nel mese di settembre 2015. Nel caso del Progetto Convivio, che prevede una serie di attività su tematiche di ambiti diversi svolte con l’ausilio di persone esperte, erano stati proprio i pazienti a chiedere un approfondimento sull’argomento “erbe e farmaci” e uno sguardo alla letteratura sottolinea che si tratta di una questione rilevante non solo all’estero ma anche nel nostro paese.
Da uno studio pubblicato nel 2011 basato su una raccolta di quasi 300 questionari in Piemonte emerge che un paziente oncologico su tre usa erbe, in particolare aloe, e uno su cinque usa supplementi a base di vitamine;1 mentre un’altra ricerca italiana in pazienti con leucemia linfocitica cronica rivela che il 65% dei pazienti ricorre a medicine complementari e che tè verde e aloe sono i rimedi più usati2. A parte la dimensione del problema, colpisce il fatto, comune nelle due indagini, che solo pochi pazienti parlino di questo con l’oncologo, in parte perché l’oncologo non chiede ma anche perché temono di essere scoraggiati nell’uso di erbe.
Una distinzione fondamentale è tra l’utilizzo delle erbe come antitumorali oppure come integrazione alle cure, anche se non sempre è facile tracciare questa linea di confine, dato che prevale il pensiero “tanto male non fa” e c’è sempre la speranza di un effetto “miracoloso”. Speranza alimentata da articoli su giornali dai titoli a effetto e fuorvianti, che presentano le piante (a volte anche di uso comune) come possibili rimedi contro i tumori, alla luce di dati derivati da ricerche sperimentali sulla potenziale attività su linee cellulari tumorali.
Grazie all’enorme amplificatore dei social network e attraverso il passaparola nascono quindi le domande dei pazienti. Ma lo zenzero o la curcuma o i più tradizionali aglio e cipolla sono efficaci contro i tumori? No, non sono efficaci ma alcuni studi hanno mostrato l’efficacia dello zenzero sulla prevenzione di nausea e vomito (post operatorio, da chemioterapia, da farmaci anti HIV, in gravidanza) ed è in corso in Italia uno studio randomizzato in doppio cieco su 250 pazienti in terapia con cisplatino utilizzando un estratto di zenzero o placebo, coordinato dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.3
Altri studi hanno mostrato che la curcuma, nota per le sue proprietà antinfiammatorie e analgesiche e utilizzata nella medicina tradizionale cinese e ayurvedica, può ridurre gli effetti collaterali dei chemioterapici (per esempio gastrointestinali) e migliorare la qualità di vita.4
Altre prove preliminari da studi caso-controllo indicano che l’assunzione di elevate quantità di aglio e cipolla potrebbero ridurre il rischio di tumore allo stomaco, secondo una metanalisi pubblicata nel 2015 da epidemiologi dell’Istituto Mario Negri di Milano.5
Si può quindi fino a qui affermare che piante e farmaci possono essere amici o alleati, ma attenzione: non tutto ciò che è naturale è innocuo. Vi sono specie di piante tossiche, nell’ambito della stessa specie possono esistere alcuni generi tossici e nella stessa pianta possono essere tossiche alcune parti e altre no. Della borragine per esempio si possono usare i semi ed estrarne l’olio, mentre nelle foglie e nei fiori sono contenuti alcaloidi epatotossici, così come nelle foglie dei pomodori.
Infine le erbe possono interferire con l’azione dei farmaci che il paziente sta assumendo? Questo è un capitolo in gran parte sconosciuto, anche se oggi sappiamo che alcune erbe possono aumentare o diminuire l’assorbimento e il processo di trasformazione di farmaci nel nostro organismo. Per esempio prodotti di uso assai comune come iperico e gingko sono degli induttori di alcuni isoenzimi della famiglia dei citocromi e possono aumentare il metabolismo di farmaci antitumorali, diminuendone l’efficacia, mentre pompelmo e aglio sono inibitori dei citocromi e potrebbero avere conseguenze opposte. Tutte ricerche in vitro, ma quali di queste si traducono in interazioni clinicamente rilevanti una volta assunte? Finora ci sono poche informazioni, ma ciò non significa che il problema sia poco rilevante, quanto che è sicuramente poco studiato.
Riguardo ai farmaci oncologici alcuni dati in vitro e osservazioni cliniche vanno nella stessa direzione, come l’induzione del CYP3A4 da parte dell’iperico e la corrispondente diminuzione dei livelli ematici di irinotecan ed etoposide; in altri casi il dato in vitro non si traduce in una evidenza clinica.6
Dal momento che siamo solo all’inizio della comprensione delle interazioni tra farmaci oncologici e preparati a base di piante, una chiara e “coraggiosa” comunicazione tra il paziente e il medico è indispensabile sia per ottenere nuove informazioni ma soprattutto per evitare rischi o danni.
- Qual Life Res 2011;20:683-90. CDI
- Leukemia Lymphoma 2014;55:841-7.
- https://clinicaltrials.gov/ct2/show/record/NCT01887314?term=ginger+Italy&rank=1
- Phytother Res 2014;28:1461-7. CDI
- Mol Nutr Food Res 2015;59:171-9. CDI
- Cancer Treat Rev 2013;39:773-83. CDI
1 Centro FV Veneto
2 Università degli Studi di Firenze