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L’eccezione per Ebola rinsaldi le regole
Focus Farmacovigilanza 2014;85(11):1
La tragedia di Ebola, nel suo sviluppo ormai catastrofico, oltre alla strage di vite umane, sta già producendo a cascata effetti a livello globale di cui è impossibile prevedere l’estensione e la portata.
Anche la valutazione della sicurezza (o, come è sempre meglio dire, del rapporto tra benefici e danni) dei farmaci sta subendo un cambiamento che si può considerare storico, poiché è probabilmente la prima volta che si decide a livello internazionale di “sospendere” le regole canoniche, che sono a loro volta il risultato di una evoluzione durata molti decenni.
In pieno ferragosto, dodici esperti mondiali convocati da Margaret Chan, direttore generale dell’OMS, hanno discusso l’emergenza in teleconferenza e hanno raggiunto una conclusione unanime: è accettabile sul piano etico e scientifico usare “interventi non registrati che hanno mostrato risultati promettenti in laboratorio o in modelli animali, ma che non sono ancora stati valutati per la sicurezza e l’efficacia”. La parafrasi di ventisette parole tra virgolette costituisce il vero “oggetto” del documento, e come tale ritorna sempre uguale in ogni affermazione, come a voler definire senza ambiguità l’ambito entro cui si applica questa decisione, presa dal panel con la piena ed esplicita consapevolezza che si tratta di uno “scostamento da un ben stabilito sistema di regolazione e governo delle terapie e degli interventi, per come si è evoluto storicamente”.
Ovviamente non si tratta di un “liberi tutti”: possibili rimedi contro il virus Ebola non ancora sperimentati possono essere provati nei malati a patto che siano rispettate alcune elementari e precise condizioni, che il documento “Ethical considerations for use of unregistered interventions for Ebola viral disease” espone nel dettaglio: trasparenza, equità, solidarietà, consenso, libertà di scelta, confidenzialità, rispetto, dignità e coinvolgimento della comunità. Senza dimenticare la necessità di tenere conto di tutte le informazioni scientifiche disponibili, per quanto parziali e preliminari, sull’efficacia e sicurezza degli interventi. E di pianificarne l’uso in modo da raccogliere e condividere anche i dati più accurati e solidi possibili sui loro effetti.
Tutto questo distingue nettamente l’eccezione per Ebola da quella che i sostenitori di Stamina avrebbero voluto ottenere per un presunto rimedio di malattie fatali sul quale non esistono dati di alcun genere, e di cui è persino ignota la preparazione.
Per una volta, infatti, nessuna voce dissenziente si è levata a contestare le conclusioni degli esperti, che pur riconoscono la necessità di meglio approfondire alcuni aspetti cruciali. Per esempio: come si può trasformare un “uso compassionevole” in un’occasione per ricavare conoscenza scientificamente fondata, sul campo di una tragedia come quella in corso? O come si decide quali interventi devono avere la priorità, o a chi devono andare quando ve n’è scarsità?
C’è però una domanda cui il documento non risponde esplicitamente, se non con un generico richiamo iniziale alle “circostanze eccezionali” della presente epidemia di Ebola: con quali criteri si definisce l’eccezionalità di una situazione per essere sicuri che questo drammatico evento non diventi l’occasione di un irreversibile indebolimento delle regole, il classico buco nella diga che si può solo allargare? Quando si formula con chiarezza un’eccezione a una regola, è un’occasione importante per comprendere meglio la natura della regola stessa. E le regole si osservano meglio quando se ne conoscono a fondo le ragioni e la storia.
In altre parole, ci si deve chiedere perché ai malati di Ebola non si possono applicare le norme consuete: perché sono in pericolo di vita? perché non vi sono trattamenti di nota sicurezza ed efficacia? Queste sono condizioni molto comuni in realtà, basti pensare a vari tipi di cancro in fase avanzata, o a malattie rare e mortali.
La vera eccezionalità di Ebola è forse una sorta di comma 22: la sperimentazione di possibili rimedi promettenti è possibile solo in corso di un’epidemia, ma le difficoltà in corso di un’epidemia di Ebola sono tali da rendere quasi impossibile una sperimentazione randomizzata e controllata, soprattutto in passato quando le epidemie erano fortunatamente di breve durata.
Quella in atto purtroppo non finirà, e la disgrazia è anche un’occasione per la comunità scientifica di riscattarsi da qualche senso di colpa per avere trascurato in passato una minaccia così grave per la salute (e non solo per la salute) dell’intero globo, considerandola di scarso interesse per il “mercato” e per il mondo occidentale.
Anche la valutazione della sicurezza (o, come è sempre meglio dire, del rapporto tra benefici e danni) dei farmaci sta subendo un cambiamento che si può considerare storico, poiché è probabilmente la prima volta che si decide a livello internazionale di “sospendere” le regole canoniche, che sono a loro volta il risultato di una evoluzione durata molti decenni.
In pieno ferragosto, dodici esperti mondiali convocati da Margaret Chan, direttore generale dell’OMS, hanno discusso l’emergenza in teleconferenza e hanno raggiunto una conclusione unanime: è accettabile sul piano etico e scientifico usare “interventi non registrati che hanno mostrato risultati promettenti in laboratorio o in modelli animali, ma che non sono ancora stati valutati per la sicurezza e l’efficacia”. La parafrasi di ventisette parole tra virgolette costituisce il vero “oggetto” del documento, e come tale ritorna sempre uguale in ogni affermazione, come a voler definire senza ambiguità l’ambito entro cui si applica questa decisione, presa dal panel con la piena ed esplicita consapevolezza che si tratta di uno “scostamento da un ben stabilito sistema di regolazione e governo delle terapie e degli interventi, per come si è evoluto storicamente”.
Ovviamente non si tratta di un “liberi tutti”: possibili rimedi contro il virus Ebola non ancora sperimentati possono essere provati nei malati a patto che siano rispettate alcune elementari e precise condizioni, che il documento “Ethical considerations for use of unregistered interventions for Ebola viral disease” espone nel dettaglio: trasparenza, equità, solidarietà, consenso, libertà di scelta, confidenzialità, rispetto, dignità e coinvolgimento della comunità. Senza dimenticare la necessità di tenere conto di tutte le informazioni scientifiche disponibili, per quanto parziali e preliminari, sull’efficacia e sicurezza degli interventi. E di pianificarne l’uso in modo da raccogliere e condividere anche i dati più accurati e solidi possibili sui loro effetti.
Tutto questo distingue nettamente l’eccezione per Ebola da quella che i sostenitori di Stamina avrebbero voluto ottenere per un presunto rimedio di malattie fatali sul quale non esistono dati di alcun genere, e di cui è persino ignota la preparazione.
Per una volta, infatti, nessuna voce dissenziente si è levata a contestare le conclusioni degli esperti, che pur riconoscono la necessità di meglio approfondire alcuni aspetti cruciali. Per esempio: come si può trasformare un “uso compassionevole” in un’occasione per ricavare conoscenza scientificamente fondata, sul campo di una tragedia come quella in corso? O come si decide quali interventi devono avere la priorità, o a chi devono andare quando ve n’è scarsità?
C’è però una domanda cui il documento non risponde esplicitamente, se non con un generico richiamo iniziale alle “circostanze eccezionali” della presente epidemia di Ebola: con quali criteri si definisce l’eccezionalità di una situazione per essere sicuri che questo drammatico evento non diventi l’occasione di un irreversibile indebolimento delle regole, il classico buco nella diga che si può solo allargare? Quando si formula con chiarezza un’eccezione a una regola, è un’occasione importante per comprendere meglio la natura della regola stessa. E le regole si osservano meglio quando se ne conoscono a fondo le ragioni e la storia.
In altre parole, ci si deve chiedere perché ai malati di Ebola non si possono applicare le norme consuete: perché sono in pericolo di vita? perché non vi sono trattamenti di nota sicurezza ed efficacia? Queste sono condizioni molto comuni in realtà, basti pensare a vari tipi di cancro in fase avanzata, o a malattie rare e mortali.
La vera eccezionalità di Ebola è forse una sorta di comma 22: la sperimentazione di possibili rimedi promettenti è possibile solo in corso di un’epidemia, ma le difficoltà in corso di un’epidemia di Ebola sono tali da rendere quasi impossibile una sperimentazione randomizzata e controllata, soprattutto in passato quando le epidemie erano fortunatamente di breve durata.
Quella in atto purtroppo non finirà, e la disgrazia è anche un’occasione per la comunità scientifica di riscattarsi da qualche senso di colpa per avere trascurato in passato una minaccia così grave per la salute (e non solo per la salute) dell’intero globo, considerandola di scarso interesse per il “mercato” e per il mondo occidentale.
di Roberto Satolli
Zadig editore
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