Reazioni avverse da automedicazione: curarsi fa bene?
Il ricorso all’automedicazione nasconde rischi di interazioni o reazioni avverse delle quali il paziente è praticamente ignaro
Non sempre curarsi fa bene, e non si parla soltanto di terapie farmacologiche assunte a sproposito perché residue di vecchie prescrizioni, oppure interrotte o modificate in maniera arbitraria e inappropriata, ma anche dei farmaci di automedicazione o del fai-da-te. La medicina moderna non di rado è eccessiva e, sempre più spesso, porta all’assunzione di farmaci anche senza chiare indicazioni prescrittive.
I problemi legati all’assunzione dei farmaci rappresentano un’importante causa di morbilità e mortalità, e costituiscono un notevole onere per le risorse sanitarie. Diversi studi hanno mostrato un alto tasso di reazioni avverse ai farmaci nei pazienti ospedalizzati,1-4 tuttavia solo un recente studio5 ha fornito dati sul tasso di reazioni avverse direttamente correlate all’automedicazione.
Controindicato il fai-da-te
Lo studio prospettico, della durata di otto settimane, condotto nelle Unità operative di Pronto soccorso di undici ospedali universitari francesi, ha coinvolto tutti i pazienti adulti che avevano fatto un uso arbitrario di farmaci, prescritti o meno. Nello specifico, facendo riferimento alla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità secondo cui “l’automedicazione è la selezione e l’uso di farmaci per trattare sintomi e malattie autodiagnosticate dal soggetto”, gli autori della ricerca hanno incluso tutti i pazienti che, accedendo al Pronto soccorso e rispondendo a un questionario, rientravano in una delle seguenti categorie:
- assunzione di farmaci senza prescrizione (SOP o OTC, farmaci residui da vecchie prescrizioni o prescritti per un’altra persona);
- modificazione arbitraria della terapia farmacologica;
- interruzione arbitraria della terapia farmacologica.
Su 4.661 pazienti intervistati, 3.027 rientravano nei criteri di inclusione con un’età mediana di 43 anni; il 53,5% erano donne, 16 delle quali in gravidanza. Tra i 3.027 pazienti inclusi, il 59,9% dichiarava di assumere almeno un farmaco e il 63,7% rientrava nei criteri dell’automedicazione durante le due settimane precedenti la compilazione del questionario. Dal punto di vista farmaceutico, sul totale di 11.724 farmaci dichiarati, il 32,5% (n=3.848) è stato assunto secondo i parametri dell’automedicazione stabiliti e, tra questi, i più frequenti erano gli analgesici (n=2.184, 75%). Tra i farmaci implicati nell’automedicazione, erano più spesso coinvolti i SOP o gli OTC (50,5%) rispetto ai farmaci derivanti da una prescrizione precedente (19,9%) o condizionata (14,5%) e rispetto ai farmaci ottenuti tramite Internet (1,2%) o altra fonte (6,5%). Per quanto riguarda il tasso di reazioni avverse registrato, il 9,8% (n=296) ha avuto una reazione avversa, che era correlabile ai criteri dell’automedicazione solo in 52 casi (1,72%). Le reazioni avverse legate a SOP e OTC riguardavano l’1% di tutti i soggetti che hanno dichiarato di assumere questo tipo di medicine (n=1.927). La giovane età e l’appartenenza del farmaco al gruppo terapeutico N (Sistema Nervoso Centrale) sono risultati fattori indipendenti associati alle reazioni avverse collegate all’automedicazione. Gli psicolettici e gli analgesici, infatti, sono stati i gruppi terapeutici maggiormente coinvolti e le più frequenti reazioni avverse da automedicazione sono state neurologiche e psichiatriche. È confortante il risultato dello studio secondo cui il tasso di reazioni avverse legate all’automedicazione è relativamente basso: 17,6% dei pazienti che hanno avuto almeno una reazione avversa (52/296) ovvero 1,7% della popolazione in studio (52/3.027) oppure 2% dei pazienti rispondenti ai criteri dell’automedicazione (52/2.556). Tuttavia, i dati emersi da questa ricerca mostrano che il rischio di reazioni avverse, talvolta anche gravi con ospedalizzazione (36,5%, limiti di confidenza al 95% da 24,5 a 50,1), dovrebbe essere ben pesato rispetto ai benefici che si potrebbero trarre dall’automedicazione. I SOP e gli OTC, infatti, sono farmaci utili, facilmente accessibili a tutti i cittadini e rappresentano importanti strumenti immediatamente disponibili. Il loro consumo è scarsamente controllabile anche perché la pubblicità e le operazioni di marketing messe in atto dalle aziende farmaceutiche “aggrediscono” i consumatori, aumentando notevolmente l’appetibilità dei farmaci che sono vendibili senza controllo del medico, ma la cui assunzione comporta comunque dei rischi anche di interazione con altri farmaci, cibi e bevande. Un uso incontrollato di queste categorie di farmaci, unitamente a una terapia a base di farmaci con obbligo di prescrizione medica ma inappropriata o non aderente perché decisa in modo arbitrario proprio dal singolo cittadino, aumenta il rischio di reazioni avverse.
Che cosa si può fare
Sarebbe utile e importante tracciare l’uso dei farmaci dopo che le reazioni avverse sono state adeguatamente rese note, al fine di assicurare i più idonei interventi regolatori. I cittadini molto spesso sono ignari delle conseguenze derivanti dall’automedicazione, anche in termini di costi sanitari. Occorre operare in una logica di gestione del farmaco integrata tra personale sanitario e cittadini, per incrementare la consapevolezza che non sempre curarsi con il fai-da-te fa bene, che la consulenza medica non andrebbe evitata in nessuna circostanza, che l’assunzione di SOP e OTC non è immune da rischi e che una terapia farmacologica appropriata e aderente è fondamentale alla cura stessa.
- JAMA 1998;279:1200-5. CDI NS
- Brit Med J 2004;329:15-9. CDI
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- N Engl J Med 2011;365:2002-12. CDI
- Drug Saf 2013;36:1159-68. CDI
Università di Bologna, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Unità di Farmacologia Clinica e Sperimentale