Con le trasfusioni aumenta il rischio trombotico

Uno studio prospettico coordinato dalla Johns Hopkins University di Baltimora suggerisce che la trasfusione di emazie predisponga a fenomeni trombotici.

Sono stati utilizzati i dati dell’archivio elettronico ACS-NSQIP (American College of Surgery National Surgical Quality Improvement Program) relativi a 750.937 pazienti chirurgici operati in 525 ospedali nordamericani. Il 6,3% aveva ricevuto nel periodo perioperatorio (da 72 ore prima a 72 ore dopo l’intervento) almeno una trasfusione di emazie.

L’esito primario, l’insorgenza di fenomeni tromboembolici nei 30 giorni successivi all’intervento, si è verificato nello 0,8% dei pazienti, con frequenza significativamente maggiore in quelli trasfusi rispetto ai controlli (3,4% rispetto a 0,7%, odds ratio 2,1, limiti di confidenza al 95% da 2,0 a 2,3). In particolare, era maggiore la frequenza sia di trombosi venosa profonda (2,5% rispetto a 0,5%, odds ratio 2,2 limiti di confidenza al 95% da 2,1 a 2,4), sia di embolia polmonare (1,1% rispetto a 0,3%, odds ratio 1,9, limiti di confidenza al 95% da 1,7 a 2,1).

A rafforzare l’associazione si è osservata anche una relazione dose-dipendente tra numero di sacche trasfuse e rischio tromboembolico (una sacca, odds ratio 2,1, limiti di confidenza al 95% da 2 a 2,3; 2 sacche, odds ratio 3,1, limiti di confidenza al 95% da 1,7 a 5,7; 3 o più sacche odds ratio 4,5, limiti di confidenza al 95% da 1 a 19,4, p<0,001). I risultati sono stati confermati nelle analisi per sottogruppi in base alle specialità chirurgiche e in un confronto per dati appaiati in cui ciascun paziente trasfuso è stato appaiato con pazienti con caratteristiche anagrafiche e cliniche simili.

L’ipotesi di un rischio trombotico associato alle trasfusioni perioperatorie, già avanzata sulla base di studi precedenti, trova conferma in questa ampia indagine prospettica e richiama la necessità di gestire l’intervento secondo rigorosi criteri di appropriatezza.