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Lunedì, Gennaio 20, 2020

Testosterone e tromboembolia venosa

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Il trattamento con testosterone aumenta il rischio a breve termine di tromboembolia venosa negli uomini indipendentemente dal fatto che siano stati trattati per ipogonadismo.

La notizia proviene da uno studio case-crossover statunitense, che ha analizzato i dati di 39.622 uomini tra i 18 e i 99 anni, 3.110 dei quali con ipogonadismo.

Per essere inclusi nello studio, i partecipanti dovevano aver completato almeno 12 mesi di follow up e non essere affetti da patologie oncologiche. In questo studio ogni individuo con tromboembolia venosa serviva come autocontrollo. Sono stati definiti come periodi di esposizione dei casi quelli di 6 mesi, 3 mesi e un mese prima della tromboembolia, e periodi di esposizione dei controlli i periodi equivalenti di 6, 3 e 1 mese, iniziando da 6 mesi prima dell’episodio di tromboembolia venosa.

La prescrizione di testosterone raddoppiava il rischio di tromboembolia venosa rispetto ai controlli sia nei pazienti affetti da ipogonadismo (odds ratio a 6 mesi 2,32, limiti di confidenza al 95% da 1,97 a 2,74) sia in quelli senza ipogonadismo (odds ratio a 6 mesi 2,02, limiti di confidenza al 95% da 1,47 a 2,77). Il rischio maggiore si aveva nei primi tre mesi di terapia specie nei soggetti più giovani.

I risultati di questo studio invitano a prestare attenzione nella prescrizione di testosterone, per l’aumento di rischio nei minori di 65 anni, che per sintomi comuni legati al naturale progredire dell’età prendono in considerazione la terapia con testosterone. 

Walker R.F., Zakai N.A. et al. Association of testosterone therapy with risk of venous thromboembolism among men with and without hypogonadism. JAMA Intern Med 2019. DOI:10.1001/jamainternmed.2019.5135.

80.211.154.110