Se anche il cuore fa da bersaglio
Una articolo di revisione pubblicato dal New England Journal of Medicine fa il punto sulla cardiotossicità dei nuovi farmaci target antitumorali. Analizza in particolare alcuni classi e riporta interessanti esempi.
- Inibitori di HER2 Il farmaco più rappresentativo di questa classe, il trastuzumab, ha radicalmente modificato la prognosi delle pazienti con cancro della mammella HER2-positivo ma il suo impiego, spesso in associazione o in sequenza alle antracicline, comporta il rischio di scompenso e di altre alterazioni della funzione cardiaca. La stima della frequenza di questo evento, inizialmente riportata in un caso su tre, è stata successivamente ridimensionata correggendo per i fattori di confondimento ed è in parte controllabile con una migliore selezione delle pazienti candidate alla terapia, con valutazioni in grado di cogliere una compromissione precoce della funzione miocardica e di trattarla. Resta da definire il profilo di sicurezza di altri inibitori di HER2 di più recente introduzione e quello a lungo termine dell’intera classe.
- Inibitori della via di trasduzione del segnale mediata da VEGF L’evento avverso cardiovascolare più comune con l’uso di questi farmaci, indicati in diverse forme tumorali, è l’incremento della pressione arteriosa. L’aumento dei valori sistolici e/o diastolici nella prima settimana di trattamento è praticamente costante, mentre la comparsa di una condizione ipertensiva stabile varia dal 20-25% con il bevacizumab e il sunitinib a oltre il 50% con i farmaci di nuova generazione. Sono descritti casi di ipertensione associata a proteinuria e a danno microangiopatico con fenomeni trombotici documentati dalla biopsia renale, assimilabili a quanto si osserva in caso di preeclampsia.
- Inibitori multitarget della tirosininchinasi Gli eventi avversi cardiovascolari sono diversi da farmaco a farmaco. Dai dati disponibili emerge un profilo relativamente favorevole con imatinib, un rischio consistente di ipertensione polmonare con dasatinib e di eventi vascolari con nilotinib e ponatinib.
La cardioncologia si occupa da anni delle ricadute sul cuore delle malattie oncologiche e/o dei loro trattamenti. Con l’avvento delle terapie target si sta arricchendo di nuovi e interessanti capitoli. In particolare, a fronte di prospettive di trattamento in grado di modificare radicalmente il decorso della malattia oncologica ma associate a rischi non trascurabili di cardiotossicità, iniziano a venire individuate strategie per migliorare l’appropriatezza e prevenire gli eventi avversi dei farmaci usati. Secondo gli autori della revisione, nello stabilire l’indicazione all’impiego bisogna tenere conto di parecchi elementi:
- l’elevata frequenza nella popolazione generale di malattie cardiovascolari che vanno indagate con attenzione su base individuale prima di iniziare le terapie;
- la possibilità che la cardiotossicità si manifesti in tempi successivi rispetto alla sopravvivenza attesa e sia influenzata dalla successione delle linee chemioterapiche scelte;
- il fatto che gli studi clinici sottostimano il rischio reale di cardiotossicità, in virtù dei criteri di inclusione che sono piuttosto selettivi, e della relativa breve osservazione.