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Mercoledì, Febbraio 8, 2023

Inibitori della 5α-reduttasi e depressione

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L’uso di inibitori della 5α-reduttasi, farmaci indicati per l’iperplasia prostatica benigna e l’alopecia androgenetica, sembra associarsi a un aumentato rischio di depressione, ma non di demenza e suicidio.
A rilevarlo è uno studio di coorte basato sui registri nazionali svedesi, che ha incluso 2.236.876 uomini d’età compresa tra i 50 e i 90 anni, 70.645 (3,2%) dei quali hanno iniziato un trattamento con finasteride e 8.774 (0,4%) con dutasteride tra il 2005 e il 2018.
Obiettivo dello studio era chiarire la relazione tra l’uso di inibitori della 5α-reduttasi e depressione, demenza e suicidio, dopo che alcune ricerche hanno avanzato l’ipotesi di un’associazione tra l’assunzione di questi farmaci e possibili effetti neurologici, con conclusioni non univoche.
Dallo studio è emerso che finasteride e dutasteride erano associate alla depressione con un rischio costante nel tempo (hazard ratio – HR finasteride 1,61, limiti di confidenza al 95% da 1,48 a 1,75; HR dutasteride 1,68, limiti di confidenza al 95% da 1,43 a 1,96), ma non al suicidio (HR finasteride 1,22, limiti di confidenza al 95% da 0,99 a 1,49; HR dutasteride 0,98, limiti di confidenza al 95% da 0,62 a 1,54). L’aumentato rischio di depressione, è presumibilmente attribuibile al meccanismo d’azione di questi farmaci che inibiscono selettivamente l’enzima 5α-reduttasi, con conseguente diminuzione dei livelli sierici del metabolita androgeno 5α-diidrotestosterone, ma anche di un’ampia gamma di steroidi neuroattivi con un ruolo chiave nella regolazione dell’umore.
Relativamente alla demenza, coloro che assumevano inibitori della 5α-reduttasi erano a maggior rischio di demenza (HR finasteride 1,22, limiti di confidenza al 95% da 1,17 a 1,28; HR dutasteride 1,10, limiti di confidenza al 95% da 1,01 a 1,20), ma l’entità dell’associazione diminuiva nel tempo, divenendo non più significativa dopo 4 anni di esposizione alla terapia. Questo andamento imputabile al rilevamento di forme di demenza non diagnosticata nella fase iniziale del trattamento, sembra escludere un’associazione tra questi farmaci e le diverse forme di demenza.
Nella pratica clinica, i medici che prescrivono inibitori della 5α-reduttasi devono essere consapevoli di questo rischio in modo da valutare attentamente il rapporto benefici-rischi nei pazienti con una storia di depressione ed eventualmente modificare il trattamento in caso di comparsa di disturbi dell’umore.

Garcia-Argibay M, Hiyoshi A, et al. Association of 5α-reductase inhibitors with dementia, depression, and suicide. JAMA Netw Open 2022; DOI:10.1001/jamanetworkopen.2022.48135.

80.211.154.110