Farmaci antipertensivi in gravidanza: un aggiornamento
Circa l’1-5% delle donne sviluppa disturbi ipertensivi durante la gravidanza e un certa parte di esse viene trattata con farmaci antipertensivi.1 L’ipertensione gestazionale aumenta il rischio di preeclampsia1 ed è stata associata a esiti di gravidanza negativi, quali aborto spontaneo, riduzione della crescita intrauterina e parto prematuro.2
Effetti legati all’ipertensione o ai farmaci?
La possibilità che alcuni degli effetti sopra elencati possano essere associati all’ipertensione stessa, piuttosto che ai farmaci utilizzati per il suo trattamento o a entrambi, è attualmente dibattuta.3 Uno studio retrospettivo di coorte pubblicato nel 2013 ha valutato un campione di donne ipertese in gravidanza esposte o non esposte a farmaci antipertensivi.3 Nel corso dello studio, su 100.029 gravidanze registrate 1.964 donne hanno sviluppato un’ipertensione cronica e circa 620 neonati sono stati esposti ad almeno un farmaco antipertensivo (atenololo o metildopa).
Rispetto a gestanti non ipertese non trattate con farmaci antipertensivi, le donne ipertese esposte ad antipertensivi avevano un rischio superiore di riduzione della crescita intrauterina (7,2% rispetto a 2,1%, odds ratio aggiustato 4,27, p<0,001), dimensioni del feto ridotte per età gestazionale (3% rispetto a 1,7%, odds ratio aggiustato 2,23, p<0,005) e parto pretermine (prima delle 37 settimane 22,9% rispetto a 8,0%, odds ratio aggiustato 3,69, p<0,001). Un rischio simile è stato individuato anche quando sono state confrontate donne ipertese non trattate rispetto a donne non ipertese non trattate. Gli autori concludono che l’ipertensione cronica è un fattore di rischio indipendente e significativo di eventi avversi perinatali.
ACE inibitori, sartani, betabloccanti e calcioantagonisti
L’esposizione ad ACE inibitori (e forse ai sartani)4 in gravidanza, soprattutto nel terzo trimestre, è stata associata a una fetopatia caratterizzata da ipotensione fetale, anuria-oligohydramnios, riduzione della crescita, displasia tubulare renale e ipoplasia delle ossa craniche.5 Sebbene inizialmente si ritenesse che l’uso di ACE inibitori nelle fasi iniziali della gestazione non si associasse ad anomalie congenite, uno studio pubblicato nel 2006 osservava che l’esposizione agli ACE inibitori nel primo trimestre si associava in realtà a un aumento del rischio di malformazioni maggiori di 2,7 volte rispetto ai controlli non esposti (vedi Focus n. 46, agosto 2006).6
Un altro studio7 di confronto tra l’uso di enalapril, limitatamente al primo trimestre di gravidanza, e un controllo che assumeva enalapril anche nelle fasi tardive di gestazione, ha individuato un rischio tre volte maggiore di anomalie congenite nelle pazienti che continuavano a usare il farmaco oltre il primo trimestre. Una ricerca più recente non ha rilevato particolari rischi per il feto legati all’uso di ACE inibitori o sartani nelle fasi precoci della gravidanza.8 Pertanto la possibilità di trarre conclusioni sulla sicurezza d’uso degli ACE inibitori durante periodi gestazionali specifici è attualmente limitata da dati insufficienti o contrastanti.
Uno studio britannico di coorte del 20139 ha valutato la prevalenza di anomalie congenite nella prole di donne esposte a farmaci antipertensivi (n=341) nelle fasi precoci della gravidanza, confrontando il rischio di anomalie congenite tra utilizzatrici di vari farmaci e donne non esposte ad antipertensivi nei primi mesi di gestazione (n=682). La prevalenza di anomalie congenite nelle donne esposte era 23,5 per mille gravidanze rispetto a 20,9 nelle donne non esposte (rischio relativo 0,9, limiti di confidenza al 95% da 0,4 a 2,2). L’esposizione ad ACE inibitori (rischio relativo 3,8, limiti di confidenza al 95% da 0,9 a 16,0), betabloccanti (rischio relativo 2,8, limiti di confidenza al 95% da 0,7 a 11,9) e calcioantagonisti (rischio relativo 1,3, limiti di confidenza al 95% da 0,1 a 12,4) aumenta in maniera non statisticamente significativa il rischio di anomalie genitali. Sulla base dei risultati ottenuti e in considerazione delle limitazioni dello studio, gli autori sconsigliano l’uso di ACE inibitori nel primo trimestre di gravidanza. L’uso dei calcioantagonisti è stato correlato a difetti negli arti in studi su modelli animali,10 mentre uno studio condotto su un campione molto limitato di gestanti esposte a calcioantagonisti non ha individuato rischi particolari.11
Alcuni autori12 hanno identificato un rischio potenziale di ridotta estrazione di ossigeno a livello cerebrale neonatale in un campione molto limitato di bambini pre termine (n=49) nati da donne esposte a labetalolo e/o solfato di magnesio durante la gravidanza. Lo stesso effetto non è stato osservato per la nifedipina. Non è noto se questo danno possa avere delle sequele specifiche.
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Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Centro Regionale Toscano di Farmacovigilanza