Si fa chiarezza sull’osteonecrosi del mascellare
Non più solo bifosfonati, come all’inizio, ma anche denosumab e farmaci antiangiogenetici, sono diversi i principi attivi associati all'osteonecrosi del mascellare, ma occorre distinguere la forma più rara e di solito non grave nei pazienti con osteoporosi da quella più frequente e grave nei pazienti con tumore
Lo scopo di questa articolo è quello di aggiornare i lettori sulle novità su questo argomento ma soprattutto quello di delineare con maggior chiarezza possibile alcuni aspetti fondamentali che contraddistinguono l’osteonecrosi del mascellare in ambito oncologico e nell’ambito dell’osteoporosi.
Le differenze di incidenza, di fattori di rischio, di quadro clinico e di gestione sono tali da condizionare profondamente le raccomandazioni delle linee guida relative alla prevenzione e al trattamento. Ciononostante nella pratica clinica tutti i pazienti che assumono, con diverse indicazioni e posologie, inibitori del riassorbimento osseo (bisfosfonati e denosumab) vengono considerati allo stesso livello di rischio di osteonecrosi del mascellare, per il solo fatto di utilizzarli.
I bisfosfonati ed il denosumab vengono prescritti in oncologia, in quanto molto efficaci nel prevenire le complicanze nella malattia metastatica dello scheletro, e nell’osteoporosi per la riduzione del rischio di frattura. Tuttavia le differenze tra le due condizioni d’uso sono oggi così macroscopicamente evidenti (dosi e schemi di somministrazione, terapie e condizioni cliniche concomitanti, tipo di patologia orale) da non rendere più giustificato un atteggiamento superficiale e indiscriminato (vedi tabella).
Definizione, patogenesi e quadri clinici
La definizione di osteonecrosi del mascellare prevede la presenza di tre criteri:
A) un area di osso esposto nel cavo orale a livello mascellare/mandibolare, che non guarisce dopo 8 settimane dall’identificazione da parte di personale sanitario, B) in soggetti che sono in terapia o hanno assunto bifosfonati o denosumab e C) non sono mai stati trattati con terapia radiante nella regione capo-collo”.1
Questa recente definizione inserisce, rispetto al passato, anche il denosumab e verrà aggiornata a breve per il riscontro di osteonecrosi del mascellare associata anche all’uso di agenti anti angiogenetici.1-2 Va segnalato che rari casi di osteonecrosi del mascellare si verificano anche nella popolazione mai trattata con bifosfonati, denosumab o farmaci anti angiogenetici e che c’è un elenco di patologie del cavo orale che entrano in diagnosi differenziale con l’osteonecrosi del mascellare. La natura di questa condizione è, in sintesi, riconducibile a una osteomielite cronica generalmente sostenuta da batteri della flora microbica orale (Actinomyces, ma anche stafilococchi, streptococchi e candida) che porta a necrosi il tessuto osseo, alla sua esposizione, con scarsa tendenza al sequestro. La patogenesi è complessa e multifattoriale e la sequenza è variamente definita.2-3 Non è un effetto necrotico/tossico diretto dei farmaci, ma l’inibizione protratta dell’attività osteoclastica e dell’angiogenesi, i deficit immunitari innati o acquisiti e gli interventi odontoiatrici invasivi espongono all’infezione.
Il quadro clinico è stato originariamente raggruppato in 3 stadi in base alla presenza di osso esposto ma senza dolore e segni di infezione (stadio 1), con dolore e segni di infezione (stadio 2) e alla comparsa di fistolizzazione, frattura e osteolisi (stadio 3). Recentemente è stato proposto uno stadio 0, caratterizzato da alcuni sintomi e alcune alterazioni radiologiche in assenza di osso esposto. Questo stadio “preclinico” non trova ancora unanime consenso e accettazione nella linee guida specialistiche.1,2,4 A ogni stadio corrisponde un livello di trattamento che va dal follow up allo stadio 0, ai colluttori e agli antibiotici nello stadio 1-2 fino a curettage e resezione chirurgica nello stadio 3. La gran parte dei casi di osteonecrosi del mascellare nei pazienti con osteporosi è collocabile allo stadio 0-1 mentre quelli con osteonecrosi del mascellare in pazienti oncologici sono in stadio 2-3.5
Tabella - Principali differenze epidemiologiche, di fattori di rischio e cliniche tra osteonecrosi del mascellare nei pazienti con osteoporosi e nei pazienti con tumore
Osteonecrosi del mascellare | ||
---|---|---|
Pazienti con osteoporosi | Pazienti con tumore | |
Incidenza | 0,01-0,15% pazienti/anno | 0,7-1,9% pazienti/anno |
Durata mediana della terapia con bifosfonati | >4 anni | 15-18 mesi |
Dose di acido zoledronico | 5 mg/anno | 4 mg/mese |
Dose di denosumab | 60 mg/6 mesi | 120 mg/mese |
Fattori di rischio | Artrite reumatoide | Cortisone Farmaci anti angiogenetici |
Stadi clinici della osteonecrosi del mascellare | 0-1 | 2-3 |
Trattamento | Colluttori e antibiotici | Antibiotici e chirurgia |
Bonifica orale preventiva | Non necessaria | Necessaria |
Estrazioni dentarie | Non precauzioni in caso di trattamento <4 anni; antibiotici in caso di trattamento >4 anni | Sempre: profilassi antibiotica e/o chiusura alveolo con lembo |
Epidemiologia
Un elemento che differenzia l’osteonecrosi del mascellare in corso di osteoporosi e in corso di tumore è la sua frequenza. La condizione nei pazienti con osteoporosi è poco frequente, con un’incidenza tra 0,01% e 0,15% pazienti per anno di esposizione e appare solo leggermente superiore a quella rilevata nella popolazione generale. In questa forma inoltre non è stata rilevata una maggior incidenza per l’uso di bisfosfonati orali (alendronato 70 mg/settimana) o per via endovenosa (acido zoledronico 5 mg/anno). Il rischio di osteonecrosi del mascellare da denosumab alla posologia utilizzata nell’osteoporosi (60 mg/6 mesi) è 0,017-0,04% ed eguaglia il rischio di osteonecrosi del mascellare nella popolazione di controllo (00,02%).2 Per quanto riguarda l’incidenza di osteonecrosi del mascellare nei pazienti oncologici è simile in quelli trattati con acido zoledronico (4 mg/mese, 1%) e denosumab (120 mg/mese, tra 0,7 e 1,9%) e comunque circa 100 volte superiore ai soggetti non trattati. Globalmente il rischio di osteonecrosi del mascellare nei pazienti con osteoporosi è circa 100 volte inferiore a quello dei soggetti neoplastici.1-2
Fattori di rischio
I fattori di rischio riconosciuti con livello di prova forte sono l’uso di un farmaco inibitore del riassorbimento osseo, un intervento odontoiatrico invasivo (sostanzialmente l’estrazione), la patologia di base del paziente (neoplasia) e i farmaci concomitanti. Tra i bifosfonati quasi solo gli amino-bifosfonati (alendronato, risedronato, ibandronato e acido zoledronico) sono stati associati a osteonecrosi del mascellare. La via di somministrazione (endovenosa o per bocca) non costituisce un fattore di rischio. Per i bifosfonati il rischio è legato alla dose cumulativa e/o al tempo di esposizione. Per l’osteonecrosi del mascellare nei pazienti con tumore la mediana del rischio di insorgenza è 15 mesi di trattamento con acido zoledronico, nei pazienti con osteoporosi è >4 anni di trattamento con alendronato o acido zoledronico.1-2 Poiché lo schema posologico di acido zoledronico in oncologia è 4 mg/mese, la dose cumulativa di rischio per l’osteonecrosi del mascellareèdicirca60mg(15mesia4mg). Nell’osteoporosi si usa acido zoledronico a 5 mg/anno, per cui un paziente osteoporotico raggiunge la dose cumulativa di rischio dopo 12 anni di terapia (12 anni a 5 mg). Il rapporto è simile per il denosumab: in oncologia la dose è 120 mg/mese e nell’osteoporosi 60 mg/6 mesi, ovvero il 92% in meno all’anno. Questa significativa differenza di posologia nei due tipi di paziente rende ragione di una buona parte delle differenze epidemiologiche dell’osteonecrosi del mascellare tra osteoporosi e oncologia e di ciò va tenuto conto nell’informazione al paziente, nella stima del rischio e nelle decisioni terapeutiche e preventive.
I recenti dati italiani derivati dalla Rete nazionale di farmacovigilanza confermano questa differenza, evidenziando per esempio come tra i casi segnalati di osteonecrosi del mascellare con acido zoledronico la frequenza sia dello 0,9% nei pazienti con osteoporosi rispetto al 43% nei pazienti oncologici.6 Un’altra condizione di rischio è rappresentata dal tipo di neoplasia. Rispetto ad altre condizioni onco-ematologiche, l’osteonecrosi del mascellare si associa soprattutto al mieloma multiplo e al tumore della mammella. Il tumore della prostata ha un maggior rischio di osteonecrosi del mascellare se l’acido zoledronico è associato a farmaci anti angiogenetici.4,5,7-10 Tra i farmaci concomitanti vi sono infatti gli anti angiogenetici, gli inibitori della neoangiogenesi e il cortisone.
Per l’osteonecrosi del mascellare nei pazienti con osteoporosi tra i molti fattori di rischio riportati (diabete, fumo, alcol, immunodeficienza) hanno un’evidenza piuttosto robusta solo l’artrite reumatoide e la terapia steroidea. Una scadente igiene orale è un fattore di rischio comune all’osteonecrosi del mascellare in corso di osteoporosi e in corso di tumore.
Nel settembre 2014 è stato prodotta dall’AIFA (sulla scorta di quella dell’EMA) una nota informativa sull’osteonecrosi del mascellare da denosumab in oncologia e osteoporosi, nella quale vengono accomunati fattori di rischio e raccomandazioni, indipendentemente dal tipo di paziente, creando ulteriore confusione.
Anche se vi sono casi segnalati di osteonecrosi del mascellare insorta spontaneamente, un pressoché costante fattore di rischio (evento trigger) è l’intervento odontoiatrico invasivo, principalmente l’estrazione dentaria. Nei pazienti oncologici la valutazione odontoiatrica e l’eventuale bonifica preventiva (prima di iniziare la terapia con bifosfonati o denosumab) del cavo orale ha abbattuto drasticamente il rischio di osteonecrosi del mascellare.11 Inoltre le estrazioni dentarie con adeguata profilassi antibiotica e monitoraggio della guarigione del sito estrattivo non sembrano determinare un’osteonecrosi del mascellare.12 Contrariamente a quanto suggerito dalla nota AIFA del settembre 2014, è necessario sottolineare che il mancato trattamento di una patologia odontoiatrica per evitare il rischio rappresenta esso stesso un rischio.2-6,11,12 La valutazione prima dell’inizio della terapia e la bonifica preventiva non sono invece necessarie nei pazienti con osteoporosi. Dopo oltre 4 anni di trattamento per osteoporosi, se c’è stata un’aderenza superiore all’80%, le estrazioni o gli interventi invasivi in cavo orale possono essere fatti insieme a una adeguata terapia antibiotica. La sospensione di un farmaco inibitore del riassorbimento osseo prima di un intervento odontoiatrico non trova nessun razionale con i bifosfonati e non vi è alcuna evidenza che ciò prevenga l’osteonecrosi del mascellare. Per il diverso profilo farmacodinamico del denosumab rispetto ai bisfosfonati, la sospensione di questo farmaco porta a una rapida cessazione della sua azione, azzerando così il rischio (ma anche in parte i benefici) legato allo stesso. In letteratura i casi di osteonecrosi del mascellare in pazienti oncologici trattati con denosumab si sono risolti tutti con una terapia conservativa rispetto a quelli avvenuti in corso di trattamento con acido zoledronico. L’implantologia infine non è considerata nelle linee guida e nelle consensus conference una procedura da evitare, soprattutto nei soggetti con osteoporosi.2,4
Per la sospensione del farmaco in previsione di un intervento odontoiatrico sia in oncologia sia nell’osteoporosi, dato il favorevole rapporto rischio/beneficio, ogni decisione andrà discussa dall’odontoiatra con lo specialista che ha prescritto il farmaco. Decidere unilateralmente o peggio decidere di non intervenire oggi è un atteggiamento non accettabile.
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USF Malattie del Metabolismo Minerale e Osteoncologia, Medicina Generale e Malattie Aterotrombotiche e Degenerative
Dipartimento di Medicina, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Verona