Malattie come reazioni avverse da non vaccinazione
Focus Farmacovigilanza si è già occupato del fenomeno del calo delle coperture vaccinali e dei possibili rimedi.1 Questo nuovo articolo si pone l'obiettivo di parlare delle conseguenze da non vaccinazione in una ottica di salute pubblica. Del resto la segnalazione di reazioni avverse non ha a che fare solo con la salute del singolo, ma fornisce dati preziosi per aggiornare il profilo di un farmaco per quanto riguarda la sicurezza.
In campo vaccinale il calo delle coperture non rappresenta un rischio solo per il singolo bambino, ma riguarda tutta la comunità per il possibile riemergere di malattie che si ritenevano estinte. La copertura vaccinale per arrivare alla eliminazione della malattia deve essere di almeno il 95% nel caso del morbillo e varia in base alla contagiosità della malattia. In una epoca complessa come la nostra non possiamo guardare alla salute limitandoci ai determinanti prossimali, ma dobbiamo guardare ai determinanti distali. L’epigenetica è diventata patrimonio dei medici e ha permesso di superare lo sterile antagonismo tra genetica e ambiente, proponendo un modello di spiegazione che vede determinanti della salute infantile già in gravidanza e anche prima.
La campagna “Genitori più” propone proprio un approccio di salute pubblica per i determinanti di sicura efficacia nella salute del bambino:2 l’astensione dal fumo e dall’alcol in gravidanza sono estremamente importanti per la salute del bambino, così come la lettura ad alta voce (“Nati per leggere”) per nutrire la mente. In questa campagna la promozione delle vaccinazioni è una prassi di documentata efficacia in tutta la letteratura scientifica. Ogni bambino dovrebbe vedere garantito il proprio diritto all’accesso alle migliori cure possibili e anche quello alle migliori pratiche preventive possibili, comprese tutte le vaccinazioni che siano sicure (cioè non gravate da un eccesso di reazioni avverse) ed efficaci (cioè capaci di evitare la malattia contro cui ci si vaccina), oltre che non specificamente controindicate.
Sebbene nessuno contesti questi principi, da diversi anni vediamo diffondersi un clima di sospetto e diffidenza o più spesso di dubbio e confusione che si traduce in un pericoloso atteggiamento di “esitazione vaccinale”, che ha determinato un calo delle coperture vaccinali.3 Esso è rivolto per lo più verso le malattie caratterizzate da letalità apparentemente contenuta, ma con elevata diffusibilità (che richiedono coperture molto alte per garantire la protezione di gruppo impedendo lo scoppio di epidemie). Il vaccino che soffre maggiormente questa condizione è quello contro morbillo, parotite e rosolia (MPR), che ha ormai raggiunto un livello di copertura vaccinale allarmante (86%, meno 4 punti percentuali rispetto all’anno precedente), con la possibilità già ora della ricomparsa di epidemie.
In controtendenza sono i vaccini contro le malattie che hanno al contrario alta letalità e bassa- bassissima diffusibilità, come quelli contro le varie forme di meningite.4 Al di là delle valutazioni sociologiche su quella che sembra una tendenza ormai esasperata all’interesse individuale dimenticando i bisogni collettivi, si tratta di una reazione comunque ingiustificata dal momento che in realtà la vaccinazione contro MPR è “conveniente” anche per il singolo e non solo per la collettività. La apparente benignità di malattie come il morbillo è infatti dovuta all’effetto di protezione di gruppo dato dalla (fino a oggi mantenuta) alta percentuale di soggetti vaccinati; a questa si contrappone la cronaca dei rari ma drammatici casi di malattie invasive.
Se consideriamo popolazioni native non vaccinate, verifichiamo che, mentre per evitare un decesso da meningococco B occorre vaccinare centinaia di migliaia di bambini, per lo stesso numero di bambini la vaccinazione contro MPR di decessi ne evita centinaia, per lo più soggetti “fragili”, ma senza escludere persone fino a quel momento ritenute perfettamente sane. Ed eccoci ritornati al concetto iniziale di reazioni avverse da non vaccinazione, che coinvolgono tutta la comunità e non solo coloro che rifiutano la vaccinazione. A questo proposito vale la pena soffermarsi sull’attuale strategia adottata per il vaccino contro il papillomavirus (HPV). In un primo momento è stato limitato solo alle ragazze in età prepubere, mentre attualmente viene offerto anche ai maschi.5 L’estensione ai ragazzi tiene conto, tra le altre cose (prevenzione dei tumori dell’ano, del pene e dell’orofaringe), delle modalità di trasmissione dell’HPV che è più frequente da uomo a donna. Quando spieghiamo il perché della scelta ai genitori richiamiamo l’importanza di vaccinare anche il maschio, nonostante il carcinoma dell'utero sia esclusivo della donna. Ci sembra un esempio efficace di cambio di paradigma dalla salute del singolo a quella della comunità.6 In realtà si è formata una ampia schiera di genitori confusi che magari continuano a far vaccinare i figli, ma lo fanno svogliatamente, con diffidenza, spesso spinti dalla emotività del momento e dalla cronaca che porta alla ribalta i casi drammatici di soggetti che hanno avuto una meningite o che ricorrono al tribunale perché ritengono che il loro figlio sia stato danneggiato da un vaccino.7 In questo contesto le fantasiose sentenze, basate sul parere di consulenti non all’altezza, creano ancora maggiore sfiducia nella scienza.
Abbiamo il dovere di chiederci se siamo attrezzati per fornire le risposte giuste a questi nuovi bisogni; non tutti i segnali sono coerenti e ci sembra anzi che alcuni siano decisamente criticabili. Pensiamo che sia giusto evidenziare questi ultimi perché da una attenta riflessione potrebbe nascere una nuova fruttuosa alleanza che consenta l’inizio di un’era di fiducia verso questo straordinario veicolo di salute e prevenzione:
- offrire 22 calendari vaccinali diversi in base alla regione di nascita non fa altro che produrre confusione e disorientamento. C’è la necessità di una armonizzazione a livello nazionale e di evitare protagonismi regionali. Inoltre con il frequente spostamento delle famiglie per ragioni lavorative rischiamo il paradosso che in una regione non abbiano l’obbligo vaccinale e nell’altra sì, oltre che si trovino di fronte a diverse offerte vaccinali sia per il numero sia per la copertura economica;
- cattiva comunicazione fornita dai mass media, che spesso presentano il tema delle vaccinazioni ponendo sullo stesso piano le osservazioni scientifiche e le opinioni personali degli ospiti intervistati. In questa ottica, l’approccio di pancia, basato sulla percezione emotiva, prevale sempre su quello della ragione. Non è per converso pensabile che i sanitari possano usare la paura delle morti per affermare le proprie ragioni e proporre campagne vaccinali nelle zone colpite sull’onda dell’emotività del momento;
- la FNOMCEO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri) si è pronunciata contro i medici che si dichiarano antivaccinatori. Tuttavia è sufficiente, per aggirare l’ostacolo, dichiarare di non essere un antivaccinatore ma semplicemente un medico scrupoloso che, prima di procedere, vuole verificare la effettiva capacità dell’organismo di “sopportare” la immunizzazione per ritardare la vaccinazione senza motivo;
- necessità di migliorare la comunicazione, la formazione del personale, l’adeguamento dei servizi di sorveglianza (delle malattie e degli effetti avversi), la valutazione puntuale dei programmi vaccinali in atto e la garanzia di processi di introduzione trasparenti e univoci. Un cambiamento di rotta che consideri tutti questi aspetti è forse l’unico modo per recuperare la credibilità ridotta delle vaccinazioni. In particolare sottolineiamo l’importanza della comunicazione sia con la famiglia sia col bambino quando cresce (vaccinazione contro il papilloma virus) sia dal punto di vista della comunicazione istituzionale;
- minacciare l'esclusione dalle comunità infantili dei bambini non vaccinati, oltre che essere ingiusto per i piccoli che possono trarre indubbi vantaggi dall’inserimento precoce in comunità ben attrezzate dal punto di vista educativo e organizzativo, rischia solo di esacerbare le contrapposizioni ideologiche senza risolvere nulla, dato che i problemi maggiori sono ipotizzabili per morbillo e pertosse, contro cui non esiste obbligo vaccinale;
- va fatta chiarezza tra obbligatorietà e raccomandazione in quanto le vaccinazioni non obbligatorie possono sembrare al genitore meno importanti. Il termine “obbligatorio” dipende solo dalla data di inserimento nel calendario vaccinale di una determinata vaccinazione. Le vaccinazioni inserite più di recente non vengono rese obbligatorie da specifici provvedimenti di legge per un cambio di mentalità dal punto di vista della promozione alla salute. La cosiddetta “spinta gentile” ha sostituito l’obbligo, ma andrebbe fatta maggiore chiarezza per non permettere speculazioni e falsi cavilli.
- Focus Farmacovigilanza 2015;91(11):2-4.
- Genitori più: materiale informativo per gli operatori. Verona, 2009.
- Quaderni ACP 2014;21:229-236.
- Quaderni ACP 2015; 22:88-89.
- Quaderni ACP 2016;23:135-136.
- Pediatrics 2016;137:1-9. CDI
- http://www.cdc.gov/measles/cases-autbreaks.html
1 Pediatra di famiglia, AUSL 20, Verona
2 Centro FV Regione Veneto
3 Università di Verona, Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica, Sez. Farmacologia