Gli effetti avversi dei farmaci antiepilettici
Oltre mezzo milione di persone in Italia è affetto da epilessia e assume farmaci per ottenere o mantenere il controllo delle crisi. Un numero ancora superiore di persone assume gli stessi farmaci per altre indicazioni, alcune ufficialmente approvate (per esempio disturbo bipolare, emicrania, dolore neuropatico) e altre off label.
Poiché i farmaci antiepilettici hanno un basso indice terapeutico e possono indurre effetti avversi a carico di ogni organo e apparato, l’ampio uso ha significative implicazioni di sicurezza. Complessivamente, il 10-30% delle persone con epilessia sospende per intolleranza il farmaco inizialmente prescritto.1 Tra i pazienti in trattamento cronico con farmaci antiepilettici, la prevalenza di effetti avversi varia tra il 10 e il 40% se la tollerabilità viene valutata attraverso segnalazioni spontanee o interviste non strutturate e tra il 60 e il 95% se gli effetti avversi sono valutati mediante checklist.2 Nelle persone con epilessia farmacoresistente, numerosi studi hanno dimostrato che gli effetti avversi sono il determinante primario di una bassa qualità di vita, con un impatto più importante rispetto alla frequenza delle crisi epilettiche.3 Alla luce di queste considerazioni, risulta evidente l’importanza di riconoscere le manifestazioni di tossicità, i fattori di rischio e le misure più efficaci di prevenzione.
Effetti avversi neurologici
Dal momento che i farmaci antiepilettici agiscono modulando l’attività dei neuroni cerebrali, non sorprende che la maggior parte dei loro effetti avversi sia a carico del sistema nervoso centrale. I più frequentemente osservati sono: sedazione, astenia, senso di vertigine, disturbi della coordinazione (atassia, disartria, diplopia), tremore, deficit cognitivi, alterazioni dell’umore, alterazioni del comportamento e disturbi sessuali (perdita della libido, impotenza).2 Questi effetti sono spesso dose dipendenti, tendono a comparire precocemente nel corso del trattamento, sono talvolta riducibili al minimo attraverso una graduale titolazione posologica e talvolta regrediscono spontaneamente con la continuazione della terapia. La loro frequenza varia in relazione al tipo di farmaco e alla dose (per esempio, la sedazione e gli effetti di tipo cognitivo sono più frequenti con barbiturici, benzodiazepine e topiramato), alle caratteristiche del paziente (per esempio, gli anziani sono più suscettibili agli effetti cognitivi e ai disturbi della coordinazione motoria, mentre i bambini sono più proni a sviluppare effetti di tipo comportamentale) e alla eventuale presenza di medicamenti utilizzati in associazione (per esempio, la cosomministrazione di due o più antiepilettici ad azione sodio bloccante, quali carbamazepina, oxcarbazepina, lamotrigina e lacosamide, comporta un maggiore rischio di effetti secondari a tale meccanismo d’azione, quali senso di vertigine e disturbi della coordinazione).4 Tra gli effetti a carico del sistema nervoso centrale va anche segnalata la possibilità di un aggravamento paradosso delle crisi epilettiche: questo può essere secondario a un carico farmacologico eccessivo oppure alla scelta di un farmaco inappropriato per il tipo specifico di epilessia. Per esempio, l’uso di carbamazepina e oxcarbazepina in pazienti affetti da epilessia mioclonica giovanile induce spesso un aggravamento delle crisi e può addirittura precipitare uno stato di male.5
Effetti idiosincrasici
Gli antiepilettici, con particolare riferimento a lamotrigina, carbamazepina, oxcarbazepina, fenitoina, barbiturici e felbamato, sono tra i medicamenti più frequentemente associati a reazioni cutanee.6 Le manifestazioni possono variare da semplici esantemi morbilliformi a reazioni potenzialmente fatali quali la sindrome di Stevens-Johnson, l’epidermolisi tossica e la DRESS (drug rash with eosinophilia and systemic symptoms). In genere, queste reazioni compaiono entro pochi giorni o settimane dall’inizio della terapia e regrediscono con la sospensione del trattamento. La loro comparsa, soprattutto nel caso della lamotrigina, può essere minimizzata iniziando la terapia con basse dosi da incrementarsi con gradualità. A causa della significativa reattività crociata, in particolare tra gli antiepilettici a struttura aromatica, nei pazienti che abbiano presentato queste manifestazioni è preferibile utilizzare in alternativa farmaci a struttura chimica non correlata. La propensità a sviluppare reazioni cutanee è sotto controllo genetico: in particolare, il rischio di sindrome di Stevens-Johnson e di epidermolisi tossica indotte da carbamazepina, oxcarbazepina, fenitoina e, probabilmente, lamotrigina, è fortemente aumentato in soggetti di etnia cinese o del Sudest asiatico positivi per l’allele HLA-B*1502. In tali gruppi etnici è raccomandata la valutazione di questo genotipo prima di iniziare il trattamento con uno di questi farmaci.7 Effetti idiosincrasici potenzialmente fatali possono interessare altri organi e tessuti. Sono esempi l’anemia aplastica indotta da felbamato, l’epatossicità indotta da valproato o felbamato e la pancreatite da valproato. Per alcuni di questi effetti si conoscono importanti fattori di rischio: per esempio, l’epatotossicità da valproato è più frequente nei soggetti in età pediatrica (soprattutto sotto i due anni di età) e in presenza di alcuni difetti metabolici congeniti o di una terapia concomitante con antiepilettici ad azione inducente.6
Effetti cronici
Alcuni effetti avversi della terapia antiepilettica possono insorgere in modo insidioso e manifestarsi solo dopo mesi o anni di terapia.2 Esempi sono l’irsutismo e l’iperplasia gengivale da fenitoina, la sindrome spalla-mano e la malattia di Dupuytren da barbiturici, l’aumento ponderale indotto da valproato, gabapentin, pregabalin, perampanel e vigabatrin, il calo ponderale indotto da topiramato, zonisamide e felbamato, e le alterazioni metaboliche mediate da induzione enzimatica (ipovitaminosi D, alterazioni ormonali, modificazioni del quadro lipidico) in pazienti trattati cronicamente con carbamazepina, fenitoina e barbiturici.2,8 Alcuni effetti cronici gravi hanno condotto a una drastica riduzione della prescrizione di alcuni antiepilettici. E’ questo il caso dei difetti irreversibili del campo visivo indotti da vigabatrin2 e delle pigmentazioni abnormi di cute, labbra, unghie e retina indotte da retigabina.9
Effetti sul prodotto del concepimento
Il rischio di malformazioni congenite in nati da madri trattate con farmaci antiepilettici è di circa il 2-6%, rispetto all’12% nella popolazione generale. Il rischio varia in rapporto al tipo di farmaco, alla dose e al numero di farmaci assunti (rischio maggiore con la politerapia rispetto alla monoterapia).10 Il farmaco associato a maggior rischio è il valproato: in uno studio recente, la frequenza di malformazioni in nati esposti a valproato durante la gestazione è risultata pari a 5,6% per dosi materne 11 L’esposizione prenatale a dosi elevate di valproato comporta inoltre un aumento del rischio di deficit cognitivi postnatali.12
La strategia ottimale per ridurre al minimo questi effetti avversi consiste nel razionalizzare la terapia prima della gravidanza. Modificazioni drastiche del trattamento durante la gravidanza non sono indicate e possono comportare gravi rischi sia per la madre sia per il feto.10
In pratica
L’elenco degli effetti avversi discussi nelle sezioni precedenti non è esaustivo e informazioni più dettagliate sono disponibili consultando le revisioni della letteratura2,6,10 o la scheda tecnica dei singoli farmaci. L’obiettivo della terapia antiepilettica è di ottenere il controllo completo delle crisi in assenza di effetti avversi che influenzino negativamente la qualità della vita. Attualmente sono in commercio più di 25 farmaci per il trattamento delle epilessie, molti dei quali hanno efficacia simile, ma si differenziano per profilo di tollerabilità.13 La terapia ottimale consiste nell’adattare la scelta del farmaco e la relativa posologia alle caratteristiche del singolo paziente. La valutazione attenta della risposta clinica a intervalli regolari, il monitoraggio dei livelli plasmatici dei farmaci ove appropriato e l’impiego di strumenti standardizzati per l’identificazione di effetti avversi sono i presidi essenziali per riconoscere precocemente l’insorgenza di tossicità.
- Epilepsia 2008;49:s29-s34. CDI
- Lancet Neurol 2012;11:792-802. CDI
- Epilepsia 2010; 51:797-804. CDI
- CNS Drugs 2011;25:907-12. CDI NS
- Epilepsia 2004;45:1282-6. CDI NS
- Epilepsia 2007;48:1223-44. CDI NS
- Clin Pharmacol Ther 2012;92:757-65. CDI
- Epilepsia 2013;54:11-27. CDI
- http://www.medicines.org.uk/EMC/medicine/24527/SPC/Trobalt/
- Lancet Neurol 2012;11:803-13. CDI
- Lancet Neurol 2011;10:609-17. CDI
- JAMA 2013;309:1730-1. CDI
- Lancet Neurol 2011;10:446-56. CDI
Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica, Università di Pavia e Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino, Pavia