Indicatori di qualità della prescrizione farmacologica
Il trattamento farmacologico dell’anziano con patologie croniche è certamente un problema rilevante.1 I dati forniti dal rapporto OsMed confermano come l’età sia il principale fattore che influenza l’utilizzo di farmaci nella popolazione con una spesa media pro capite per un sessantacinquenne di 11 volte superiore rispetto a una persona tra i 25 e i 34 anni.
Polipatologia, mancata revisione periodica della terapia, eccesso di automedicazioni ed errori di assunzione concorrono a determinare l’uso di un elevato numero di farmaci e un rischio di possibili interazioni farmacologiche e reazioni avverse.2 L’utilizzo appropriato di farmaci è quindi una delle maggiori sfide della geriatria clinica. Dal 1991 diversi gruppi di studio hanno cercato di elaborare strumenti finalizzati a identificare i farmaci potenzialmente inappropriati3; tra questi i criteri di Beers negli Stati Uniti e i criteri STOPP/START in Irlanda e Regno Unito.4,5 In Italia, il Geriatric Working Group dell’Agenzia Italiana del Farmaco ha sviluppato un set di indicatori utili a valutare la qualità della prescrizione farmacologica negli ultrasessantacinquenni.6 Dapprima attraverso un’ampia revisione della letteratura scientifica si è giunti all’identificazione di molteplici classi di inappropriatezza prescrittiva; nell’ambito di ciascuna classe sono stati delineati diversi indicatori e di questi selezionati solo quelli riguardanti prescrizioni di farmaci rimborsati dall’SSN, la cui prevalenza è stata valutata mediante l’analisi della banca dati dell’OsMed, che raccoglie dati sui farmaci di fascia A dispensati sul territorio nazionale (oltre 500 milioni di prescrizioni ogni anno). Il gruppo di lavoro, sulla base della rilevanza clinico epidemiologica e della disponibilità di dati sugli effetti dell’indicatore in questione ne ha definiti 13 (tabella 1). Per ciascun indicatore è stata elaborata una scheda descrittiva revisionata da esperti di farmacoepidemiologia nazionali. Polifarmacoterapia, aderenza alla terapia, cascata prescrittiva, sottotrattamento, interazione farmacologica e farmaci da evitare sono le 6 categorie che li racchiudono.
Indicatore | Prevalenza (età >65anni) n=12.301.537 (%) |
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1. Polifarmacoterapia (≥10 farmaci) | 1.389.591 (11,3) |
2. Bassa aderenza antidepressivi | 201.290 (63,9) |
3. Bassa aderenza antipertensivi | 179.975 (46,4) |
4. Bassa aderenza ipoglicemizzanti | 92.017 (63,0) |
5. Bassa aderenza antiosteoporotici | 56.621 (52,4) |
6. Uso di farmaci anti Parkinson e antipsicotici | 25.949 (0,2) |
7. Mancato utilizzo di statine in diabetici | 918.662 (53,4) |
8. Farmaci che aumentano il rischio sanguinamento | 22.174 (0,2) |
9. Farmaci che aumentano il rischio di insufficienza renale | 85.412 (0,7) |
10. Uso di 2 o più farmaci che allungano il QT | 36.359 (0,3) |
11. Uso di farmaci antipertensivi con sfavorevole profilo rischio-beneficio | 196.690 (1,6) |
12. Digossina ad alto dosaggio (>0,125 mg/die) | 47.314 (0,4) |
13. Uso di ipoglicemizzanti orali ad alto rischio ipoglicemia | 87.755 (0,7) |
La polifarmacoterapia è risultata essere un fenomeno molto comune, con circa l’11% della popolazione anziana (circa 1,4 milioni di persone sul territorio nazionale) che riceve contemporaneamente 10 o più farmaci. Tra i fenomeni prescrittivi rilevanti è emersa la scarsa aderenza alla terapia: una bassa aderenza alla terapia con antidepressivi, antipertensivi, antidiabetici, antiosteoporotici è stata riscontrata in percentuali comprese tra il 46% e il 64%. Meno comune è invece il fenomeno della cascata prescrittiva (mancato riconoscimento di un effetto avverso di un farmaco che viene interpretato come sintomo di patologia emergente e determina nuove prescrizioni farmacologiche) con circa lo 0,2% della popolazione che assume antipsicotici e antiparkinsoniani. Rilevante si è dimostrato il fenomeno delle interazioni farmacologiche. L’uso concomitante di farmaci che aumentano il rischio di insufficienza renale (ACE inibitori, spironolattone e FANS) è stato riscontrato nello 0,7% della popolazione, l’uso di farmaci che aumentano il rischio emorragico (FANS, antiaggreganti e anticoagulanti) nello 0,2% e l’uso di 2 o più farmaci con provato effetto di allungamento del QT nello 0,3%. Assai rilevante si è dimostrato anche l’uso di farmaci ‘da evitare’, come alcuni antipertensivi (1,6% della popolazione generale; 2,5% della popolazione ipertesa), la glibenclamide e la clorpropamide (0,7% della popolazione generale; 5,1% della popolazione diabetica) e la digitale ad alto dosaggio (0,4% della popolazione). Comune era anche il sottotrattamento ovvero il mancato impiego di farmaci per cui sono stati identificati chiari effetti benefici nel trattamento di una patologia (mancato impiego di statine nel paziente con diabete, riscontrato nel 53,4% dei casi).
In conclusione, la rilevanza di questi dati è legata non solo all’identificazione di indicatori di qualità della prescrizione farmacologica, ma anche al fatto che tali indicatori sono per la prima volta applicati sull’intera popolazione anziana nazionale. I risultati di tale rilevazione suggeriscono chiaramente la necessità di una costante revisione complessiva e integrata del paziente al fine di garantire sempre l’appropriatezza prescrittiva.
- J Am Acad Nurse Pract 2005;17:123-32. CDI
- J Am Geriatr Soc 2002;50:1962-8. CDI
- JAMA 2005;293:1348-58. CDI
- J Am Geriatr Soc 2012;60:616-31. CDI
- Int J Clin Pharmacol Ther 2008;46:72-83.
- J Gerontol Biol Sci Med Sci 2014;69:430-7. CDI
1 Centro Medicina dell’Invecchiamento, Policlinico A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
2 III Geriatria, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Verona