La tireotossicosi iatrogena di Orazio
Orazio, 80 anni, ha un carcinoma della tiroide follicolare con localizzazioni secondarie ai polmoni e lesioni ossee distruttive, prevalentemente a carico del femore. E’ stato sottoposto sedici anni fa a un intervento di tiroidectomia subtotale. Il tessuto tiroideo residuo è stato trattato con terapia radiometabolica e 3 cicli successivi di chemioterapia. Dopo l’intervento era stata prescritta levotiroxina sodica (175 μg al giorno). Orazio è anche in trattamento con farmaci per alcune condizioni concomitanti: ipertensione (lercanidipina10 mg/die più valsartan/idroclorotiazide 160/12,5 mg/die), ipertrofia prostatica benigna (tamsulosina 0,4 mg/die) e gotta (allopurinolo 300 mg/die). Dal maggio 2011 il paziente soffre di nausea e perdita dell’appetito, che degenera in anoressia, fino ad avere un decremento ponderale di 30 kg in 4 mesi. Il medico, a questo punto, prescrive megestrolo acetato 160 mg/die, per anoressia e perdita di peso, che il paziente assume fino a fine ottobre senza alcun miglioramento. Da metà novembre la salute del paziente peggiora, a causa di episodi ricorrenti di tachicardia e dispnea. Per la tachicardia il paziente assume amiodarone 200 mg/die e prosegue, su indicazione del medico curante, la terapia farmacologica in atto fino a fine novembre. A causa della persistenza dei sintomi, il paziente viene ricoverato in ospedale, dove viene sottoposto a esami di controllo da cui risulta che è affetto da tireotossicosi iatrogena. Gli esami confermano la diagnosi: FT3 >20 pg/ml (range: 2,3-4,2); FT4 3,41 ng/dl (range: 0,89-1,76); TSH quantità non dosabile, inferiore alla sensibilità analitica minima del metodo impiegato. Amiodarone e levotiroxina vengono immediatamente sospesi e viene iniziata una terapia con tiamazolo 5 mg/die. Le terapie farmacologiche per ipertensione arteriosa, ipertrofia prostatica benigna e iperuricemia vengono confermate e proseguite.
Le interazioni farmacologiche nel paziente anziano
E’ nell’analisi delle interazioni tra i molti farmaci assunti da Orazio che si può interpretare quanto accaduto.
Il megestrolo acetato è dotato di attività progestinica e antiestrogenica e l’incremento ponderale associato al trattamento è riconducibile a un aumento dell’appetito e a un incremento del grasso e dellamassa cellulare corporea. La somministrazione di megestrolo può essere correlata all’insorgenza di alterazioni cardiache e dispnea, mentre nessun caso di anoressia e tireotossicosi è stato riscontrato in seguito a trattamento farmacologico con il solo megestrolo.
In seguito alla somministrazione di amiodarone possono insorgere reazioni avverse quali: dispnea, alterazioni cardiache, ipertiroidismo e, raramente, perdita di peso. Alle dosi comunemente utilizzate, infatti, l’amiodarone è in grado di addurre una concentrazione di iodio superiore di 50-100 volte l’apporto giornaliero considerato come ottimale, e può essere responsabile di uno spettro di effetti sulla funzione tiroidea, clinicamente evidenti. La tireotossicosi da amiodarone risulta predominante nei pazienti di sesso maschile (con rapporto 3:1 rispetto a quello femminile) e può svilupparsi sia nel corso del trattamento, sia dopo la sospensione. L’incidenza delle disfunzioni tiroidee nei pazienti trattati con amiodarone è del 14-18%. L’effetto del farmaco antiaritmico sulla tiroide è sostanzialmente dovuto a 3 meccanismi diversi:
1) interferenza dell’amiodarone sugli enzimi di conversione da T4 a T3;
2) danno diretto citotossico a livello del tessuto tiroideo;
3) duplice effetto iodio-indotto sulla funzionalità tiroidea: il farmaco è in grado di provocare un’aumentata sintesi di ormoni tiroidei, in quanto ne costituisce il substrato metabolico; inoltre può indurre il blocco o la riduzione della funzionalità tiroidea, di solito in soggetti con preesistenti patologie della tiroide non clinicamente rilevanti.1-3
Nonostante le reazioni avverse riscontrate nel paziente in questione non siano note per il farmaco sospetto megestrolo acetato e note per l’amiodarone, le interazioni farmacologiche esistenti tra l’amiodarone e la maggior parte dei farmaci concomitanti assunti possono avere contribuito considerevolmente a determinare le condizioni fisiopatologiche responsabili del quadro clinico riscontrato nel paziente. Nello specifico, la cosomministrazione di amiodarone e di farmaci in grado di indurre ipopotassiemia e/o ipomagnesiemia, tra cui i diuretici tiazidici, può causare aritmie e alterazioni della funzionalità cardiaca. L’assunzione contemporanea di allopurinolo e diuretici tiazidici, inoltre, può indurre reazioni di ipersensibilità, probabilmente attraverso un meccanismo immunomediato, del quale è responsabile l’ossipurinolo (metabolita dell’allopurinolo).
L’amiodarone è anche un inibitore dei citocromi CYP2D6 e del CYP3A4, isoenzimi responsabili del metabolismo della tamsulosina. Tale condizione implica un aumento significativo delle concentrazioni plasmatiche della tamsulosina, con aumento della sua tossicità. L’amiodarone può anche ridurre la clearance della lercanidipina attraverso l’inibizione del citocromo CYP3A4, con conseguente bradicardia sintomatica, arresto sinusale e blocco atrioventricolare.
Infine, considerando che circa il 37% dell’amiodarone è costituito da iodio e che il farmaco è in grado di ridurre l’attività della T4 5’-deiodinasi, la concomitante assunzione di amiodarone e levotiroxina può chiaramente indurre gravi alterazioni della funzionalità tiroidea.
Per concludere, nell’insorgenza di tale reazione avversa la terapia concomitante ha giocato un ruolo significativo.
- Endocrinol Invest 2012;35:340-8.
- Minerva Endocrinologica 2008;33:213-28. CDI NS
- Thyroid 2001;11:511-9. CDI NS
Marilisa Aquilino1, Marco Pozzi2, Carla Carnovale3, Valentina Perrone3 e Sonia Radice3
1 Servizio Farmaceutico ASL Lodi
2 IRCCS E. Medea “La Nostra Famiglia”, Bosisio Parini, Lecco
3 UO Farmacologia Clinica, Servizio Farmacovigilanza Ospedale Universitario L. Sacco, Milano