Cardiotossicità da inibitori del checkpoint immunitario: un’evenienza rara, ma potenzialmente pericolosa per la vita

Gli eventi avversi cardiovascolari indotti da inibitori del checkpoint immunitario, farmaci ampiamente utilizzati nel trattamento dei tumori, rappresentano un’evenienza rara, ma potenzialmente letale per i pazienti che si sottopongono a queste terapie.

Lo evidenzia una revisione sistematica con metanalisi condotta su 83.315 pazienti in terapia con inibitori del checkpoint immunitario arruolati in 589 studi clinici, che ha indagato l’incidenza degli eventi avversi cardiovascolari nei pazienti sottoposti a monoterapia con questi farmaci o a regimi farmacologici combinati.

Lo studio ha riscontrato che circa l’1% (1,07%, limiti di confidenza al 95% da 0,62% a 1,51%) dei pazienti ha sviluppato eventi cardiovascolari di qualsiasi gravità in seguito al trattamento, tra cui la miocardite che si associava a una mortalità del 37,7%.

Il rischio di eventi cardiovascolari non differiva tra i principi attivi della classe, a eccezione del cemiplimab che si associava a un’incidenza elevata di eventi gravi (2,91%, limiti di confidenza al 95% da 1,47% a 4,36%).

E’ inoltre emerso che la combinazione di inibitori del checkpoint immunitario con altri trattamenti oncologici, come la chemioterapia o la terapia con inibitori della tirosina chinasi, non aumentava il rischio complessivo di eventi avversi cardiovascolari.

Uno degli aspetti cruciali evidenziati da questo studio è l’importanza del riconoscimento precoce della miocardite e degli altri eventi cardiovascolari che, seppur rari, possono avere un impatto clinico significativo.

Nella pratica clinica è essenziale un monitoraggio attento dei pazienti trattati con inibitori del checkpoint immunitario in quanto il riconoscimento precoce di questi eventi, la cessazione tempestiva della terapia e la somministrazione di corticosteroidi possono migliorare significativamente la prognosi.