Reazioni avverse in Pronto soccorso e prevenibilità: il progetto MEREAFAPS
Il progetto MEREAFAPS (Monitoraggio epidemiologico delle reazioni e degli eventi avversi da farmaci in pronto soccorso) è nato in Lombardia nel 2006. Il razionale alla base è il seguente: la grande maggioranza delle reazioni avverse da farmaco che avvengono al domicilio portano il paziente in Pronto soccorso, dove i medici e gli infermieri, oberati dal lavoro, non hanno il tempo per compilare le schede di segnalazione; una parte di queste reazioni è in qualche misura evitabile, e il progetto MEREAFAPS, fino dalla sua origine, intendeva proprio focalizzare l’attenzione su questo aspetto per identificare le cause e di conseguenza le attività di miglioramento nella gestione dei farmaci. Inoltre il Pronto soccorso assomma due caratteristiche interessanti: da una parte osserva le reazioni avverse che si sono verificate nel territorio, dall’altra ha la possibilità di integrare i dati clinici con quelli di laboratorio e d’immagine dell’Ospedale.Il progetto è partito in Lombardia in 8 ospedali (complessivamente 15 Pronto soccorso), con questa organizzazione: un monitor, che poteva essere un medico non strutturato, o un farmacista o un infermiere, avrebbe aiutato il personale del Pronto soccorso nel compilare le schede di segnalazione. Il sistema con il quale i medici di Pronto soccorso informavano il monitor era vario, dalla informazione diretta a un flag messo sulle schede.
I risultati nel tempo
I risultati del primo anno di progetto erano stati molto interessanti: negli 8 ospedali lombardi sono state raccolte 1.448 segnalazioni di reazioni avverse, che corrispondevano a circa il 50% delle segnalazioni nazionali dell’anno precedente. Non solo, ma la segnalazione da Pronto soccorso aveva modificato in modo definitivo la qualità e il tipo di segnalazioni; le schede erano più ricche di informazioni, di esami clinici e di laboratorio, le reazioni erano più gravi, e interessavano farmaci, come gli anticoagulanti, che fino a quel momento non erano i più segnalati.
Confermati dal buon risultato del primo anno, i responsabili del MEREAFAPS hanno allargato il numero di ospedali coinvolti. Prima gli ospedali lombardi sono diventati 16 con 33 Pronto soccorso, poi alla Lombardia si sono affiancati il Piemonte, la Campania, l’Emilia-Romagna, la Toscana. Le segnalazioni del MEREAFAPS, che erano 5.500 fino al 2009 sono passate a 13.000 nel 2011.
Con il contributo importante del progetto MEREAFAPS (e anche degli altri progetti di farmacovigilanza che sono stati avviati) le segnalazioni italiane, nel giro di meno di dieci anni sono passate da 6.000 a 54.000, con un aumento percentuale importante delle reazioni gravi, raggiungendo un tasso di segnalazione vicino a quello della Nuova Zelanda e dei paesi Scandinavi, i più alti a livello mondiale. A oggi le segnalazioni originate dal progetto MeREAFAPS presenti nella Rete nazionale di farmacovigilanza sono oltre 80.000.
Un lavoro dell’Uppsala Monitoring Centre dell’OMS ha affermato che le segnalazioni provenienti dall’Italia sono tra quelle di migliore qualità.1 Il numero elevato di segnalazioni non è solamente un record di quantità: permette di stabilizzare le caratteristiche delle segnalazioni, che non possono essere facilmente influenzate da cluster di segnalazioni provenienti da singole località od ospedali. Inoltre, dato da non sottovalutare, il progetto MEREAFAPS ha indotto, direttamente o indirettamente, centinaia di medici di Pronto soccorso e alcune centinaia tra giovani medici e farmacisti a confrontarsi con la pratica della farmacovigilanza, creando una cultura diffusa della sicurezza dei farmaci finora sconosciuta in Italia.
Tutto bene quindi? Non ci sono problemi? Nel mondo reale ci sono sempre problemi. Uno di questi è un effetto secondario dovuto alla progressiva informatizzazione degli ospedali, comprese schede di Pronto soccorso e cartelle cliniche. La disponibilità di dati, anche senza interazioni dirette con il personale del Pronto soccorso, rischia di escludere nuovamente dalla farmacovigilanza il personale di assistenza, con un ritorno al passato. La necessità di riportare ai soggetti generatori di dati le informazioni e le conclusioni degli studi è una necessità per la farmacovigilanza.
Le ricadute pratiche
Il progetto MEREAFAPS, oltre a raccogliere moltissimi dati e a diffondere la cultura della farmacovigilanza, ha anche permesso la realizzazione di diversi lavori scientifici, in diversi campi. Recentemente nell’ASST Vimercate è stata condotta un’analisi sulla prevenibilità delle reazioni avverse da anticoagulanti orali nei pazienti ricoverati nelle Divisioni di medicina dell’Ospedale nel periodo di un anno. I dati sono molto significativi: su 102 casi di ADR da anticoagulanti orali, la percentuale di reazioni prevenibili superava il 70%. Per gli inibitori della vitamina K (acenocumarolo e warfarin) la prevenibilità era data da livelli di INR superiori a 5 che dimostravano un controllo impreciso, e dal valore di HAS-Bled, che in 65 casi su 68 era compatibile con un elevato rischio di emorragia. Per gli inibitori diretti della coagulazione l’inappropriatezza era legata alla presenza di interazioni maggiori (con antiaggreganti, o altri farmaci) e a valori di filtrato glomerulare bassi, che controindicavano l’uso di questi farmaci. Molti dei pazienti sono stati ricoverati con i segni di uno scompenso cardiaco indotto da un’emorragia non identificata o da un’anemia cronica non diagnosticata.
Per tutti gli anticoagulanti orali il rischio di sanguinamento era aumentato dall’età avanzata (nello studio l’età media era 81 anni con un range da 60 a 95), dalla politerapia (più dell’80% in terapia con più di 5 farmaci e 31% con più di 10) e dalla scarsa informazione dei pazienti (soprattutto quelli in terapia con gli inibitori diretti della coagulazione, che non richiedono periodici controlli di laboratorio). Questi dati confermano quanto già presente in letteratura, che evidenzia il rischio aumentato degli anitcoagulanti orali diretti nei pazienti con interazioni, con basso filtrato glomerulare e con insufficiente informazione.
Gli studi clinici randomizzati hanno evidenziato l’efficacia della terapia anticoagulante orale nel prevenire eventi tromboembolici in pazienti a rischio (per esempio nella fibrillazione atriale non valvolare); per ottenere gli stessi risultati bisogna però che i pazienti, specie anziani, vengano seguiti con la stessa attenzione con la quale vengono seguiti i pazienti negli studi clinici. Il piano terapeutico dei anticoagulanti diretti prevede un rinnovo annuale: ma in pazienti anziani è necessario controllare periodicamente la funzione renale, la crasi ematica, il compenso di circolo.
Evitare il fardello di dolore, sofferenza e anche costi, determinato dalle reazioni avverse prevenibili e dalla inappropriatezza d’uso degli anticoagulanti, è un importante obiettivo sia per i clinici sia per il servizio sanitario; è necessaria una importante campagna di informazione per medici, operatori sanitari e pazienti per ridurre al massimo questi eventi avversi così gravi.
- Drug Saf 2014;37:65-77. CDI
Giuseppe Vighi
Coordinatore Progetto MEREAFAPS
U.O. Medicina Generale
ASST Vimercate (MB)