Le discrepanze tra studi osservazionali e studi controllati e randomizzati
I principali tipi di studio con cui è possibile valutare i trattamenti sono gli studi controllati e randomizzati e gli studi osservazionali. Nei primi i partecipanti vengono assegnati casualmente, attraverso la randomizzazione, a un trattamento o a un gruppo di controllo, così da ridurre errori o distorsioni. In questomodo l’obiettivo è che l’unica differenza tra i gruppi a confronto sia dovuta al trattamento. Al contrario, negli studi osservazionali non è prevista la randomizzazione, ma si osservano le differenze negli esiti che si verificano dopo che le decisioni di effettuare un determinato trattamento sono già state prese.
Sebbene gli studi controllati e randomizzati siano considerati migliori degli osservazionali per valutare l’efficacia dei trattamenti, le metanalisi che hanno confrontato i risultati di studi controllati e randomizzati e studi osservazionali su diverse tipologie di intervento non hanno evidenziato in modo sistematico grosse differenze nelle stime dell’effetto del trattamento tra i due disegni di studio.1-3
Per esempio per l’associazione fra il trattamento dell’ipertensione e il primo episodio di ictus, le stime complessive fornivano un rischio relativo di 0,58 (limiti di confidenza al 95% da 0,50 a 0,67) per gli studi controllati e randomizzati e un odds ratio di 0,62 (limiti di confidenza al 95% da 0,60 a 0,65) per gli studi osservazionali.
Gli studi osservazionali tendono con maggiore frequenza, rispetto agli studi controllati e randomizzati, sia a sovrastimare gli effetti del trattamento sia ad avere una maggiore variabilità nelle stime dell’effetto a causa del confondimento residuo. In generale, le stime dell’efficacia dei trattamenti ottenute attraverso studi controllati e randomizzati o studi osservazionali risentono in modo significativo della qualità del disegno dello studio. Fondamentale per esempio negli studi controllati è il corretto processo di randomizzazione; se la randomizzazione non è adeguata si ha una sovrastima dell’effetto del trattamento.4,5
Il confronto tra studi
Sebbene gli studi controllati e randomizzati siano preferibili nel caso in cui si debbano fornire le prove dell’efficacia dei trattamenti (e tutte le agenzie regolatorie richiedono questi studi all’atto della registrazione), le cose diventano più complesse quando è necessario approfondire il rischio di effetti avversi degli interventi. E’ noto che vi è unamancanza di dati provenienti da studi controllati e randomizzati relativi agli effetti avversi; inoltre, gli studi controllati e randomizzati spesso non hanno campioni di popolazione sufficientemente grandi, o non hanno follow up adeguati per identificare effetti avversi rari o che si verificanomoltimesi/anni dopo l’intervento, oppure ancora la qualità dei dati di sicurezza raccolti all’interno degli studi controllati e randomizzati non è buona. Inoltre la generalizzabilità dei risultati degli studi controllati e randomizzati è limitata perché sono sovente escluse le popolazioni di pazienti ad alto rischio di eventi avversi, le popolazioni fragili o i pazienti con comorbilità multiple.6,7 Proprio per superare questi limiti, nella fase di valutazione del profilo di sicurezza di un intervento ci si trova a utilizzare (e valutare) una grande quantità di dati provenienti anche da studi osservazionali. Anche nel campo della sicurezza degli interventi sono state condottemetanalisi per confrontare i dati relativi a effetti avversi ottenuti da studi controllati e randomizzati o da studi osservazionali. Le prove indicano che, in media, ci sono poche differenze tra le stime dei rischi di eventi avversi per determinati interventi quando si utilizzano studi controllati e randomizzati o studi osservazionali; in particolare nel caso degli effetti avversi che sono spesso poco frequenti (o rari) l’imprecisione nelle stime dei rischi potrebbe non riflettere differenze reali tra le stime ottenute da studi controllati e randomizzati o studi osservazionali e pertanto, in tal caso, potrebbe essere più utile concentrarsi sulla sovrapposizione degli intervalli di confidenza piuttosto che sulla variazione dell’entità delle stime (si arriva così a intervalli di confidenza sovrapposti tra studi controllati e randomizzati e studi osservazionali in oltre il 90% dei casi).8,9
Le conclusioni divergenti
Ma non è sempre così e ci sono alcuni casi rilevanti in cui studi controllati e randomizzati e studi osservazionali arrivano a conclusioni divergenti e in tal caso vi è la necessità di esaminare gli studi in modo più ravvicinato per capire quali sono i principali limiti. Un esempio è quello della terapia ormonale sostitutiva nelle donne in menopausa raccomandata negli anni 2000 sulla base di prove provenienti da studi osservazionali. Nel 2002 i risultati di uno studio controllato e randomizzato condotto su oltre 16.000 donne inmenopausa randomizzate a ricevere la terapia ormonale o il placebo ha cambiato la pratica clinica.10 Lo studio dimostrava un aumento di rischio di cardiopatie coronariche, tumore dellamammella, tromboembolismo venoso e ictus per le donne trattate. Imotivi della discrepanza possono essere ricondotti da un lato a fattori confondenti di cui non si è tenuto conto in fase di analisi degli studi osservazionali (attività fisica, fumo, scolarizzazione, reddito) ritenuti correlati all’esito da osservare. Un ulteriore motivo che ha generato la discrepanza nei risultati per le coronaropatie è costituito dall’analisi del tempo di esposizione alla terapia ormonale. Infatti, negli studi controllati e randomizzati il rischio di coronaropatie sembra essere più elevato durante il primo anno di trattamento per poi ridursi successivamente. Negli studi osservazionali non si è tenuto conto del fatto che le donne considerate in trattamento avevano iniziato la terapia in passato e quindi, quando sono entrate nello studio, erano già in un periodo di minor rischio di coronaropatia da terapia ormonale. Quando i dati degli studi osservazionali sono aggiustati per il tempo di esposizione le stime di rischio per le coronaropatie ottenute da studi controllati e randomizzati e studi osservazionali diventano simili.11
Un caso diverso chiarisce invece come i risultati provenienti dagli studi osservazionali possano aggiungere informazioni rilevanti per confermare le prove provenienti da studi controllati e randomizzati: è il caso del rischio cardiovascolare da FANS. Le prove che si basano su studi controllati e randomizzati sono costituite da pochi casi di eventi cardiovascolari e sono relative solo ad alcuni FANS e a popolazioni di pazienti selezionati. Una revisione sistematica condotta utilizzando solo studi osservazionali fornisce un profilo completo sui rischi cardiovascolari da FANS poiché viene incluso un ampio spettro di FANS somministrati a dosi diverse in una popolazione che è quella della pratica clinica. I risultati correlano strettamente con quelli provenienti dagli studi controllati e randomizzati, ma mettono anche in luce che non sembra esserci un minor rischio di eventi cardiovascolari per i FANS se usati a basse dosi.12
Appare evidente quindi che per una corretta interpretazione dei risultati provenienti da un qualunque tipo di studio è necessario effettuare una attenta valutazione della qualità e dei metodi per l’analisi dei dati. Va ricordato che se gli studi osservazionali sono soggetti a un maggior rischio di errore per via del confondimento residuo, è anche vero che esistono una serie di tecniche statistiche (matching, propensity score, aggiustamento per i fattori di rischio) che, se applicate correttamente, permettono il controllo dei fattori di confondimento e quindi stime dei rischi più accurate.
Finora abbiamo discusso delle differenze (o della concordanza) dei risultati ottenuti tra diversi disegni di studio per un determinato intervento. Questo è possibile ovviamente quando abbiamo a disposizione più di uno studio controllato e randomizzato e più di uno studio osservazionale che provano a rispondere a un determinato quesito clinico; pertanto, a posteriori è possibile accorgersi delle differenze, rianalizzare i dati e fornire le interpretazioni più appropriate. Molto più complesso è il caso in cui si abbia a disposizione solo uno studio controllato e randomizzato o solo uno studio osservazionale sulla base del quale bisogna prendere una decisione; in questo caso rimane un livello inevitabile di incertezza dovuta alla mancanza di possibilità di confrontare i dati ottenuti in diverse popolazioni e con diversi disegni. Per limitare l’incertezza e prendere decisioni che possano essere supportate da prove valide è necessario andare verso la replicazione degli studi, rispondendo a un quesito clinico relativo alla sicurezza o efficacia dei trattamenti attraverso la conduzione di più di uno studio adottando, ove possibile, diversi disegni di studio.
“Le opinioni espresse dall’autore sono personali e non riflettono necessariamente quelle dell’istituzione di appartenenza”.
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Francesco Trotta
Ufficio di Farmacovigilanza, Agenzia Italiana del Farmaco