FANS e alterazioni dello sviluppo neuronale?
I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono tra le classi di farmaci più usate in gravidanza,1 e sono disponibili in commercio anche come farmaci da banco, questo ne facilita l’accesso alle future madri e limita il controllo da parte del medico curante e del ginecologo.
L’azione antinfiammatoria, analgesica e antipiretica dei FANS deriva come noto dall’inibizione della sintesi di prostaglandine proinfiammatorie, tramite il blocco dell’enzima ciclossigenasi (COX). Le isoforme COX, in particolare la COX-2, sembrano tuttavia giocare, in modelli animali, un ruolo importante nello sviluppo cerebrale del feto.2,3 Per questo motivo, l’inibizione delle COX da parte dei FANS in gravidanza potrebbe, in linea teorica, comportare alterazioni dello sviluppo neuronale nel bambino.
Le prove dalla letteratura
A oggi gli studi sviluppati per cercare di comprendere la possibile associazione tra l’uso di FANS in gravidanza e lo sviluppo neuronale hanno portato a risultati contrastanti con conclusioni che a volte identificano un possibile rischio,4,5 mentre altre volte non evidenziano alcun tipo di associazione.6,7
Recentemente un gruppo di lavoro olandese ha svolto uno studio8 allo scopo di analizzare il rischio associato all’utilizzo di FANS in gravidanza, ponendosi come obiettivo anche quello di identificare i potenziali problemi metodologici che potrebbero manifestarsi in sede di analisi dei dati. Questo studio epidemiologico ha coinvolto 6.876 madri (e relativi figli). Lo studio è stato condotto distribuendo questionari volti a verificare l’esposizione materna ai FANS in gravidanza, e nel trimestre precedente, e altri questionari volti a verificare il livello di sviluppo neuronale dei bambini a un anno e mezzo, a tre e a cinque anni d’età. Questo primo set di cinque questionari è stato consegnato alle madri, mentre un sesto questionario è stato compilato dagli insegnanti di scuola elementare allo scopo di valutare lo sviluppo neurocomportamentale dei bambini all’età di 6 anni.
L’utilizzo di FANS in gravidanza (n=473), basandosi sui risultati grezzi estrapolati dai questionari consegnati alle madri, è associato a un incremento significativo del rischio di insorgenza di problemi di attenzione in tutte le tre fasce di età prese in considerazione. Tale rischio è attenuato nell’analisi che tiene conto delle covariate, ma resta comunque significativo a un anno e mezzo (differenza media di rischio sul punteggio: 0,27, limiti di confidenza al 95% da 0,07 a 0,46) e a tre anni di età (differenza media di rischio sul punteggio: 0,3, limiti di confidenza al 95% da 0,12 a 0,48). L’esposizione a FANS nel trimestre precedente il concepimento (n=1.286) non è invece associata a un incremento del rischio.
Nella valutazione dei questionari posti agli insegnanti non emerge invece alcun problema di attenzione all’età di 6 anni nei bambini esposti ai FANS (differenza media di rischio sul punteggio: -0,24, limiti di confidenza al 95% da -1,23 a -0,76).
I limiti dello studio
Gli autori svolgono quindi un importante analisi metodologica volta a cercare di identificare i possibili bias che comportano i risultati controversi degli studi e individuano due importanti problemi metodologici che possono concorrere all’alterazione dei risultati dello studio:
- il primo problema identificato è un indication bias: i FANS vengono utilizzati per trattare condizioni come la febbre, il dolore o gli stati infiammatori. Queste stesse condizioni potrebbero rappresentare un fattore di rischio differenziale per lo sviluppo neuronale. Sfortunatamente anche in questo studio non è possibile stratificare la popolazione in base all’indicazione per la quale il FANS è stato utilizzato;
- il secondo problema viene descritto come information bias e si riferisce agli studi che come fonte di informazioni si basano sui questionari forniti alle madri. Le madri tendono a sovrastimare eventuali problemi dei figli, dunque per una più corretta analisi dei risultati sarebbe importante avere a disposizione più fonti da cui attingere. In questo studio8 gli esiti risultano essere notevolmente diversi nel momento in cui il questionario è stato posto agli insegnanti invece che alle madri. Gli insegnanti vengono considerati una fonte più affidabile e oggettiva, per via della loro professione che porta a osservare quotidianamente più bambini impegnati a svolgere attività in cui è necessaria la concentrazione.
I risultati contrastanti
I principali studi osservazionali in letteratura riportano a loro volta dei risultati non conclusivi, nel dettaglio:
- uno studio analizza l’esposizione ad acido acetilsalicilico nel corso delle prime 20 settimane di gravidanza e il quoziente intellettivo (QI) dei bambini all’età di 4 anni. I bambini esposti avevano un QI significativamente superiore;6
- uno studio valuta l’esposizione ad acido acetilsalicilico e a paracetamolo nella prima metà della gravidanza. La popolazione esposta ai farmaci era associata in maniera statisticamente significativa a un decremento del QI all’età di 4 anni;4
- uno studio analizza l’esposizione ad acido acetilsalicilico a bassa dose in gravidanza con vari esiti, tra cui alcuni riguardanti lo sviluppo neurocomportamentale a 5 anni. La popolazione esposta non aveva esiti comportamentali significativamente differenti rispetto ai non esposti.7
Questi risultati contrastanti possono in parte essere spiegati dai numerosi fattori confondenti in sede di analisi e dalla difficoltà intrinseca di analizzare in maniera formalmente corretta dal punto di vista epidemiologico un’associazione valutabile esclusivamente sul lungo termine, come quella presa in esame.
E il paracetamolo?
Tra i farmaci utilizzabili in gravidanza come analgesici e antipiretici non FANS, un ruolo di primo piano è ricoperto dal paracetamolo.9 Gli studi che valutano la sicurezza, anche a livello di neurosviluppo, dell’esposizione pre e perinatale al paracetamolo sono numericamente superiori e, nonostante venga considerato come uno dei farmaci più sicuri in gravidanza,10 una recente revisione11 e un importante studio osservazionale10 non escludono dei possibili rischi a livello dello sviluppo neuronale e comportamentale.
In conclusione, allo stato attuale, le prove sul possibile effetto neurotossico dell’esposizione pre-natale a FANS restano molto deboli. Considerate le discrepanze tra i risultati disponibili, resta comunque valido il monito di limitare l’utilizzo dei FANS in gravidanza e di farlo solo nelle condizioni in cui c’è un’effettiva necessità e sotto stretto controllo medico, senza mai ricorrere all’autoprescrizione.
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Luca Leonardi e Marco Tuccori
Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Centro Regionale Toscano di Farmacovigilanza